Un discorso da cronometrare

Un discorso da cronometrare ILPALAZZO Un discorso da cronometrare E messe solenni e il cattivo teatro l ha detto una volta Ingmar Bergman sono le cose più lun ghe del mondo». Con tale premessa d'autore, di fronte ai rischi specifici che comporta, il discorso inaugurale del presidente della Repubblica, più che ascoltarlo o leggerlo, Carlo Azeglio Ciampi andrà rispettosamente cronometrato. Sembra che non ci sia mai stata, nella vita pubblica, tanta voglia di brevità, di concisione, di rapidità. I tempi stessi di elezione del nuovo Capo dello Stato hanno impressionato favorevolmente sia l'opinione pubblica italiana che la stampa straniera: votazione «sor- firendentemente veloce» Wall Street Journal); «una delle più veloci» {The Times); «voto inusua Imente veloce» {International Herald Tribune). Insomma, in una mattinata era fatta. E adesso il discorso alle Camere. Quesito: al di là dei contenuti, è o non è Ciampi uomo di poche parole? Scalfaro parlò per 45 minuti, pari a 5 pagine e mezzo di resoconto stenografico , del bollettino parlamentare, che è un po'Tunitù di misura in questo genere di faccende. Il discorso di Cossiga - ed era un Cossiga, si badi, allora assai misurato - occupa sette pagine e mezzo. Il che, nei ricordi di chi c'era, significa più o meno che quel discorso non finiva mai. In entrambi i casi fu l'aperitivo di due settennati certo decisivi nella storia italiana, ma terribilmente e inesorabilmente verbosi. Tra omelie e isterie, lungo un arco che arriva a comprendere tutte le possibili ed anche le più aggiornate forme di esercizio retorico, nessun uomo politico ha parlato quanto hanno parlato gli ultimi due Presidenti in questi 14 anni. Non solo, ma qualsiasi invito a limitarsi - e ce ne sono stati - è parso sortire l'effetto contrario, nel senso che Cossiga e Scalfaro, per nulla intimiditi, hanno semmai intensiI ficaio i loro interventi parli landò ancora di più, e più in¬ tensamente. Forse nemmeno dipendeva da loro, ma da un sistema sempre più nevrotico dei media che ne ha serializzato e drammatizzato l'eloquio oltre il necessario. O forse dovevano farlo, parlare era l'unica difesa per sopravvivere. Sia come sia, tra le conseguenze c'è il bisogno irresistibile di un Presidente taciturno. Anche per questo, al di là dei contenuti e su un piano umilmente quantitativo, la durata del discorso di domani è un banco di prova pregiudiziale. Avranno detto a Ciampi, oltretutto, che parlare a lungo non e obbligatorio. La lettura unitaria dei vari discorsi d'insediamento dimostra, del resto, che più il momento è serio e meno si parla. De Nicola', appena .una paginétta; Einaudi 2 pagine striminzite; con Gronchi già si passa a quattro, comprendenti ricordi personali, ringraziamenti, propositi ed evocazione della divinità. Nel complesso pare di notare che la lunghezza procede di pari passo con la ridondanza, la superfluità, lo sfoggio culturale e al Limite l'ipocrisia. Fa eccezione il discorso di Pertini, tre pagine che anche oggi suonano irrituali nella loro passionalità. Di norma l'allungamento del brodo mutila la parola, la scortica e la consuma svincolandola dalla vita reale. Tanto più dopo un giuramento, nschia di perdere il rango cui aspira. Stretta fra il talk-show e la vacua ampollosità, la politica tende a rifugiarsi dietro immagini e simboli. L'elezione di Ciampi può essere intesa come un primo segno di rivolta contro la chiacchiera. E la noia che spesso le tiene compagnia. iiac- BSSO