«Nel 2000 dovremo invadere» di John Keegan

«Nel 2000 dovremo invadere» LE STRATEGIE PER IL REBUS BALCANICO «Nel 2000 dovremo invadere» Keegan: l'alternativa è una pace-patacca analisi John Keegan ERCOLEDI' la Nato sarà in guerra con la Serbia da due mesi. E' tempo di fare un po' di conti. Legalmente, l'Alleanza non è neanche in guerra con Belgrado, e questa non e che una delle tante complicazioni della deprecabile situazione dei Balcani. Ma al di là del legalismo, urgono le questioni pratiche. L'elettorato dei Paesi della Nato chiede risposte a domando sempre più pressanti. Che cosa si vorrebbe ottenere con questa guerra? Quanto si prevede che dun? Quale ne sarà l'esito più probabile? Quasi sessanta giorni di bombardamento, contro un Paese povero di infrastrutture, hanno inflitto danni terribili. La maggior parte dei ponti della Serbia, che attraversavano alcuni dei più larghi fiumi d'Europa, é stata distrutta. La rete ferroviaria è a pezzi, al pari di quella stradale. Il sistema industriale è in rovina. Peggio di tutto, le risorse energetiche sono ridotte al lumicino. Il carburante scarseggia e i black-out elettrici si fanno più lunghi e frequenti. I bombardamenti rafforzano il morale di una nazione. Lo hanno dimostrato nella seconda guerra mondiale quelli tedeschi su Londra come quelli alleati sulla Germania. Questo, però, è vero solo fino a un certo punto. Il governo Churchill si allarmò, con buone ragioni, sullo stato del morale collettivo in corrispondenza della campagna di bombardamento delle V-2. Dunque, l'eventualità di un crollo repentino dello spirito dei serbi non va esclusa. Slobodan Milosevic, la sfinge di Belgrado, sembra inamovibile. Ma qualora percepisse che l'opinione pubblica o l'entourage ne hanno abbastanza, la sua intransigenza potrebbe sgonfiarsi all'istante. La vittoria tramite la guerra aerea, però, potrebbe non sortire gli effetti che la Nato si aspetta. Certo, un Milosevic umiliato potrebbe arrivare al tavolo della conferenza di pace e adeguarsi alle cinque richieste dell'Alleanza. Più probabilmente, data la storia violenta della politica intema serba, il regime di Milosevic potrebbe essere rimpiazzato da un altro. Ma potrebbe trattarsi di un sostituto ancora più intransigente, pronto a far velo alla sconfìtta allargando la guerra in Bosnia o ai di là di qualche altro confine, Oppure Milosevic potrebbe essere sostituito da un governo di incompetenti, indecisi a fare la Serra come la pace, che lascerebla Nato nel dilemma di come trarsi d'impaccio. Infine c'à la possibilità che la Serbia collassi in una sorta di pluralità ingovernabile, con tanti signori della guerra che esercitano ciascuno una sua autorità su singole zone, incluso il Kosovo. La ex Jugoslavia ha sperimentato una tale anarchia alla fine della seconda guerra mondiale, anarchia terminata solo con l'invasione dell'Armata rossa che impose la supremazia dei partigiani di Tito. Ma tutte queste, ripeto, sono solo ipotesi. Alla fine del secondo mese ai bombardamenti, la vittoria attraverso l'arma aerea appare improbabile. Le opinioni pubbliche occidentali chiedono dove ci stia portando la guerra aerea e quali ne saranno gli effetti probabili, distin¬ ti da quelli desiderati. Quali sono le risposte? La prima è che Milosevic potrebbe vincere. Il tempo è dalla sua parte. Se la Nato non dispiega rapidamente truppe di terra, egli può sfidare l'Alleanza fino alla prossima primavera, lasciando i rifugiati kosovari nella loro penosa situazione. La prima neve cade sui Balcani alla fine di settembre, ponendo fine alla stagione utile per le campagne militari. Ci vorrebbe un mese, a partire da ora, a dispiegare una divisione proveniente da qualunque base della Nato. L'esercito di Milosevic, per quanto sotto-equipaggiato, potrebbe tener testa a tre divisioni dell'Alleanza prima di collassare. Se la Nato non comincia subito a muovere la prima di queste tre divisioni, in modo da completare il loro dispiegamento entro agosto, rjr quest'anno l'invasione da terra fuori questione. Se il Pentagono e il Dipartimento di Stato le presentano questo calcolo, la Casa Bianca potrebbe decidere che è tempo di cercare un acco- modamento. Allora Milosevic potrebbe cercare di negoziare qualche modifica degli accordi di Rambouillet, concedendo in cambio ai profughi di tornare in Kosovo, nella certezza che tanto non lo faranno. All'Occidente resterebbe l'onere di occuparsi di questa diaspora. Sarebbe una «patacca» diplomatica, magari con l'aiuto della Russia, ma tutti salverebbero la faccia. Infine, la Nato potrebbe amettere di aver commesso un errore, ma restare ferma nei suoi propositi e decidere di riorganizzarsi e pianificare la campagna di terra per il prossimo anno. Dopotutto, le guerre brevi sono storicamente delle eccezioni. La Nato può battere la Serbia come vuole, purché si dia piani adeguati e raggruppi le forze necessarie. Bombe inefficaci ma è tardi per dispiegare le truppe entro l'estate Il presidente americano Clinton