«Sono bombe Noto, diteci la verità»

«Sono bombe Noto, diteci la verità» «Sono bombe Noto, diteci la verità» Ipescatori: ne abbiamo trovate più di 200 reportage Fabio Polnttl invialo a CHIOGGIA C'è una guerra mai dichiarata al largo di Chioggia, di Caorle, di Jesolo, di Pelltìstrina e di Venezia. Una guerra che arril va dal cielo, sotto forma di cilindri gialli lunghi trenta contini..ari e larghi sei. Una guerra che l'Impero, il Vegliardo, lo Stella Zennaro, il Ronaldo, il Gurra, l'Oceania, l'Audace e gli altri pescherecci da un giorno fermi lungo la Riva vena e il Canale Lombardo qui a Chioggia, possono solo perdere. «Ma cosa aspettano quelli della Nato ad ammettere cho sono bombe loro... Non sono bastati i feriti di lunedì scorso, non sono bastate le duecento bombe a grappolo che abbiamo pescato giovedì», è più che arrabbiato Germano Uboldi, capitano dell'Annarita, 600 tonnellate di stazza, otto uomini di equipaggio chissà fino a quando a braccia conserte e ieri nemmeno un sarago, un'acciuga, fosse anche una tellina a riempire le stive. «Non possiamo escludere che le bombe siano nostre, ma dobbiamo aspettare i risultati dell'inchiesta interna per esserne certi», giocano ancora con le parole ai comando Ataf di Vicenza e allo Shape di Bruxelles. «Se sono nostre, vuol dire che sono state sganciate di. un caccia in difficoltà di ritorno dalla Serbia, con l'intenzione di evitare danni più gravi», ammette quello che può il maresciallo Francesco Baroncini, il portavoce Ataf in missione ieri ad Aviano, cuore delle operazioni militari contro Milosevic, top secret e porte chiuse sui successi militari, figuriamoci sulle bombe sganciate nel Garda, sulle montagne sopra Vicenza o nel mare Adriatico. «Cho siano bombe di fabbricazione americana non ci sono dubbi, ce lo confermano i periti», ammette il magistrato veneziano Matteo Stuccilli, sul tavolo le relazioni dei periti sulle Blu '97, ordigni made in Usa costruiti solo due anni fa, in dotazione agli aerei FI 6, FI 8 e FI 17 di Bill Clinton e pure ai Sea Harrier di Tony Blair. «Le indagini per adesso sono contro ignoti, vedremo quali reati configurare», non si sbilancia nelle ipotesi il magistrato, davanti a sé un ventaglio di reati contemplati dal codice, dalle lesioni gravissime già contestate dopo il ferimento dei tre pescatori lunedì scorso, al più grave reato di strage. «Comunque in mare non ci usciamo più, meglio rinunciare alla paga che alla vita», mastica la rabbia .e il toscano il marinaio in tuta bianca della Santa Chiara, mentre con l'ago di legno rammenda le reti verdi e asciutte. Reti uguali a quelle del peschereccio Profeta, quello che lunedì scorso ha fatto il pieno di «cluster», bombe a frammentazione in dotazione alla Nato, modello Blu 97, buone per frantumare una pista di aeroporto, per far fuori un gruppo di serbi. O qualche pescatore, come il dimmi Zennaro che si trova ancora all'ospedale di Mestre. «Avevano detto che con tutta probabilità si trattava di residuati bellici? Che non c'era da allarmarsi? E io sono andato a prenderle», racconta la sua sfida Doriano Scarpa, il comandante del Gurra, che giovedì ha riempito le reti di bombe a frammentazione, almono 200 secondo gli artificieri in attesa di farle brillare. «Non è stato un gioco, ma non vogliamo più essere presi in giro», giura il capitano, il primo a lanciare l'allarme via radio su quel grappolo di bombe a venti miglia dalla riva, a trenta metri di profondità. «Quelle bombe sono state recuperate a 45 gradi di latitudine, 12' e 30" di longitudine. C'è massima allerta, aspettiamo i dragamine che dovrebbero entrare in funzione già domenica», assicura Giuseppe Spinoso, comandante della capitaneria di porto di Chioggia, assediato nel suo fortino in riva al mare aporto dove non si vede nemmeno una barca. «Devono stare attenti anche i sub», ammonisce, ricordando le gite sott'acqua al largo di Toscolano sul Garda, dei som. mozzatoli alla ricerca dei sei ordigni sganciati da un F16 in difficoltà e da settimane in fondo al lago. «Voglio vedere se cambia il tempo, se il mare si fa grosso, se gira il vento, se quelle bombette non ce le troviamo anche a riva», guarda al mare per fortuna liscio e al cielo un po' gri¬ gio, il marinaio in maglietta verde appoggiato al peschereccio Carlo Alberto II, deserto se non fosse per i gabbiani che gli girano in testa, a volteggiare sulla torre' radar spenta. «Voglio vedere, se succede qualcosa...», aggiunge quasi per scaramanzia, il mare avanti deserto, le barche che costano anche a tenerle ferme, le trattenute sulle paghe e quei 50 miliardi per danno bellico a cui nessuno crede, chiesti dalle associazioni dei pescatori. «Io non lo so se sono bombe americane, finlandesi o russe. Ma vogliamo sapere quante ne sono state sganciate e dove. Perché se ne hanno trovate duecento, vuol dire che ce no sono altre mille», racconta il sindaco di Chioggia Fortunato Guarnieri. «Al largo sono spuntate le bombe, prima c'era solo del pesce. Sarà un caso, ma da quando ci passano sulla testa gli aerei che da Aviano e Istrana vanno verso Belgrado, i pescatori non fanno altro che trovare bombe...», racconta, il. sindaco, assicurazioni dal pre¬ fetto, interessamento dai carabinieri, nemmeno una telefonata dal comando Nato di Vicenza. «Mai sentiti, hanno troppo da fare con la guerra», la butta sul sarcastico il sindaco, un Eugno di feriti, duecento bome e la marineria ferma senza nemmeno una dichiarazione ufficiale di belligeranza. «Chissà se hanno almeno tem- So di guardare la televisione, i osservare che le nostre bombe gialline sono così uguali a quelle che tirano sui ser- bi...», giurano i marinai fermi davanti al bar Vittoria, tenda blu e tre tavolini, Riva Vena affollata di barche ferme, anche quelle da diporto, che vanno su e giù per la laguna a pescare vongole e telline. «Al largo di Pellestrina non si può andare perché ci sono le navi dei guardacoste che vigilano sulle reti ancora piene di bombe da far brillare del Gurra, del Ronaldo del capitano Elvi Rosteghin, del Mercedes...», raccontano i pescatori davanti all'«ombreta» di rosso. «In alto mare, in quella zona dove il Doriano ha trovato le bombe, non vogliamo andare perché è troppo pericoloso», dice un altro. E se la prende con gli americani, con il mare che diventa una pattumiera anche per le bombe, con una guerra che sembra lontana quando si guarda alla televisione, ma pericolosamente troppo vicina quando si va a pesca, con le reti che si riempiono di tutto. La Madonnina di gesso sotto vetro, su un angolo di casa che guarda ai canali, è zeppa di fotografie ingiallite. Sono quelle dei marinai morti nei loro letti, in ospedale, qualcuno in mare. Su un foglietto c'è scritta a mano una preghiera, che raccoglie i versetti dal Vangelo di San Matteo 4,35. Dovesl ricorda di Gesù, che invitava tutti ad attraversare il mare, a oltrepassare le sponde. «Di là dal mare, ci sono le bombe e la Serbia», racconta un marinaio, mentre armeggia attorno ad una barchetta che si chiama Due fratelli, classe 1925. «Sul mare adesso ci sono solo gli aerei che vanno e vengono e ci sganciano le bombe in testa. Da un mese li sentiamo, tutte le notti...», racconta mentre guarda la sua barca, ferma come le altre trecento davanti al mare liscio come un olio per quella guerra mai dichiarata che arriva dal cielo. LA RABBIA AL LARGO DI CHIOGGIA PER UNA GUERRA MAI DICHIARATA «Ci avevano detto che erano residuati bellici: non vogliamo essere presi in giro» «Adesso in mare non usciamo più, ma se cambia il tempo ce le troviamo a riva» Un aereo F16 usato dalle forze Nato per I bombardamenti su Belgrado A destra: le bombe pescate a Chioggia «Il mare qui è diventato una pattumiera e le nostre reti si riempiono di tutto I feriti di lunedì non sono bastati»