Sfuggiti ai serbi, annegati a Valona

Sfuggiti ai serbi, annegati a Valona (^ai^tacinque kosovari stipati suU'imbarcàzione, lo scafìsta si è tuffato prima dell'impatto Sfuggiti ai serbi, annegati a Valona Gommone contro gli scogli: morti una donna e 5 bambini Vincenzo Tessendoli inviato a VALONA Chissà se era scrìtto nel cielo o da qualche altra parte che dovesse finire così. Chissà chi lo aveva deciso che quella donna e quei cinque bambini sfuggiti ai serbi dovessero morire qui, nel mare di Valona. Chissà quanti altri volti ha la disperazione oltre a quello dolce e spaurito di Aita Perizi, che ha 20 anni e arriva da Gjakova. Ora lei è in una tenda del campo della Protezione civile, al vecchio aeroporto, l'hanno curata nell'ospedale organizzato dall'Associazione nazionale alpini, ha una spalla fuori uso. Racconta: «Quello correva vicino alla costa, sempre più vicino. E deve aver capito di aver sbagliato e allora si è buttato in acqua e noi neppure abbiamo avuto il tempo di renderci conto di che cosa stesse accadendo». Accadeva che quel bolide affollato di disperati stava per schiantarsi su uno scoglio. La gente è stata scaraventata in acqua, qualcuno è piombato su una pietra, qualche altro è finito in fondo al mare nero corno la pece, di altri ancora lo eliche dei due motori da 200 Cv hanno fatto scempio. Non era un viaggio come gli altri quello che ò cominciato l'altra sera allo 23,45 dalla spiaggia della Skela. Sul gommone gU scafìsti avevano compresso 45 esuli dal Kosovo, soprattutto donne e bambini. Prezzo del trasporto: 1000 marchi, quasi un milione di lire. Molti esuli erano giunti da pochi giorni dal campo di raccolta di Kavaja. per loro, avevano detto, il lungo esodo sarebbe finito soltanto quando avessero potuto ricongiungersi ai parenti in Germania, o in Svizzera, o forse in Italia. Il gruppo, assai folto, sarebbe partito su tre scafi, e anche se le motovedette della Guardia di Finanza italiana battevano il golfo, pareva una notte favorevole, così senza luna. Ma lo scafìsta del primo gommone, uno sui 25, non conosceva il mare e forse neppure la sua barca. Lui è tornato dall'Italia sconfitto: era partito mesi fa, si era fatto prestare i soldi per tentare l'avventura, ma non aveva trovato niente. E allora, rientrato, ha accettato di portare i gommoni: soltanto in questo modo avrebbe potuto saldare il debito. Le donne c i ragazzi son stati messi sul fondo rigido dello scafo, così vicini che non c'era Io spazio neppure per fare un movimento. Ma che importa? In fondo, dove di solito ce ne stavano 30 erano riusciti a cacciarcene «il 50% in più». Le vedette italiane erano in mare già da ore per tentar di contrastare Fattività dei gommoni. Qualcuno, fra gli scafisti, deve averne avvertito la presenza e allora è partito l'ordine: «Sotto costa». Ma navigare al buio in mezzo agli scogli spesso a pelo d'acqua, più che una perizia straordinaria richiede un'incoscienza totale. Il gommone si è avvicinato alla riva fin quasi a sfiorarla, lo scafìsta allora ha tentato una virata verso il largo, ma si è reso conto di non riuscire più a governare. E si è buttato in mare e con lui il suo «secondo». E così ha negato a quei poveretti che portava qualsiasi possibilità. Sono seguiti momenti lenti come ore, dirà poi Aita Perizi E poi c'è stato lo schianto, una piètra acuminata come una lama ha tagliato il fondo rigido. Tutti son stati scaraventati in mare. Lo scafìsta l'hanno raccolto quelli dell'altro battello, ma nessuno ha soccorso i naufraghi Hajrie Halli Imeraj aveva 44 anni, anche lei era fuggita da Gjakova. Quando il gommone ha avuto il primo scarto è piombata giù e ha battuto la nuca contro b scòglio. All'ospedale di Valona le hanno trovato anche un passaporto di Agim Inieraj, che di anni ne ha 14, forse suo figlio e forse ancora vivo. Ma un altro bimbo, sui 5 anni, «molto somigliante», dice Cosette Deromemaj, infermiera al pronto soccorso, l'hanno portato alcune ore dopo. Il marito di quella donna, si vien poi a sapere, aspettava la famiglia, in Puglia. Una tragedia senza testimoni, «una tragedia del mare», ha detto il capitano di vascello Claudio Confessore, comandante del 28° gruppo navale. Nell'acqua profonda i profughi annaspavano disperati. Mezzanotte era passata da un quarto d'ora quando nella zona è arrivata una motovedetta. Ed è cominciate l'opera di soccorso. Ma qualcuno era stato rapido a diffondere in città una versione diversa: il naufragio sarebbe stato provocato dalle vedette italiane. ' Ma il colonnello Fabrizio Lisi, della Guardia di Finanza, è stato chiaro: «Nessuno speronamento, niente di niente. E' accaduto che una nostra motovedetta ha scorto su uno scoglio un gruppo di persone. In un primo momento ha anche ritenuto che fosse un nuovo punto di raccolta per l'imbarco, quello. Ma poi si sono resi conto di quanto era accaduto ed è cominciate l'opera di soccorso». Che è andate avanti per tutto il giorno: i 39 sopravvissuti son tutti feriti, più o meno seriamente, un bimbo di 4 anni è in coma a Tirana nell'ospedale pediatrico: ha un trauma cranico e ferite al torace. Erano le 14,15 quando gli uomini del battaglione San Marco hanno strappato al mare il corpo di due bambini. Verso le 17 ne hanno individuati altri tre, laggiù in fondo. Il guidatore l'hanno raccolto quelli dell'altro battello Nessuno ha soccorso i naufraghi, salvati da una motovedetta della Finanza Un'immagine del soccorsi ai naufraghi: per sei di loro non c'è stato nulla da fare

Persone citate: Agim Inieraj, Aita Perizi, Claudio Confessore, Cosette Deromemaj, Fabrizio Lisi, Mezzanotte, Skela

Luoghi citati: Germania, Italia, Kosovo, Puglia, Svizzera, Tirana