«Il Cavaliere spenga gli spot»

«Il Cavaliere spenga gli spot» E' polemica dopo l'intervista di Veltroni; il Pri: «Menò male». Baget Bozzo: «Esercizio semantico» «Il Cavaliere spenga gli spot» Conflitto d'interesse, allarme a sinistra ROMA Il conflitto d'interesse? E chi se la ricorda più quella figura diventata, solo un lustro fa, retorica della politica. Anno Domini 1994, Berlusconi era a Palazzo Chigi e l'opposizione s'infuriava: come può un signore che dispone di una simile concentrazione nei mezzi di comunicazione di massa, tre reti televisive e un impero di rotocalchi e settimanali d'informazione, scendere in campo e, soprattutto, restarci? Allora fu battaglia. Oggi, a ruoli invertiti, non se ne ricorda più nessuno. «E meno male che c'è Veltroni» dice Giorgio La Malfa, un liberal in politica, ma anche e soprattutto in economia. Perché il segretario di Botteghe Oscuro, proprio ieri in un'intervista alla Stampa, l'ha buttata lì: oltre alle riforme, in cima alle cose da fare c'è anche la risoluzione del conflitto d'interessi. Berlusconi? Mai nominato. Ma la sarabanda per cui, a furia di campagne stampa, confronti con i tycoon internazionali, pubblici consulti, al dunque lo stesso Cavaliere fu costretto a cercare di risolvere il problema, beh, quella se la ricordano tutti, ma proprio tutti. «Un problema reale, rimasto sul tappeto, del quale non si è più parlato per troppo tempo, che Veltroni fa benissimo a rimettere in cima all'agonda politica» plaude Gloria Buffo, leader della sinistra diessina che, ai tempi della Bicamerale, si adoperò per la tentata costituzionalizzazione del principio. Ma il punto è proprio questo: di conflitto d'interessi non si parlava più, da moltissimo tempo. Certo, a tutti gli uomini del Palazzo fa una certa impressione accendere a sera la tv, e vedere tra pasta Balilla e merendine Ferrerò a ridosso del telegiornale, il volto del Silvio, in una bella foto in cui appare ringiovanito, mentre lo speaker scandisce «Chi voterai alle europee, uno qualsiasi o uno come lui?», e giù il catalogo dei trade mark del Cavaliere, da Canale 5 a quelli venduti come Lo Cinq e La Stan- da. Una cosa che fa sospirare a Giorgio La • Malfa: «Fosse solo quello, è che poi le liste di Forza Italia per le europee sono infarcite di Zanicchi, cantanti, ballerine, operatori aziendali...». No, la sortita di Veltroni è qualcosa in più, decisamente. Un buon indicatore è don Gianni Baget Bozzo, più volte segnalato (e smentito) nel ruolo di consigliere berlusconiano: «I veltronologi capiscono che la sortita del segretario di Botteghe Oscure è solo gioco di squadra: D'Alema e Veltroni giocano separati, sempre, per colpire uniti». Qui lo scenario s'allarga. Baget Bozzo consiglia vivamente a Berlusconi di non raccogliere, di prendere quello di Veltroni come «puro esercizio semantico». Sennò, potrebbe accadere quel che l'ex forzista, e cossighiano convinto, Giorgio Rebuffa teme: «Che ancora una volta, ricattando Berlusconi, ci si costruisca un'opposizione di comodo». Il Cavaliere come il «Benito Cerano» di Melville? «Se con Berlusconi la maggioranza ha eletto il capo dello Stato, un capo dello Stato di pacificazione, si lascino perdere le sciocchezze, e si vada alle riforme. Oppure lo si combatta, e io sarò in prima fila, ma apertamente». E' proprio il capo dello Stato, l'appena eletto Ciampi, che nei suo discorso proprio di pacificazione ha parlato, il nodo della questione. Cinque anni fa, la soluzione al problema del conflitto d'interesse fu il blind trust, ovvero conferire a un fondo fiduciario le proprietà, astenendosi da ogni decisione. Per l'Ethics Act statunitense (del 1978), la fiducia è davvero cieca: il politico-imprenditore ha diritto solo a generiche informazioni sulla gestione del proprio patrimonio. Berlusconi chiese a Scalfaro di nominare i «saggi» che dovevano preparare queldisegno di legge, e Scalfaro com'è noto rifiutò. E se oggi,.tornato d'attualità, il problema finisse sul tavolo di Ciampi? All'epoca, il Cavaliere «commissionò» la legge, che non fece però in tempo ad arrivare alle Camere: la Lega uscì dalla coalizione, e Berlusconi da Palazzo Chigi. Mario Segni di quel disegno di legge disse «è una presa in giro m abito da sera». Oggi, conferma. Anche perché, a ben vedere, il problema esiste. E si chiama Telecom: le casse della Fininvest, che partecipa all'Opa lanciata da Cola ninno, sono abbastanza solide anche per scalarla. E proprio Berlusconi, proprio ieri, in un modo che in America si definirebbe molto sweep under the rug, insomma di chi sta spazzando la polvere sotto il tappeto, diceva «non ne so nulla, fa tutto mia figlia Marina, la politica che c'entra?», [ant. ram.] mm mm& mito "l'avvocato Agnelli ha pienamente ragione e richiama tutti noi a un tema che non può essere rimosso, cioè ìanomalia di un Paese dove uno dei due soggetti in campo è proprietario di gran parte dei mezzi di comunicazione di questo Paese. E un'anomalia che, se si accende la tivù in questi giorni e si vede una marea di spot della destra, emerge con grande chiarezza. E un'anomalia che non sarebbe immaginabile in qualsiasi Paese democratico. E uri anomalia che se la fininvest dovesse davvero entrare in Olivetti si porrebbe con ancora maggior forza. Il conflitto di interessi è una delle componenti del disegno di ri/orma istituzionale». I segretario dei Ds Walter Veltroni

Luoghi citati: America, Roma