Il diritto vai bene una guerra? di Mario Baudino

Il diritto vai bene una guerra? Un convegno con Betti2a, Mieli, Lerner e il ministro Laura Balbo Il diritto vai bene una guerra? Se combattere diventa un dovere Mario Baudino TORINO EOVE ci porta la «passione dei diritti»? Colando abbiamo pensato a questo dibattito, ha spiegato Gianni Riotta aprendo l'incontro organizzato dalla Stampa, ancora non sapevamo che «sulla questione dei diritti sarebbe scoppiata una guerra destinata a dividere drammaticamente le coscienze». Poi la guerra è arrivata, imponendo a tutti uno sforzo di chiarezza sul Leitmotiv stesso della civiltà moderna. E ieri, intorno al tavolo dell'Auditorium, si sono sono ritrovati, con Riotta, Enzo Bettiza, Gad Lerner, Paolo Mieli e il ministro per le Pari opportunità Laura Balbo, ad affrontare un tema di rovente attualità, quasi a smentire chi aveva accusato la Fiera del Libro di disattenzione. Per una volta la guerra in Jugoslavia, i bombardamenti sulla Serbia e sul Kosovo non sono stati discussi in modo generico e rituale. A partire dal ministro Balbo, che ha fatto osservare come oggi la parola chiave sia «conflitto». L'Europa diventa sempre più multiculturale, in ogni Paese aumentano le minoranze che chiedono rispetto; e la stessa guerra fa capire come dovremo sempre più confrontarci, noi che veniamo dà una cultura che ha sempre tentato di esorcizzarlo, con il conflitto. Lo ha ribadito Paolo Mieli, che alla Fiera presenta il suo nuovo libro, Le storie, la storia (Rizzoli), nato dagli articoli scritti per La Stampa. Non esisterebbe una storia dei diritti, da metà '600 a oggi, se di volta in volta alcuni di essi non fossero stati conculcati, «non avessero dovuto affermarsi e quindi toccare la dimensione del conflitto». Ma la battaglia per i diritti è anche una battaglia fra sostenitori dei diritti. Partiti insieme per Troia, stiamo tornando a Itaca, una meta non definitiva. Per Mieli «l'illusione che i conflitti siano finiti è, appunto, solo un'illusione». E forse pericolosa, se - come spiega Enzo Bettiza - nel nostro dopoguerra, dal processo di Norimberga in poi, c'è stata da un lato una grande crescita della consapevolezza del problema, ma dall'altro lo sfaccettarsi della concezione stessa di diritto. L'ex Jugoslavia ne è la prova in Europa: «Abbiamo visto una minoranza coartare una maggioranza, e quindi capovolgersi quel diritto che a noi sembrava ovvio, dell'auto-tutela delle minoranze». Diritti e doveri cambiano profilo e significato. L'azione bellica («Io mi rifiuto di chiamarla guerra, semmai gendarmeria politica, o etica») diventa, può diventare, un «dovere», di cui «possiamo discutere le modalità ma non il senso generale». Con Bettiza è «totalmente d'accordo» Gad Lerner. «Il nostro ordinamento dei diritti è saltato per aria». Un esempio? Quando si dice che la guerra viola il diritto internazionale, si dimentica «che quel diritto da tempo non funzionava più, bloccato da troppi veti». Bisogna allora chiedersi in quale forma sia possibile oggi ricostruire un diritto all'eguaglianza, e cioè il senso di un'appartenenza comune. Altro che fine della storia, la «passione dei diritti» ci sta prospettando un futuro prossimo in cui nulla sarà più come prima. Siamo davanti a un mutamento che ancora non sappiamo come affrontare, ma rispetto al quale servono presto nuove regole. Le regole per governare il conflitto. Che il tema sia enorme e molto sentito si è visto dalle reazioni del pubblico: tante domande, molto articolate, soprattutto sulla guerra. A proposito della quale Mieli ha ricordato che uno sforzo e una responsabilità grave corno quella presa da Europa e Stati Uniti implicano un impegno d'onore proprio verso i serbi, una volta che sia sta- to fermato Milosevic, ma anche verso gli altri conflitti a venire. Posizioni molto decise, col merito della chiarezza. La stessa che porta Bettiza a polemizzare garbatamente con Sergio Romano, che sulle pagine del Corriere «scrive continuamente contro la Nato e gli Stati Uniti. Sembra proprio che si auguri la vittoria di Milosevic». // ministro per le Pari opportunità: sempre più dovremo confrontarci con il conflitto E nasce una polemica contro Sergio Romano «Sembra che si auguri la vittoria di Milosevic» Il ministro Laura Balbo e Enzo Bettiza ieri all'Auditorium del Lingotto Sopra Gad Lerner tko