«Adesso la pace è più vicina»

«Adesso la pace è più vicina» IL LEADER STORICO DELLA LOTTA ARABA PER GERUSALEMME «Adesso la pace è più vicina» Husseini: con Netanyahu non c'era speranza intervista Fiamma Nirensteln GERUSALEMME Ipalestinesi, dopo la straordinaria vittoria di Ehud Barak, cominciano a prepararsi per il nuovo match. La soddisfazione che circola u casa loro e in goneralo nella famiglia arabu intemazionale è evidente; ma lo è anche un cèrto stupore, un qualche imbarazzo di fronte all'inaspettato plebiscito a favore della pace concluso dagli israeliani, c al carattere del leader, un vero militare, ma anche un vero figlioccio di Rabin. Che fare? Cosa diro? La televisione egiziana si è dilungata coraggiosamente sulle immagini dello piazza di Tel Aviv che osannava Barak, e ha mostrato a lungo il volto sorridente e fiero del nuovo primo ministro israeliano. Il ministro degli Esteri siriano, Amru Moussn ha detto delle parole soddisfatte soprattutto per la scomparsa di Bihi dalla scena. Più che sulle eventuali caratteristiche positivo di Barak, si è soffermato sui difetti dell'impossibile vecchio interlocutore. Gli auguri di Arafat sono stati piuttosto tiepidi e cauti, Un npprezzamonto per «i risultati delle elezioni democratiche», hi speranza della ripresa del cammino di pace, e poco di più. Saeh Erakhat, il braccio destro del rais, ha lanciato un attacco preventivo dicendo che le posizioni di Barak su Gerusalemmi:, per lui capitale indivisibile dello Slato di Israele, sono del tutto inaccettabili. Invece il leader storico della lotta per Al Quds, Feisal Husseini, die incontriamo mentre si prepara al grande summit dello stato maggiore palestinese di ieri notte, è decisamente soddisfatto. Come si sente all'indomani di questa rivoluzione politica? Stupito, soddisfatto, perplesso? «L'aggettivo giusto è "sollevato". Netanyahu non era un interlocutore possibile per nessuna trattativa. Il suo carattere estremista impodi- va il dialogo. Per dirla con una metafora, con lui non si potevano fare affari...». Invece con Barak si può? «Allo stato attuale delle cose, mi sembra di poter dire che con lui gli affari sono più possibili. Lo suggerisce a chiare lettere il suo programma elettorale, che promette agli elettori di riprendere immediatamente la strada degli accordi di Oslo al tavolo delle trattative e di avviarsi lilialmente anche alla discussione sullo Stato definitivo. E del resto, il voto israeliano è un evidente invito a mettere fine alla politica di Netanyahu». Lei però non dimentica che Barak na più volte dichiarato che Gerusalemme non si tocca, che apparterrà per sempre soltanto ad Israele... «Io penso che quando un primo ministro eletto si impegna a discutere lo Stato definitivo secondo l'indirizzo di Oslo e ad affrontare dei negoziati, sa benissimo che di Gerusalemme non potrà fare a meno di discutere. E conosce anche bene la nostra indefettibile esigenza ad avere due capitali in una città aperta...». Parliamo di cose più a portata di mano, lei è stato appena investito in pieno dal problema dell'Orient House, dalla minaccia del governo israeliano di chiuderla con l'accusa di illegittimità per le sue attività internazionali. Che cosa si aspetta da Barak? «Mi sembra comunque più propenso di Netanyahu a capre l'importanza politica e affettiva di questo luogo per i palestinesi, e quindi mi aspetto che sarà meno estremo nelle sue conclusioni». Il suo collega Saeb Erakhat ha già stigmatizzato la visione che Barak ha del futuro di Gerusalemme con parole molto dure... «Ancora una posizione comune deve essere presa: la discussione avverrà stasera (ieri sera, ndr). Comunque in generale i palestinesi si aspettano che vengano fermati gli insediamenti, che venga realizzato l'accordo di Wye Piantatimi, che cessine le confische di edifici a Gerusalemme Est ai palestinesi... solo in questo caso saremo in grado di dare un giudizio completamente positivo». S'è molto parlato oltre che delle sue caratteristiche politiche anche delle caratteristiche militari del nuovo primo ministro: Barak infatti non è solo un uomo di sinistra, ma anche un soldato abituato a comandare, un ex capo di stato maggiore che conosce bene la guerra contro i palestinesi. Molti fra i suoi sono sospettosi di Barak per questo. Lei cosa ne pensa? «Le caratteristiche militari di Barak, paradossalmente mi tranquillizzano: gli uomini che hanno conosciuto la guerra, sanno desiderare ardentemente la pace, e sanno lottare per ottenerla». Pensa che adesso che è passata tuia linea di pace, il terrorismo islamico pòssa mettere di nuovo fuori la testa? Nessuno dimentica che Peres fu fermato dagli attentati suicidi. «In generale penso che i tempi sia¬ no maturi perché l'atmosfera si rassereni e si allontana l'ombra di Netanyahu dalla scena politica, se c'è un clima più pacifico. Questo Sotrà portare a gestire meglio la potica della trattativa, e quindi a lottare contro il terrorismo». Si può oggi dire una parola buona sul popolo di Israele che ha saputo voltare pagina? «Sì, gli israeliani con queste elezioni hanno deciso di farla finita conia politica di Netanyahu e quindi hanno rifiutato il suo atteggiamento estremista. Dunque, direi che ri sono nuove speranze». «Certo, le dichiarazioni del premier sulla capitale non sono incoraggianti ma chi accetta il trattato di Oslo sa che l'argomento andrà prima o poi affrontato»