Sopri, carcere e ironia di Giuliano Ferrara

Sopri, carcere e ironia Sopri, carcere e ironia Giuliano Ferrara e la Maraini presentatori di «Piccola posta» TORINO DEL bambino che piange sul pavimento stretto della cella e si attacca al corpo penzolante di sua madre si può solo immaginare: molto peggio che vedere». Elisi rallenta, poi si frantuma la voce di Leila Costa che legge pagine del libro di Adriano Sofri - Piccola posta - che Sellerio ha appena pubblicato e che l'attrice presenta alla Fiera con Giuliano Ferrara e Dacia Marami in un incontro moderato da Gigi Riva. Ci sono la compagna e i tìgli di Sfri d lt Sofri ad ascoltare una storia che loro ben conoscono che Ferrara riassume per il pubblico: «Visti i suoi viaggi e il suo impegno in tanti paesi difficili, volevo che scrìvesse, allora per Panorama, delle lettere dall'estero. Ero e sono convinto della sua innocenza. Invece è entrato in carcere. Gli ho chiesto di scrivere lo stesso, da li. E la posta che ha continuato a inviare raccolta in Lib è d questo Libro è un dolore». Da memorie di viaggio a minuzie della quotidianità (lentie, e oltre le sbarre fino ad osservazioni dal sapore d'aforisma, in questi scritti spesso ironici, paradossalmente allegri, Dacia Maraini individua una natura letteraria più che giornalistica, un tempo vissuto e uno narrato: «In carcere il tempo è più lento, meditativo, è possibile lavorare sulle parole e farle crescere, anche giocarci sopra». Cita l'angelo custode che nel cortile della prigione cade e si spezza una gamba, costretto così ad arrancare dietro U suoprotetto: «E' un racconto, come lo sono altri, dotati di una grande grazia verbale». Ma non siamo nella fuga, nella fantasia che fa idealmente superare la condizione di detenuto. Al contrario: «Così come c'è il tema del sogno, ci sono le piccole angherie, fighe prima ancora che di sadi- sino di pura idiozia burocratica, come il divieto di ricevere lo Zibaldone di Leopardi, perché sconosciuto a chi deve autorizzare e perché ha una pericolosa copertina rìgida». Esplorando da narratrice i contenuti, la Maraini sottolinea scene di vita carceraria «che fuori è difficile capire», come avviene nel rapporto con gli ammali, con il recluso che trova e cura un passerotto ferito e se lo vede portar via durante una perquisizione, con dolore del carcerato e morte per l'uccellino. Leila Costa legge la lettera che ricorda un viaggio in Polonia, la ii i gvisita a un ospizio di stato per anziani ebrei, a Cracovia: «Era la loro ora di cena, ci fermammo alla loro tavola. Uno mi chiese, senza tirare su il viso dal piatto "Sei ebreo?". "No", risposi. Stettero zitti per un po'. Poi, sempre senza alzare la testa, quello disse: "Fai bene a dire di no"». Risata e memoria dolorosa sono fuse. L'attrice l'aveva detto prima: «Tutto tra emozione e ironia». E a sua volta le unisce nel dirsi «stufa marcia di questa pervicacia di ingiustizia», timorosa «di portargli sfiga» nel parlare spesso di lui, commossa nella lettura. Lettura di una «piccola posta» che Ferrara si dice testardamente convinto di riprendere in altro modo, in altro luogo, fuori dal carcere, ancora opinioni diverse dalle sue: «C'è un dovere di ospitalità prima di tutto, Ospitando un fautore di diritti civili e dargli voce piena è battaglia per i diritti civili, una piccola gloria per un piccolo giornale». Conclude il direttore del Fòglio : «Queste lettere già si sono rivelate utili: apri Repubblica e leggi Mario Pironi che, da dubbioso, trova certezza di innocenza in chi scrive con una tale dose di sincerità e umanità, parlando in modo così limpido di sé». [m. n.J Adriano Sofri

Luoghi citati: Cracovia, Ferrara, Polonia, Torino