Veltroni: «Ci vuole un nuovo Ulivo »

Veltroni: «Ci vuole un nuovo Ulivo » Veltroni: «Ci vuole un nuovo Ulivo » «Assieme alle riforme si risolva il conflitto d'interessi» qualcosa? «Mi limito a ricordare che nel '94 parlai di nuovo centro-sinistra, sull'Unità, e mi fu obiettato che era meglio parlare di sinistra-centro. Invece, si è dimostrato che quella era una linea giusta. Sostenni la necessità di essere attenti alle nuove culture e ai nuovi linguaggi nello schieramento democratico e riformista mondiale e ora la cosa viene acquisita come còsa naturale. Da ultimo, proposi, due mesi fa, Ciampi e oggi Ciampi giura come. Presidente. Rivendico d ruolo scomodo di dire delle cose prima del tempo con il rischio che altri, che si limitano a cogliere lo spirito del tempo, mi critichino. E, ripeto, in tutte queste circostanze, con D'Alema, alla fine, siamo stati d'accordo». Allora, visto il suo ruolo nell'Ulivo, questo Ulivo com'è? E' morto, moribondo o vivo e vegeto? Chi ha ragione, D'Alema o Prodi? «Io registro le cose come stanno: D'Alema dice che è favorevole all'Ulivo. Prodi vuole rinforzarlo. Io leggo queste dichiarazioni, mi importa poco che ci siano differenze di caratteri, di opinioni, e non da oggi, fra i due e guardo alla sostanza. A tre anni esatti dalla costituzione di quel governo nato sulla base della più bella campagna elettorale e della più grande affermazione della sinistra nella storia italiana, dico: ripartiamo da lì, da quello spirito». Tempi e spirito, come si è visto in questi giorni, assai lontani, per la verità. «Sì, ma dal 14 giugno nessuno ha strategie alternative. Bisogna rimuovere la sensazione che questa sia solo un'alleanza fra partiti. Se non c'è un elemento coesivo forte, un decapartito tende a esplodere. Ecco perché bisogna pensare a un nuovo Ulivo. Un Ulivo plurale...». Che cosa vuol dire? «Vuol dire che non sia la somma di ds più popolari, né di ds più democratici. Ma la somma di quattro grandi culture, quella della sinistra riformista, quella del cattolicesimo democratico, quella ambientalista e quella laico-azionista». Ma ci vuole anche una nuova organizzazione? «Ci vuole una nuova struttura, con un meccanismo di designazione parlamentare e una parallela struttura nei collegi. Ci vuole una bandiera e un programma comune. Io ho cercato di farlo anche per queste elezioni, ma la tensione fra Prodi e Marini l'ha reso impossibile». La convivenza fra democratici e popolari è possibile? Non ci vuole un nuovo assetto del Centro? «E' chiaro che c'è un problema di assetto del Centro. Le vicende di que¬ sti giorni (compreso il voto sui referendum che ha dimostrato, con i 21 milioni di sì, come l'Italia sia bipolare, data la quota di astensionisti abituali), testimoniano che un'ipotesi di Centro autosufficiente è finita, non esiste. I centri saranno uno con la destra e uno con la sinistra. Il partito popolare, allora, deve anche sciogliere il nodo della sua identità: se essere una de più piccola o se essere il grande interprete del cattolicesimo democratico italiano». Dopo il i voto europeo, molti pensano a un rimpasto o, addirittura, a una. crisi E' possibile uno sbocco del genere? «Il governo deve arrivare alla fine della legislatura. La stabilità è un valore fondamentale: posso dire che, dopo tre anni, questo è un Paese che ha Prodi presidente europeo, D'Alema presidente del Consiglio e Ciampi presidente della Repubblica. Un Paese che ha prestigio internazionale, che è entrato nell'Euro. La sostanziale stabilità governativa è stata, a questo fine, essenziale». E un rimpasto? «Questa è una questione che compete al capo del governo. Sarà lui a deciderlo, se lo riterrà opportuno, dopo il voto. L'importante è che non ci sia una crisi». Oggi giura il nuovo Presidente. Si e detto che il modo con il quale si è arrivati alla sua elezione potrebbe favorire anche l'intesa per le grandi riforme, in particolare quella per l'elezione diretta del capo dello Stato. Lei è favorevole a questa soluzione? «La sera del voto sui referendum, Fini ed io ci trovammo d'accordo nella tesi che l'elezione diretta del Presidente, naturalmente a due turni, dovesse coerentemente essere accompagnata da una parallela legge elettorale a due turni. Io sono per ripartire da E». Allora non ritiene fondato l'allarme dell'avvocato Agnelli sui pericoli di plebiscitarismo, soprattutto con l'uso del potere tv, in una ipotesi di elezione diretta? «Tutt'altro. L'avvocato Agnelli ha pienamente ragione e richiama tutti noi a un tema che non può essere rimosso, cioè l'anomalia di un Paese dove uno dei due soggetti in campo è proprietario di gran parte dei mezzi di comunicazione di questo Paese. E' un'anomalia che, se si accende la tv in questi giorni e si vede la marca di spot della destra, emerge con grande chiarezza. E' un'anomalia che non sarebbe immaginabile in qualsiasi Paese democratico. E' un'anomalia che se la Fininvest dovesse davvero entrare in Olivetti si porrebbe con ancora maggior forza. Il conflitto di interessi è una delle componenti del disegno di riforma istituzionale». Visto che lei ha accennato anche a grandi riassetti dell'economia, oltre che della politica, affrontiamo l'accusa che si fa alla sinistra in questi giorni, cioè quella di essere fortemente dirigista in economìa. «Mai come con la sinistra al governo questo Paese ha conosciuto liberalizzazioni e privatizzazioni. In passato, ci sono stati governi innamorati di boiardismo di Stato. La liberalizzazione dell'economia postula una politica leggera, cioè che dia solo i grandi mdirizzi e poi si affidi alle logiche di mercato». Queste sono belle parole, ma, poi, in concreto, se guardiamo al caso Telecom sembra che la sinistra tifi Colaninno e non Bernabò. E, nelle banche, appoggi più Mediobanca che i suoi avversari. «La politica non deve tifare per nessuno. Sul caso Telecom credo che il problema sia di valutare se è possibile creare una azienda che si sviluppi, clic il volume dell'indebitamento non renda impossibile una tale prospettiva di sviluppo. E che la più grande azienda di telecomunicazioni abbia grandi alleanze intemazionali, ma non sia in mano solo agli stranieri». Allora quello che si dice, i legami Unipol con il suo partito, non vi condizionano? «Per quanto mi riguarda sono assolutamente sciocchezze». E anche per le banche, non ci sono tifosi? «Io credo che bisogna favorire nel settore l'emergere, anche generazionale, di nuovi soggetti. E' giusto mantenere la funzione strategica di Mediobanca, ma c'è bisogno anche di altre culture, di altri percorsi formativi». In generale, la situazione economica è preoccupante, bisogna ammetterlo. «SI. La competitività delle nostre industrie è precaria. Gli industriali erano troppo abituati alla leva della svalutazione». Ma loro lamentano la scarsa flessibilità e soprattutto l'eccessiva burocrazia. «Sulla burocrazia hanno perfettamente ragione. Ci sono due rivoluzioni da fare in Italia: una contro la burocrazia per la semplificazione e l'altra per il sistema formativo. Dobbiamo creare un grande piano di investimenti sul sistema formativo». Ma la ricetta per l'occupazione che cosa deve prevedere? «Dopo il patto sociale che portò al risanamento, ora ci vuole un nuovo patto per lo sviluppo, di cui il patto di Natale è sol' i la premessa». Passiamo ora al grande tema della guerra. La sinistra moderna, quella dei Blair per esempio, è una sinistra ultra, ma questa volta ultra per la Nato? «Questa sinistra moderna, innanzi tutto, fa fare, rispetto alla vecchia sinistra, un grande salto di qualità: assume il tema dei diritti umani come uno dei regolatori dcU'rxnùlibrio internazionale. Oggi è importante perii Kosovo, ma domani dev'essere importante per il Ruanda, il Kurdistan o la Birmania. La pace in Kosovo non ci sarà solo quando saranno finiti i bombardamenti, ma quando i profughi potranno rientrare nelle loro case garantiti da una forza militare intemazionale». Questa concezione della guerra per ragioni ideologiche è stata criticata. Le guerre non si fanno anche per interesse? «Allora la guerra cambia carattere e bisogna discutere perdio la si fa. Questa ò una guerra nata per ragioni umanitarie. Non ve ne possono essere altre, almeno per me. Se questo è vero, lo strumento deve essere adeguato a questo obiettivo». Ed è proprio qui che nascono i dubbi: lei è favorevole a una sospensione dei bombardamenti? «Voglio essere chiaro. Se la Cina dice di essere favorevolo a far propria nel consiglio di sicurezza Onu la posizione del G8, però chiede prima la sospensione dei bombardamenti, si devono sospendere i bombardamenti». «I Democratici hanno sbagliato ad accanirsi così contro i popolari dopo il voto su Ciampi Sembra quasi che vogliano giustiziarli» Da una parte D'Alema-Berlusconi e dall'altra Prodi-Veltroni? «Un accostamento offensivo per Massimo Nei momenti di stretta io e lui sempre uniti» intervista a Spina ROMA SI dice che la politica è difficile, quasi incomprensibile. Ma quello che sta avvenendo sfiora l'assurdo: subito dopo la grande intesa su Ciampi, il candidato della maggioranza con maggior prestigio, le polemiche tra i leader della coalizione si moltiplicano e si aggravano. Alla tensione colppi di[Marinisi aggiunge lo scontro, aspro nel merito ma anche nei toni, tra D'Alema e Prodi. Ha una spiegazione, onorevole Veltroni, che la gente possa capire? «Guardi, per cercare di capire bisogna ricordare che l'accordo per Ciampi ha avuto un passaggio difficile, molto duro. C'è stata una forte tensione tra me e Marini. Ma questa tensione non mette in discussione i rapporti con i popolari. Ecco perché alcuni commenti fatti dai democratici, dopo l'elezione di Ciampi, mi sembrano sbagliati. In particolare, sia l'accanimento contro i popolari, quasi il volerli giustiziare, sia il rivendicare un ruolo nella sua nomina che, obbiettivamente, non c'è stato. In verità, non sono stati i soli..». La vittoria ha sempre molti padri «Quasi tutti quelli che fino a 48 ore prima erano pronti a crocifiggermi per la strategia scelta, che mi rimproveravano, sapienti, per aver "bruciato" la candidatura proponendola nei tempi in cui sembrava scontato che fosse un popolare, in quanto tale, destinato al Quirinale, quasi tutti, poi, si sono lanciati in grandi apprezzamenti. In particolare ho già detto a Prodi che considero sbagliata la loro quasi totale essenza nella giornata decisiva, quella finale». A proposito di quella giornata, .non è stato improprio il ruolo del capo del governo? Non si è sentito esautorato da D'Alema? «Ricostruiamo la vicenda, il risultato sarebbe stato identico, 24 ore prima, se io avessi incontrato il Polo. Avrei portato i due nomi e avrei ricevuto il sì per Ciampi. Per evitare questo, Marini fece quella famosa dichiarazione dicendo che parlavo non a nome di tutta la maggioranza. Mi interessava l'obiettivo, per questo evitai polemiche e così fu affidato a D'Alema, com'è giusto, poiché è il presidente del Consiglio e ha la responsabilità della maggioranza, quel compito. E l'ha esercitato con molta forza ed efficacia». Quindi nessuna gelosia... «Rispetto alla battaglia che ho condotto negli ultimi due mesi, la solidarietà finale di D'Alema è stata importante. Per due mesi c'era stato il ritornello da parte dei popolari, "Veltroni è cattivo, ma tanto poi D'Alema ci pensa lui". Ecco come è andata a finire». Veltroni, andiamo per le spicce, come a lei non piace. Si dice che nella politica italiana ci sia un gioco di coppia. Da una parte la coppia D'Alema-Berlusconi, dall'altra Veltroni-Prodi Tutte sciocchezze? «Questa tesi è, innanzi tutto, offensiva per D'Alema, perché Berlusconi è il capo dell'opposizione, il capo dei suoi avversari. Io ho un ruolo preciso: sono il segretario del maggior partito della maggioranza e cerco di tenere unito l'Ulivo. Aggiungo che nei momenti di stretta, D'Alema ed io siamo sempre stati d'accordo e abbiamo raggiunto risultati importanti». Anche lei vuol rivendicare lì segretario dei Ds Walter Veltroni Nette due foto sotto il presidente della Commissione Europea Romano Prodi e il premier Massimo D'Alema

Luoghi citati: Birmania, Cina, Italia, Kosovo, Kurdistan, Roma, Ruanda