Berlusconi: alle urne se la sinistra perderà di Augusto Minzolini

Berlusconi: alle urne se la sinistra perderà LA PRIMA «GHANA» Berlusconi: alle urne se la sinistra perderà Augusto Minzolini CIRIACO De Mita ci tiene proprio a dirla, quella frase, appena sbuca fuori dall'aula di Montecitorio dove ha appena ascoltato il discorso di insediamento di Carlo Azeglio Presidente Ciampi: «La maggioranza non c'è più, la maggioranza è finita». E queste parole pronunciate con durezza dovrebbero far fischiare le orecchie del neo-presidente che presto, forse prima di quanto lui stesso pensi, si troverà a dover governare una tempesta. Una crisi politica strisciante, infatti, si sta già manifestando in queste ore sulla guerra nel Kosovo, con una maggioranza che - spinta dal Ppi - chiede la sospensione dei bombardamenti tra gli applausi di Bertinotti («porterò le bandiere rosse in piazza»), con un premier che deve rincorrerla a tutti i costi e con il conseguente isolamento dei filo-americani come Giorgio La Malfa. Ebbene, l'impazzimento della situazione - di cui il Kosovo è solo un primo sintomo - potrebbe chiamare Ciampi a scelte importanti. Cosa succederebbe, infatti, se le elezioni europee dimostrassero che l'attuale coalizione di governo non ha più la maggioranza e che il Pòlo ha più voti? Silvio Berlusconi non ha dubbi «Se accadesse una cosa del genere - spiega - sarebbe giusto e regolare andare alle elezioni politiche. In questo caso-una riflessione dovrebbe farla anche la coalizione di governo, dovrebbe prendere atto di non avere più la fiducia della maggioranza dei cittadini. E non mi dite che si tratta solo di elezioni europee. Queste elezioni sono un sondaggio vero, reale. Anche il Presidente della Repubblica dovrebbe tenere conto di un risultato del genere, dato che è lui ad avere la prerogativa di sciogliere le Camere. Ripeto, comunque, che questo argomento non ha fatto parte di una trattativa tra noi e lui e nemmeno con la maggioranza. Come ripeto che non mi interessano governi di unità nazionale o d'altro tipo». L'uscita dèi Cavaliere è di quello su cui bisogna riflettere. Poco importo se Fini è più cauto, dato che nelle dinamiche del Polo - da quando è nato - chi fa la voce grossa finisce sempre per avere ragione. Il presidente di An osserva, infatti, che il successo del Polo alle europee «non aprirebbe automaticamente la strada alle elezioni anticipate visto che non c'è nessun obbligo da parte del Capo dello Stato. Ci sono sistemi elettorali diversi: le europee si fanno con il proporzionale mentre le politiche con il maggioritario. Eppoi non bisogna dimenticare che il Polo è già maggioranza nei proporzionale. Il problema di una possibile vittoria del centro-destra dovrebbe, invece, porselo la maggioranza. Loro dovrebbero aprire ima crisi di governo e magari prendere in esame l'ipotesi delle elezioni». I due, a quanto pare, la pensano in modo diverso sul metodo. Probabilmente Fini è più prudente perché non vuole dare fin d'ora un dispiacere a Cianipi. Su un punto, però, sono d'accordo: se alle europee la maggioranza non sarà più tale, si aprirà una fase politica nuova. Simili discorsi dovrebbero far suonare un campanello di allarme a Palazzo Chigi: D'Alema, dopo aver rotto con Prodi e con Marini, se si trovasse in difficoltà difficilmente potrebbe assicurarsi un rapporto di non belligeranza con il centro-destra. «Io - fa presente il Cavaliere - debbo far fronte già ai fermenti del mio elettorato che sull'idea di votare Ciampi si è diviso a metà. Figuratevi se posso permettermi qualcosa di più...». Insomma, elezioni o no, un D'Alema in panne non riceverà una mano d'aiuto da quei due. Tant'é che il Cavaliere tra le mura amiche ha ragionato anche su un'ipotesi alternativa alle elezioni, e anche in questa D'Alema non ha un ruolo. Mettiamo il caso che il centro-sinistra perda le elezioni e che Ciampi non voglia sciogliere le Camere perché l'approvazione della finanziaria in tempo utile nel primo anno dell'Euro non è una scelta ma un obbligo (sono ragionamenti che già si fanno): anche in questa situazione Berlusconi non darebbe un aiuto a D'Alema. «Lui - è il suo ragionamento - in ogni caso dovrebbe passare la mano, magari a Giuliano Amato: il centro-destra, infatti, non può aiutare un governo presieduto da chi alle prossime elezioni sarà il candidato del centro-sinistra per la premiership». Quindi, niente da fare. D'Alema dovrà vedersela con Prodi e Marini. Dalla parte del Polo non avrà sconti. E il motivo, in fondo, è più semplice di tanti discorsi politici. «Ho visto che a D'Alema - scherza Berlusconi piace la frase di quel barone leccese che diceva: "Non importa il posto che mi danno perché il capotavola è dove mi siedo io". Sono d'accordo. Io la penso esattamente allo stesso modo». Eh si, D'Alema e Berlusconi potranno dialogare, simpatizzare e quant'altro, ma non potranno mai fare un accordo vero per una ragione di fondo: ad entrambi piace comandare.

Luoghi citati: Ghana, Kosovo