Cohen: uccisi dai serbi 100 mila kosovari di Francesco Manacorda

Cohen: uccisi dai serbi 100 mila kosovari La Nato ribadisce che «il rischio di colpire gli scudi umani non fermerà la campagna aerea» I Cohen: uccisi dai serbi 100 mila kosovari Solatia prevede: «Si scopriranno orrori inimmaginabili» Francesco Manacorda BRUXELLES Centomila morti in Kosovo. La cifra, quasi incredibile nella sua atroce enormità, e mitigata solo da un condizionale, viene dal Segretario alla Difesa Usa, William Cohen. Intervistato ieri dalla rete televisiva Cbs, Cohen parla di «qualcosa come centomila albanesi in età di leva scomparsi dal Kosovo. Potrebbero essere stati uccisi». Il Segretario alla Difesa parla di resoconti secondo cui 4600 kosovari sono già stati giustiziati, «ma ho il sospetto che possano essere molti di più», dice. E, pur senza fare numeri, anche il segretario generale della Nato, Javier Solane, lancia un messaggio simile: in Kosovo sostiene - scopriremo dopo la guerra orrori nemmeno immaginabili. «Non si vedono gli uomini tra i trenta e i sessant'anni - afferma Solatia in un'intervista alla Bbc - e il perché sarà chiaro solo dopo il nostro ingresso in Kosovo. Ma probabilmete eco- priremo cose cosi atroci da non crederci nemmeno». La conclusione è quella che l'Alleanza sostiene dall'inizio degli attacchi alla Serbia: «Non possiamo permettere che la pulizia etnica continui in Europa mentre entriamo nel 21° secolo», dice Solana, aggiungendo anche la promessa ai profughi che torneranno a casa loro entro l'inverno. Non è casuale, con ogni probabilità, questo insistere della Nato sulle atrocità commessse da Milose vie, proprio mentre alcuni alleati - ieri l'Italia per bocca di Massimo D'Alema - lanciano iniziative diplomatiche divergenti dalla linea ufficiale Nato, e mentre si continua a discutere sull'ultimo bombardamento che ha provocato numerose vittime civili, quello di giovedì notte a Korisa. Ma su questo punto i vertici della Nato sembrano sempre più convinti di essersi davvero trovati di fronte a scudi umani utilizzati dai serbi per proteggere un loro obiettivo militare. A Korisa, dice infatti Solana, «c'era stata la pulizia etnica a fine aprile, nessuno viveva più là se non militari. Korisa era un posto di comando, su questo non c'è dubbio, una località militare. All'improvviso sono apparsi i rifugiati. Conosco i metodi di Milosevic, si può pensare che siano stati utilizzati non solo per fini militari, ma anche politici». Ancora più dettagliate le informazioni date a Bonn dall'ammiraglio Hans Frank, vice capo di stato maggiore, secondo cui 600 albanesi «sono stati condotti a Korisa e vi sono stati trattenuti» dai serbi. L'utilizzo di scudi umani, avverte comunque la Nato, non fermerà gli attacchi contro la Serbia. «Sappiamo di avere un avversario che non ha scrupoli quando si tratta di usare scudi umani», dice il portavoce dell'Alleanza Jamie Shea, elencando anche i casi in cui secondo la Nato i civili sono stati usati per difendere obiettivi come ponti o impianti industriali o convogli militari. «Gli scudi umani sono un fattore - dice - ma ovviamente non ci impediranno di continuare la campagna aerea. Questo è il punto chiave: continueremo le operazioni aeree anche se non colpiremo mai, e sottolineo mai, intenzionalmente dei civili». Nelle 24 ore concluse all'alba di ieri la Nato ha continuato intanto i suoi attacchi concentrati sulle truppe di terra in, Kosovo, anche se domenica le condizioni del tempo l'hanno costretta a cancellare alcune missioni. Oltre a mezzi dell'esercito, sei carriarmati e pezzi di artiglieria, gli aerei hanno colpito diversi ponti una centrale elettrica che alimenta la fabbrica siderurgica di Smedervo e la miniera di rame di Bor. Mentre tiene alto il numero di raid, l'Alleanza respinge le accuse dei serbi secondo cui i pesanti bombardamenti sul Kosovo stanno bloccando il ritiro delle truppe deciso da Belgrado. «E' come se un'alcolista incolpasse una società che produce whisky del suo problema», ironizza Shea, ribadendo che per ora non si è visto nessun segno di ritirata dei serbi e che comunque un'uscita parziale delle forze dal Kosovo non sarebbe abbastanza perché la Nato sospendesse gii attacchi.

Persone citate: Cohen, Hans Frank, Jamie Shea, Javier Solane, Massimo D'alema, Milosevic, Solana, William Cohen