Ceronetti, dolce eretico di Lorenzo Mondo

Ceronetti, dolce eretico Ceronetti, dolce eretico Critici e scrittori raccontano un predicatore senza pulpito Marco NalrotU TORINO quale famiglia assegnare questo ironico e apocalittico predicatore? «Ceronetti quasi sembra voler assumere, anche fisicamente, i tratti di un cataro errante», dice Lorenzo Mondo aprendo la presentazione dello Scrittore invisibile (Edizioni La Stampa). Dunque, un seguace del manicheismo, l'eresia "della dolcezza" sterminata fino all'ultimo credente «che aveva per dogma salutare l'irriducibile malià dl d gnità del mondo». Su Ceronetti scultore di parole sono stati scolpiti ieri ritratti e definizioni anche di versi e tutti calzanti. Mondo ha parlato del suo pessimismo confortato «da icone luminose che lo scrittore raccoglie nel trovarobato della storia e della cultura», di menzogne svelate e realtà ^tollerabili risarcite dalla pietà. Da un lato grandi figure di riferimento e insegnamento, dall'altro il lavoro di l l «un entomologo nel brulichio rivoltante di storia e cronaca, indagate con scrittura visionaria». Luce e buio sono tornati nelle parole di Francesco Biamonti, con uomini e mondo «creati da un demiurgo interiore sfuggito al re della luce». Ne esce il ritratto di un autore «offeso dalla realtà, ma che intomo ad essa instaura un canto melodioso». Tra citazioni letterarie e pittoriche tutto si gioca su una bipolarità («pastore nel deserto e contemplatore di una rosa») che non esclude la coerenza. Una coerenza scontata agli inizi. Guido Davico Bonino ricorda la fatica, a fine Anni '50, per. convincere un amico ad accogliere questa penna sferzante. Si aprì la porta di Stampa sera, poi quella della Stampa. Dice il critico: «Guido è come Frutterò e Lucentini: se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Sono eccezioni in questo panorama». Poi tratteggia il moralista, il predicatore, il solitario scontroso, l'apocalittico. E sottolinea l'altro Ceronetti, quello del non detto: al disamore per la vita corrisponde un amore profondo, al fastidio per il disordine del mondo il rimpianto per un cosmo ordinato. In quel disordine per Ceronetti rientra anche il fumo. E Carlo Frutterò lo rimprovera: «Lui sa che quella del fumo passivo è una credenza di tipo medievale». Ben altre verità gli attribuisce, ricordando la Londra che leggeva da ragazzo attraverso Oscar Wilde. tutta palazzi ed eleganza, in contrasto con quell h li lò qla che gli svelò Jack London, tutta miasmi e miseria e prostituzione giovanile: «Pensai che le donne di Wilde avessero una ghiandola che le aiutava a non vedere quello schifo. Quella ghiandola schizofrenica l'abbiamo tutti e Guido la scardina. Hai bisogno di non vedere, per sopravvivere, e arriva lui a farti vedere. E ha sempre ragione». Ci scherza su: «Mangio una bistecca, i h d lunenie mi piace». gleggo Ceronetti e dico: oh Madonna mia. So che ha ragione ma a me il filettino piace». E dal bestiame d'allevamento alla miseria delle favelas la cattiva coscienza Guido avverte, ricorda, reclama indignazione e sollecita speranza. E lui, Ceronetti? Ascolta e commenta: «Ho sempre pensato di lavorare senza rete. Non mi è mai capitato di precipitare e sperimentare come ci si sfracella. Adesso, con queste testimonianze, so di avere una rete e quindi mi butterò di più». Quanto al ruolo di predicatore, dice di essersi formato sui testi che traduceva e di averli fatti suoi. Ricorda che proprio un predicatore francese del '400 nelle Fiandre si paragonava a quelle banderuole in ferro battuto con un gallo in cima: «Non ho mai amato i pulpiti ma mi da fastidio vederli deserti e essere un gallo che veglia su un tetto qua- Guido Ceronetti

Luoghi citati: Londra, Torino