In sauna coi Beastie Boys
In sauna coi Beastie Boys Tremila giovanissimi a Roma per l'unico concerto italiano In sauna coi Beastie Boys / rapper tra ironia e spiritualità Marinella Venegonl Inviata a ROMA Sono tre, sono bianchi e sono rappers. Hanno a che fare con la storia della musica popolare perché sono stati i primi, tredici anni fa nell'86, a far salire il rap al primo posto delle classifiche di véndita negli Stati Uniti, aprendo la strada a tutte le formazioni nere ancora oggi dominanti nei paesi di lingua anglosassone. In 13 anni è passato un secolo ma i Beastie Boys sono rimasti gli unici bianchi a cimentarsi nel genere in modo efficace; sono arrivati finalmente anche da noi l'altra sera per un unico e assai interessante concerto, al povero Palacisalfa di Roma, ennesima struttura italiana non adatta per la musica. Davanti a tremila persone immerse in una sauna di massa, hanno perfino rinunciato ai costumi di scena che si erano portati, per evitare di morirci dentro soffocati insieme con l'hip-hop. Strani sono loro, una specie di incrocio anche generazionale fra Jovanotti ed Elio e Le Storie Tese; e strano era il pubblico corso ad ascoltarli, rigorosamente sotto i 25 anni: ragazzi che erano mocciosi quando la formazione si mise insieme nell'ai e quando l'album d'esordio «Licensed to 111» vide la luce nel famoso '86; ragazzi evidentemente di sinistra ma anche, platealmente, di destra. I «Ragazzi Bestioline» trasmettono sensazioni forti nei loro testi problematici e carichi di ironia; volteggiando per il palco intorno a un totem fatto di una pila di televisori, espongono con mirabile coralità un'ispirazione hip-hop carica e densa. Al Palacisalfa si sono mostrati subito attentissimi a non suscitare fanatismo anche fisico con il punk indiavolato di «Sabrosa» che usciva dal palco già agli inizi: appena quelli di sotto hanno cominciato a pogare come dannati, hanno fermato la musica e si sono piantati sul bordo del palco implorando: «Non pogate, potreste ferirvi. Per favore non fatelo». Urla, applausi, e poi i tre hanno ricominciato, interrompendo una seconda volta solo per alzare con le mani uno striscione di stoffa con scritto a spray «Stop War», Basta alla Guerra. Si può essere educati e pacifisti e arrabbiati insieme, dunque. Gente così ce n'è una tonnellata e i Beastie Boys ne sono la prova concreta. Ma non è stato un concerto noioso di parole incomprensibili sparate alle cieca; i tre sono buoni musicisti e hanno introdotto strumenti live nel mix fin dal '92: con l'aiuto di un dj., di un tastierista e di un batterista dai capelli color semaforo, alternano il rap liscio con la lounge-music, e sanno far all'improvviso dondolare i fianchi che neanche Santana, con salsa e rock e puro pop e brani strumentali. E un gioco divertente di contrasti che non esclude spiritualità, come emerge anche dal loro ultimo disco «Hello Nasty», | che l'anno scorso li ha riportati al centro dell'attenzione dopo quattro anni di silenzio: interrotto però da varie iniziative, tra le quali un EP di 11 minuti dal titolo «Aglio e Olio». Nostri parenti. La formazione attuale dura dall'84; i tre si fanno chiamare Mike D. MCA e Ad-Rock e sono buonissimi amici della causa della libertà del Tibet: hanno partecipato più volte al Tibetan Freedom Concert e devoluto incassi di dischi e concerti. Forse m omaggio al caldo infame, il concerto di Roma si è chiuso con il brano «Sabotage». marivenetin.it Striscioni pacifisti e inviti alla calma inunpalazzetto torrido e gremito Due dei «Beastie Boys», unici bianchi a fare rap in modo convìncente, sono insieme da tredici anni Burt
Persone citate: Beastie, Freedom, Marinella Venegonl, Mike D. Mca, Nasty, Sabrosa, Santana
Luoghi citati: Roma, Stati Uniti, Tibet
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