«Era un campo militare, ne siamo sicuri» di Francesco Manacorda

«Era un campo militare, ne siamo sicuri» L'Alleanza non esclude che le cento vittime kosovare della strage fossero ostaggi «Era un campo militare, ne siamo sicuri» La Nato: se c'erano civili a Korisha erano scudi umani Francesco Manacorda corrispondente da BRUXELLES «Scudi umani». L'accusa che nessuno alla Nato vuole avanzare ufficialmente, ma che il governo di Bonn pronuncia con sicurezza, potrebbe essere la spiegazione più plausibile della strage di Korisa. TIn bilancio che si avvicina ai cento morti - secondo quanto dice Belgrado - tutti profughi di etnia albanese, massacrati, è l'accusa, da un bombardamento degli aerei Nato nella notte di giovedì. E' una storia che presenta ancora molti lati oscuri, quella della strage di Korisa. Di certo per ora c'è solo che quella notte, quando in Italia era l'ima e trenta di venerdì, dieci bombe in tutto hanno colpito la fabbrica di trattori vicino a Korisa che secondo la Nato rappresentava «un legittimo obiettivo militare», proprio nel luogo dove i serbi indicano la strage. E di certo c'è anche che questa volta non si tratta di un «danno collaterale», gli aerei non hanno sbagliato obiettivo, ma anzi miravano a quel «legittimo obiettivo militare», come dice il portavoce dell'Alleanza Jamie Shea, che pur esprimendo «il profondo rincrescimento per le vittime civili», smentisce in modo categorico che gli aerei abbiano usato ordigni a frammentazione. Un bersaglio militare, dice adesso la Nato, che nelle settimane precedenti era stato controllato diverse volte, anche con i riscontri dell'intelligence tanto che in quel luogo erano stati identificati almeno un mezzo corazzato e più di dieci pezzi di artiglieria. Giovedì notte - è il racconto fatto dal portavoce militare dell'Alleanza, il generale Walter Jertz - il pilota alla guida del primo F-16 diretto all'attacco del «campo militare e centro di comando» di Korisa osserva l'obiettivo - spiega la Nato -, chiede conferma del bersaglio e la riceve. Poi guarda nei suoi visori notturni e vede «sagome allungate» che sembrano corrispondere a quelle di veicoli militari. Soddisfatto di questa verifica lancia due bombe laser che colpiscono l'obiettivo, al- trattante fa fl suo compagno di squadra, al timone di un altro F-16. Pochi minuti dopo un bombardiere sgancia altri sei ordigni tradizionali. Ma che cosa ci facevano i civili in quello che doveva essere im obiettivo militare? A questa domanda la Nato non può naturalmente offrire risposte soddisfacenti, ma ha i suoi sospetti. Si trattava di scudi umani, messi là apposta dalle forze serbe per difendersi dagli attacchi? «Non possiamo confermare che in questo caso i kosovari fossero scudi umani - dice Peter Daniel, il "vice" di Shea - perché non abbiamo fonti indipendenti per dirlo. Ma se c'erano civili in quel campo multare, è difficile credere che ci fossero andati da soli. Qualcuno deve averceli portati, e non è certo la Nato». Kosovari di etnia albanese trascinati a forza per coprire le installazioni militari è insomma il sospetto che avanza l'Alleanza. E lo stesso Shea, in un'intervista alla Bbc, dice che «tra le vittime ci sarebbero anche dei militari serbi». Nei corridoi di Bruxelles gira anche un'altra voce che, se confermata, darebbe ragione all'Alleanza: quella cioè che dalla fabbrica di trattori di Korisa, proprio nella notte di giovedì, fossero partiti colpi di cannone. Ma nessuno, proprio nessuno, conferma per il momento questa voce. Più sicuro del fatto suo appare il governo di Bonn: secondo un portavoce del ministero della Difesa gli indizi raccolti a Korisa «ci danno parecchio da pensare» e di¬ mostrerebbero appunto come le truppe di Milosevic siano ricorse in questo caso, come secondo alcune testimonianze hanno già fatto in diverse occasioni, proprio all'utilizzo degli «scudi umani». Mentre la guerra continua - nelle 24 ore tra venerdì e ieri gli aerei Nato hanno compiuto 600 missioni - la diplomazia continua il suo lavoro. Domani saranno a Bruxelles, invitati dai ministri degli Esteri dell'Unione europea, sia il rrrinistro degli Esteri russo Igor Ivanov, sia il lea¬ der dei kosovari moderati Ibrahim Rugova. Proprio Rugova, in un'intervista al settimanale tedesco Focus, sembra lanciare un inaspettato salvagente a Milosevic. «Ho sempre detto che possiamo trattare con i serbi e con il loro capo». Questo proprio mentre in Occidente arrivano nuove testimonianze delle atrocità di Belgrado nei confronti dei kosovari. Ieri la Cnn ha mostrato le immagini riprese da un giornalista kosovaro che mostrano una collina coperta da 127 cadaveri. Domani a Bruxelles riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue con il collega russo Ivanov e il leader albanese Rugova La Cnn mostra le immagini riprese da un giornalista locale di un massacro serbo: una collina con 127 cadaveri

Persone citate: Ibrahim Rugova, Igor Ivanov, Ivanov, Jamie Shea, Milosevic, Peter Daniel, Rugova, Walter Jertz

Luoghi citati: Belgrado, Bonn, Bruxelles, Italia