Il Quirinale «privato»

Il Quirinale «privato» Il Quirinale «privato» Filippo Ceccarelli Indirizzo «privato», per così dire: Palazzo Quirinale, 00187 Roma. In realtà, Carlo e Franca Ciampi dovrebbero andare ad abitare al terzo piano della Palazzina del Fuga alla Manica Lunga. Qui vennero a stare gli Einaudi, d'altronde, e i Segni, poi Saragat con la figlia, il genero e i nipotini Santacatterina e infine la famiglia Leone. Gli altri cinque presidenti della Repubblica non si trasferirono. De Nicola restò a Palazzo Giustiniani, che pure chiamava «la tomba», perché terrorizzato dalla jella (doppia: dinastia decaduta e maledizione papale); Gronchi per non far montare la testa ai figli (ma a Palazzo riceveva così tanto e così piacevolmente da far costruire una speciale porta sul re- tro); Pettini restò a Fontana di Trevi per via della moglie, che non ne voleva sapere, e poi per marcare la differenza con i Leone; Cossiga anche lui per la signora; Scalfaro e Marianna per modestia e comodità. «■»•- Detto questo, di solito chi viene lo fa con rassegnata malinconia e legittima trepidazione. Il Quirinale, infatti, non sempre è ospitale. Come dimostrano questi ricordi domestici e para-istituzionali. Donna Ida Einaudi, ad esempio, aveva il terrore che il marito scivolasse sul pavimento di marmo e perciò fece rivestire quasi interamente di tappeti l'appartamento presidenziale. Si appassionò quindi alle bellezze del luogo, riuscì ad accordare tutti gli orologi del palazzo, ma si accorse che mancava una biblioteca e ne fece costruire una. «Salvò» anche il servizio di cucina, guadagnandosi l'eterna riconoscenza del cuoco che si sentiva ormai condannato alla disoccupazione. Il Presidente rimpinguò le cantine con il suo barolo ma gliene vennero dei guai dalla satira, specie da Guareschi che in una vignetta lo fece rappresentare mentre passava in rassegna delle bottiglie. Anche Mario e Laura Segni si trasferirono di malavoglia, con la fedele cameriera sarda, Maria Mameli. Il maggiordomo, cavalier Resino, con la sua magica valigetta tipo Età Beta (dagli elastici, ai bottoni, fino ai medicinali) aveva già lavorato con gli altri Presidenti. Alle spalle della scrivania, Segni fece piazzare tra la riprova-' zione generale una natura morta dipinta e regalatagli da un usciere del ministero dell'Agricoltura. La famiglia Saragat occupò rittro camere da letto, una sala pranzo, un salotto-studio, una sala da gioco più i servizi. Ma solo per un anno. Casa troppo fastosa e poi, a differenza del fratello, la nino tùia del Presidente aveva paura dei corazzieri. Così si trasferirono tutti nella «Villa delle Ginestre» nella tenuta di Castelporziano, a 18 km dalla città. Qui c'era il problema delle vipere: fu chiamato a intervenire un «serpaio» abruzze- se di Cocullo, il paese di Teodoro Buontempo. Dopo il terremoto del Belice, 1968, Saragat aprì il portone del Palazzo a 16 famiglie siciliane, alloggiate nelle ex scuderie di Umberto I. TI primo neonato fu tenuto a battesimo dal Presidente e chiamato Giuseppe. Dei Leone al Quirinale, giunti con la governante «Nanniniella», si sa e ffi ricorda forse più del vero grazie alla tenibile campagna di stampa c^i Mino Pecorelli. O almeno, soprattutto per quel che riguarda Mauro, pare accudito in tre stanze da due segretarie, due commessi e un viceprefetto, la realtà si confonde con la leggenda. E dire che gli esordi erano stati benevoli: «Un padre di famiglia al Quirinale - disse Cesare Merzagora, che pure era piuttosto severo il Paese lo accolse con sollievo». Poi non più tanto.

Luoghi citati: Cocullo, Roma, Trevi