«Il riscatto del giornalismo di guerra» di Enrico Benedetto

«Il riscatto del giornalismo di guerra» JEAN-MARIE COtOMBÀNi: E' NATA -UN'INFORMAZIONE EUROPEA «Il riscatto del giornalismo di guerra» // direttore di Le Monde: molto meglio che all'epoca del Golfo intervista Enrico Benedetto corrispondente da PARIGI JEAN-Marie Colombani, il giornalismo di guerra ha invaso giornali, radio, tv... e si direbbe che non voglia smobilitare. Come lo trova? E' all'altezza del suo glorioso passato o annaspa malgrado l'hi-tech? Guardandosi attorno in Europa e oltreoceano, lei che dirige «Le Monde» vorrebbe dargli una lezione? «No. Seguo abbastanza spesso la "Cnn". Ci sono reportage ma pure numerose tavole rotonde sui Balcani. Mi pare significativo che l'informazione televisiva non ricerchi l'effettaccio ma scopra con lodevole prudenza un mondo complesso, e i problemi dietro le immagini. Bisognava riscattarsi, dopo la Guerra del Golfo. E a occhio i giornalisti non solo tv - lo stanno facendo. La modestia è amica della competenza. Annunciare senza veli, per esempio, che un filmato da Belgrado ha da vedersela con la censura serba, rende un grande servizio ai telespettatori. Sì, definirei positivo il bilancio. Ma non dimentichiamo che in Iraq quasi non esisteva la dimensione "profughi". Se nel maggio '99 il giornalismo esce meglio dalla crisi bellica, lo si deve in buona misura proprio alla presenza responsabilizzante di rivili kosovari». «Le Monde» non pubblicava fotografie di cronaca. Ora sì. I profughi hanno spezzato il tabù? «In circostanze eccezionali, bisogna sapersi rinnovare. Lo facemmo per i Mondiali '98, mettendo in pagina delle istantanee che illustravano gli incontri. Quando la situazione lo richiede, si apre un dibattito nel giornale. Ne abbiamo discusso, et voilà... "Le Monde" non scrive solo: fotografa. Ma vigiliamo su possibili manipolazioni. Solo foto di grandi agenzie, e una firma sul cliché». Facendo lo zapping tra stampa francese, britannica, Usa, italiana e nord-europea, riscontra «vie nazionalb) diverse? «Tutt'altro. Intravedo una sorta di reazione unitaria malgrado le nuance cambino. Forse iniziamo a comportarci da europei. Sbaglia, peraltro, chi parla di "guerra Usa". E' un conflitto in cui 1 Europa non va più al traino. Rambouillet nacque dalla pedagogia europea, non americana. E le bombe, conseguenza del suo fallimento, ne rappresentano lo sbocco logico». E inevitabile? Qualcuno accusa di bellicismo la sua linea... «Per evitarlo, era necessario am- massaro truppe ai confini durante la Conferenza. Mancava, tuttavia, la volontà politica». E il «Le Monde» guerre!ondaio filo-Usa? «Chi finge di stupirsi non ci legge da 10 anni. Milosevic ò il maggior criminale dopo il crollo del fascismo in Europa. Un sinistro personaggio, rosso-bruno come le minacce che mettono in forse un avvenire pacifico per l'Europa. Al ritorno dalla Bosnia, gli inviati mi preannunciarono: "La prossima vittima sarà il Kosovo". Non abbiamo atteso i bombardamenti dell'Alleanza atlantica per scriverlo. Morale, è dall'autunno scorso che "Le Monde" non può mettere piede a Belgrado. Le violenze attuali sulla popolazione kosovara confermano la diagnosi. Cambieremmo idea in nome di un pacifismo ambiguo?». Ma sposare in pieno la linea Blair-Schxoeder-Jospin- D'Alema, e in definitiva Nato, vi appiattisce. 0 no? «Per una volta che appoggiamo - ea ragione - il governo, lasciatecelo fare in pace. Le assicuro, non è neo- ai riformismo. Chi attacca "Le Monde" denunciandone la voglia di "uniformità" si esprime in totale malafede. Il dissenso, nella fattispecie, non è una virtù. Significherebbe presentare i boia come vittime e viceversa. Sono affermazioni pericolose, nichiliste, da cui non lasciarsi fuorviare. Certo, la tragedia è anche serba. E noi la descriviamo utilizzando l'insieme delle testimonianze. I lettori conoscono la guerra vista dai serbi. E "Le Monde pubblica prese di posizione favorevoli a Belgrado. Ma qui non è in gioco il pluralismo, bensì un popolo che si vorrebbe liquidare. Riconoscendo come legittimo l'intervento euroamericano, la gauche e la sinistra europea in generale stanno lasciando si alfine dietro le spalle una lunga ipocrisia. Parigi deve inoltre farsi perdonare l'inescusabile partigianeria filoserba mitterrandiana Malgrado le apparenze, Mitterrand aveva il cuore a destra: ecco l'ennesima conferma». Dramma kosovaro e usura giornalistica. I due mesi di prime pagine balcaniche non stremano il pubblico? «Forse. Dopo tre settimane abbiamo registrato i primi segnali di stanchezza. Ma che vuol dire? Noi tiriamo diritto, con 15 reporter in locò e un terzo del quotidiano sui Balcani. Informare è là nostra vocazione. Non di sottrarremo a un dovere che la guerra rende solo più imperioso». «In questa crescita è stata fondamentale la presenza responsabilizzante dei profughi» l direttore del quotidiano rancese «Le Monde» ean-Marie Colombani

Persone citate: Colombani, D'alema, Jean-marie Cotombàni, Jospin, Marie Colombani, Milosevic, Mitterrand, Morale