Un rebus per i comunisti

Un rebus per i comunisti LE GRANDI MANOVRE DIETRO LE QUINTE Un rebus per i comunisti Silurare il governo o zar Boris? analisi Giulietta Chiesa SEMBRA una lotteria, o un intrigo. Comunque un giallo. Che potrebbe finire col morto, anzi coi morti. Oppure no. L'ultima sorpresa, ieri, prima del match decisivo di oggi, quando si voterà per decidere se «impicciare» il presidente Eltsin. Corrono voci che, se Eltsin verrà messo sotto accusa, la maggioranza di sinistra della Duma potrebbe «lasciar passare» il nuovo primo ministro. Così impedirebbe a Eltsin di scioglierla. Insomma i deputati ostili a Eltsin preferirebbero portare avanti il processo contro di lui, piuttosto che affondare il governo di Stepascin e, come i filistei, cadere assieme a lui nei gorghi di una crisi isti¬ tuzionale molto oscura. Ma tutti si chiedono anche che ne sarà del processo d'impeachment, anche se oggi su almeno uno dei cinque capi d'accusa si raggiungessero i 300 volti necessari. La seconda e terza tappa prevedono il giudizio della Corte Suprema c quello della Corte Costituzionale. Entrambe sono controllate dal presidente. Pensare che egli non eserciti le necessarie pressioni è cosa di estrema ingenuità. Quindi ai può essere quasi certi che l'impeachment si fermerà a questo stadio e non raggiungerà il Consiglio della Federazione. Tribunale finale, che dovrebbe anch'essa decidere, entro tre mesi massimo, a maggioranza di due terzi. Tutto così semplice? Non pare, visti i disperati sforzi che l'entourage presidenziale sta facendo per impedire che l'impeachment vada in porto. Cioè arrivi fino alla ca¬ mera alta. Il settimanale «Vlast» (Potere), dell'autorevole «Kommersant», racconta che la figlia di Boris Eltsin, Tatjana Diacenko, avrebbe promesso a Vladimir Zhirinovskij la quota di controllo del pacchetto azionario di Transneft, la società statale che controlla gli oleodotti. Visto 1 impegno con cui Zhirinovskij e i suoi deputati hanno cercato di trasformare in farsa la discussione di ieri, si direbbe che una promessa cospicua dev'esserci stata. Lo zelante capo del partito «liberaldemocratico» ha anche dichiarato di essere pronto ad appoggiare il governo Steposcin. Non è che tutti i deputati siano comprabili come al mercato. Ma molti lo sono. Questo spiega perché i comunisti, che non si fidano neanche di se stessi, imporranno la votazione nominale palese. Così tutti saranno in vista e non potranno dire bugie. Gli elenchi dei votanti saranno pubblicati dai giornali e i reprobi non saranno rieletti. Ma il pericolo non si nasconde soltanto tra i seggi della Duma. Si narra, con dovizia di particolari, che emissari del presidente abbiano fatto la spola tra Mosca e numerose regioni, promettendo ai senatori locali prebende, rielezioni, future promozioni e onori. Al presidente del Tatarstan, Shaimiev, sarebbe stata promessa l'esenzione dalle tasse per l'esportazione di petrolio. Sono miliardi di dollari. Al presidente del Consiglio della Federazione, Egor Stroev, che è anche governatore di Oriol, arriverebbero miliardi di rubli di sussidi agricoli. Al presidente della repubblica di Jakutia-Sakha, Nikolaev, da tempo in lotta con il centro perché vorrebbe tenersi l'oro e i diamanti che abbondano nel suo sottosuolo, è stato promessa una ricca quota di gestione autonoma. Altri miliardi di dollari. Unu pioggia di beneficenza che sta per affluire o nelle tasche di molti governatori, o nelle loro campagne elettorali, il che è quasi la stessa cosa. Uel resto non se ne fa mistero. Proprio il giorno del licenziamento di Primakov il capo dell'amministrazione presidenziale, Aleksandr Voloscin, ha detto chiaro che presidente e governatori «devono lavorare assieme per dare il massimo aiuto alle forze democratiche nelle prossime elezioni parlamentari». Cioè a se stessi. Basta per rabbonire piti di un terzo dei 178 senatori? Nessuno lo può predire con esattezza. Ma allora in cosa sperano i comunisti della Duma? Possono solo perdere, di nuovo, in ogni caso. Per cui, a lumi! di logica, una volta inflitto a Eltsin lo schiaffo dell'impeachment, dovrebbero bocciargli anche il premier designato. A maggioranza semplice. E questa ce rhanno. Ma ò un sentiero pieno di buche, dove ci si può rompere non solo una caviglia. Il presidente della Duma Gennadi Seleznyov

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