«Persa la lezione di Desert Storm» di Andrea Di Robilant

«Persa la lezione di Desert Storm» «Persa la lezione di Desert Storm» Powell critica Clark. Nuove polemiche sugli Apache Andrea di Robilant corrispondente da WASHINGTON Dall'inizio della guerra si era tenuto in disparte, ma ieri il generale Colin Powell, l'eroe di Desert Stonn, ha rotto il suo lungo silenzio e criticato la conduzione della campagna Nato contro Milosevic. «Quando si fissa un obiettivo politico bisogna mettere in campo tutta la forza necessaria per arrivare alla vittoria», ha spiegato l'uomo che ha dato il suo nome alla dottrina militare che poggia su due premesse - massima chiarezza sui fini, massima forza per raggiungerli. «In questa caso, le nostre forze in campo non sono all'altezza degli obiettivi politici. E gli obiettivi politici non sono all'altez¬ za della nostra retorica». Intervistato dalla Nbc, Powell ha detto che è stato un errore limitarsi a una campagna aerea senza neppure pianificare un intervento di terra. «Quando vai in guerra devi accettare l'idea che avrai delle perdite. Certo, era necessario tenere insieme l'Alleanza e molti Paesi erano e rimangono contrari. Ma non mudiamoci. A un certo punto le truppe di terra dovranno entrare in campo». Powell non esclude che alla fine la campagna aerea così come viene condotta, cioè minimizzando i rischi per gli alleati, spinga Milosevic a cedere. «Ma contrariamente a quanto successe nel Golfo, abbiamo dato a Milosevic la possibilità di decidere come e quando cercare una via d'uscita. E poi non dimentichiamo: stiamo infliggendo danni pesanti ai serbi, ma anche ai kosovari». L'ex capo di stato maggiore è ancora oggi uno dei leader più amati e rispettati nel Paese. E il suo giudizio sulla campagna contro Milosevic è destinato ad avere una larghissima eco nell'opinione pubblica americana. Il segretario alla Difesa Cohen ha respinto le critiche insistendo in un'intervista alla Cbs che la campagna aerea sta funzionando. Lo stesso ha assicurato il segretario di Stato Albrìght in un articolo apparso ieri sul Washington Post, co-firmato dal ministro degli Esteri britannico Cook. E l'attuale.capo di stato maggiore Hugh Shelton, chiamato in causa dalle critiche del sue illustre predecessore, si è difeso così: «Stiamo facendo di tutto per vincere. I bombardamenti saranno intensificati finché sarà necessario farlo. Rimane la questione delle truppe di terra. Le introdurremo? Su questo punto non c'è consenso tra gli alleati. Ma è così che siamo riusciti a tenere insieme l'Alleanza». Ma questa strategia che punta a minimizzare le perdite è,sempre più sotto tiro. Secondo «Newsweek», anche il Pentagono avrebbe avvertito Clinton che per vincere la guerra in Serbia «serve l'utilizzo di truppe di terra», con tutti i rischi connessi di perdite umane. Stando a quanto il settimanale ha appreso da fonti della Difesa americana, già parecchie settimane fa i vertici militari americani avrebbero detto al Presidente, e anche al loro ministro Cohen, che «senza le truppe di terra, non è possibile fermare la pulizia etnica» del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic. Finora, tanto Clinton quanto la Nato hanno sempre detto che si va avanti solo con la campagna aerea. Per Newsweek, la lettera sarebbe una sorta di scarico di responsabilità dei militari sui politici. E la polemica adesso ha investito anche l'uso degli Apache. Sin dall'inizio il Pentagono ha recalcitrato, nonostante le insistenze del generale Wesley Clark, per non mettere a rischio questi elicotteri micidiali ma vulnerabili. E ancora adesso, nonostante gli addestramenti siano ormai conclusi, il via libera dei politici alle missioni anti-tank degli Apache non arriva perché si ritiene che le difese serbe siano ancora troppo forti. Qui accanto II generale Colin Powell, ex capo degli stati maggiori riuniti americani

Luoghi citati: Serbia, Washington