«Basta vescovi in carriera»

«Basta vescovi in carriera» La denuncia della porpora: «Più di una volta mi hanno chiesto di essere promossi per aver dimostrato talento e capacità» «Basta vescovi in carriera» // cardinale Gantin: un vizio da stroncare Il cardinale Bernardin Gannii, per 14 anni ha guidato la Congregazione che si occupa del vescovi Luca Tornasi Cì™ DEL VATICANO Il carrierismo è un vizio che attanaglia i vescovi, ma va stroncato: lo denuncia il cardinale Gantin, 77 anni compiuti una settimana fa, che se ne intende per essere stato 14 anni alla guida della Congregazione per i vescovi. Da due anni, il cardinale Gantin, africano del Benin, è il decano del Collegio cardinalizio e in un'intervista al mensile andreottiano «30 giorni» delinea senza tanti complimenti i retroscena della mentalità elio hanno molti vescovi, E così riferisce di essere rimasto choccato per tutte le volte in cui i vescovi gli hanno chiesto esplicitamente Hi essere «promossi» per avere dimostrato «talento, capacità, doti». «Arrivismi e carrierismi», a quanto pare, sono molto diffusi e per frenarli i rimedi ci sarebbero. Il cardinale li elenca. Prima di tutto «un vescovo una volta nominato in una determinata sede in li¬ nea di massima e di principio deve rimanere lì per sempre», fatti salvi casi eccezionali di trasferimenti. Ma la decisione spetta alle autorità vaticane e il vescovo non può dire «sarò qui per due-tre anni e poi sarò promosso»: la precisazione del cardinale Gantin la dice lunga sui retroscena legati alle insistenze con cui i prelati chiedono sedi più importanti. Il secondo rimedio, assai drastico, consiste nel «relativizzare» il concetto delle cosiddette «diocesi cardinalizie». Attualmente accade che ci siano molte diocesi il cui vescovo è un cardinale, dando vita ad una sorta di tradizione per cui il vescovo successivamente nominato presto o tardi debba anche lui diventare cardinale. Si tratta, tanto per fare alcuni nomi, di città importanti come New York o Bogotà, Manila o Parigi, Bologna o Lione, Managua o Rampala. Non ci sarebbe una diminuzione di importanza, argomenta il cardinale africano, «né mancanza di rispetto se, ad esempio, l'arcivescovo della grandissima arcidiocesi di Milano, come di altre pure antiche e prestigiose, non venisse fatto cardinale». «Non sarebbe una catastrofe», aggiunge il prelato. Ad avvalorare questa posizione, c'è anche il cardinale Fagiolo, per il quale «il vescovo non è un funzionario, un burocra te» e dunque il suo incarico «per sé prescinde» da promozioni. L'uscita di Gantin si unisce quel coro di voci che sta prendendo piede negli ultimi mesi per chiedere in maniera pacata ma assai ferma una revisione di abitudini talmente radicate da sembrare leggi immutabili. Nelle settimane scorse, era sta to il cardinale Koenig, ex arcivescovo di Vienna, a chiedere una Chiesa in dialogo effettivo con la cultura contemporanea e non chiusa su se stessa e in posizione difensiva. «I prelati dovrebbero restare legati alla diocesi per la quale sono stati scelti: trasferimenti soltanto in casi eccezionali»

Persone citate: Bernardin Gannii, Fagiolo, Gantin, Koenig, Luca Tornasi

Luoghi citati: Benin, Bogotà, Bologna, Lione, Managua, Manila, Milano, New York, Parigi, Vienna