IL PENSIERO DEBOLE

IL PENSIERO DEBOLE IO proprio non li capisco. Questi qui, dico, che ci hanno la fissa delle cose naturali. Questi adoratori del genuino, questi sacerdoti del viver sano, questi rigidi caporali del fisico sull'attenti... Ma su! Già siamo nati per soffrire, vogliamo aggiungere ancora fiammelle ai nostri roventi inferni personali? Ma con loro non si transige. Lo zucchero va di canna, l'aceto di mele e le pagnotte devono essere integrali. Niente formaggi, solo tofu, quella specie di panetto di gomma pane che sa di aria compressa. E poi l'eterno e imperituro sodalizio con la sqja, finché morte non vi separi. Con una settimana di vita così sana sei pronto a traslocare nel deserto, vivere di radici e predicare ai grilli. Io ho avuto soltanto una volta la precisa sensazione di una fine imminente: il giorno che mi hanno fatto bere un bicchiere di latte appena munto. In meno di 5 ^minuti netti ho percepito dal mio interno movimenti pari a quelli della tettonica a zolle. Mi si era come riformata una toma intera all'altezza del colon, pronta a stagionare. C'era da aspettarselo visto che sono una fedelissima amante dei quattro salti. Non in balera. In padella. Ma vuoi mettere la commovente magia degli spinaci che filano, del purè che si gonfia da solo come un materassàio da spiaggia o il lento sciabordio della zuppa di mare scongelata? Questi sono i veri miracoli della natura! Mica quelle meline rugosette e bacate che san di muffa o quelle zuppaglie tristi che ti allappano lingua e cuore... Ma ciascuno è libero di vivere come crede, ci mancherebbe. Però mi preme una considerazione. Questi cultori del naturale no limits, a rigor di logica, dovrebbero essere dei marcantoni che levati, dei giovani vichinghi dalle guance rubizze e glutei imponenti. E invece no. Più spesso sono degli olocausti viventi, pallidi come farfalle cavolaie, incimurriti dal nervoso di cervelli ormai parzialmente scremati. Purtroppo ce n'è una sola di Dea Kalì che mangiava riso e cacava supplì!

Persone citate: Kalì