IL CALENDARIO SBAGLIATO DEI PACIFISTI ITALIANI di Enzo Bettiza

IL CALENDARIO SBAGLIATO DEI PACIFISTI ITALIANI IL CALENDARIO SBAGLIATO DEI PACIFISTI ITALIANI Enzo Bettiza IL polverone pacifistico che sta avvolgendo l'Italia, e che nel Parlamento ha messo in grave difficoltà lo stesso presidente D'Alema, contribuisce soltanto a emarginare la posizione del governo italiano nel contesto atlantico e a seminare valutazioni errate sulla realtà della situazione militare e politica dopo 57 giorni di conflitto con la Jugoslavia di Milosevic. La realtà è quella che avevamo già anticipato su queste colonne. L'azione di polizia internazionale, per usare l'esatta definizione di Norberto Bobbio, contro il regime razzista di Belgrado, è tecnicamente prossima alla fine e alla capitolazione del governo serbo, dato che quello montenegrino si è ormai chiaramente defilato dal conflitto. L'azione, invece, non è finita politicamente. Ora, il vero rischio per gli occidentali è di perdere sul tavolo del negoziato quello che hanno conquistato sul terreno dello scontro. In questo momento risolutivo, in cui Milosevic sembra non solo disposto ad accettare gran parte delle condizioni formulate dal G8, ma addirittura propenso a trattare direttamente con gli americani piuttosto che con i russi dei quali non si fida più, l'asse portante della trattativa passa per il dilemma essenziale: cessare i bombardamenti prima o dopo l'accettazione del negoziato da parte di Belgrado? Ecco il punto dove sbagliano l'opinione pacifista e i partiti che la sostengono in Italia, con pellegrinaggi inutili nella capitale serba e, da ultimo, con mozioni parlamentari che tendono a deligittimare la buona tenuta del governo italiano a fianco degli alleati. Sbagliano i tempi nel premettere l'idea ossessiva del¬ la tregua al decollo del negoziato, alla convocazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che nella sua eventuale risoluzione dovrebbe assorbire e metabolizzare, rendendoli meno ostici al palato serbo, i cinque punti della Nato e le precondizioni più sfumate del G8. Non è l'Occidente che, messo alle corde Milosevic, dovrebbe chissà perché gratificarlo con la concessione di un cessate il fuoco preventivo; è Milosevic, che non ha più molte vie di scampo, il quale deve cessare il fuoco nel Kosovo e fermare i massacri. Inutile cadere nei trabocchetti di un armistizio precipitoso, posticcio, proprio negli istanti in cui Milosevic si vede costretto a offrire per primo, magari a Clinton, i termini di una resa condizionata. La fretta, meno che mai adesso, può giovare all'Italia e all'alleanza di cui l'Italia fa parte. Il calendario andrebbe rispettato nell'ordine seguente: prima il ritiro delle forze serbe, poi il ritorno dei deportati, quindi l'ingresso delle forze di sicurezza nel Kosovo. Infine, la cessazione dei bombardamenti. La risoluzione operativa dell'Onu dovrebbe procedere, e forse procederà, lungo questa scaletta. Ogni tappa del percorso pacificatore, se invertita, sarebbe un regalo gratuito ad un Milosevic ormai pronto alla resa «onorevole». La Nato, in particolare gli americani, hanno già compiuto diversi errori umani e politici. L'ostilità suscitata nei cinesi è stato il più grave, in quanto Pechino può bloccare col veto ogni decisione nel Con siglio di sicurezza. Ma l'errore più imperdonabile sarebbe di lasciare nelle mani di Milosevic il bandolo della pace dopo che ha perduto il gomitolo della guerra.

Persone citate: Clinton, D'alema, Milosevic, Norberto Bobbio

Luoghi citati: Belgrado, Italia, Jugoslavia Di Milosevic, Kosovo, Pechino