La strana festa di Parma di Franco Badolato

La strana festa di Parma Dal trionfo alla fuga La strana festa di Parma Franco Badolato inviato a PARMA I primi ad applaudire i giocatori del Parma reduci da Mosca sono stati i dipendenti dell'aeroporto Marconi di Bologna. «Grazie per averci vendicato, che gioia ad ogni vostro gol al Marsiglia». Poi, oltre duemila fans gialloblù hanno atteso la squadra allo stadio Tardini. Capitan Sensini e i compagni si sono passati la Coppa ad uno ad uno, nel tripudio generale. Infine, nella sede di Collecchio, sono arrivati i complimenti del padrone, Calisto Tanzi. «Una Coppa Uefa come quella di quest'anno vale una Champions League, dal momento che abbiamo incontrato tutte le più forti squadre europee». Il patron ha «versato» nella Coppa il suo speciale e atteso premio, 3 miliardi e 800 milioni da dividere fra Malesani, i dirigenti e i calciatori. Ma la notte magic, allo stadio Luzhniki, le feste in piazza Garibaldi a Parma, non bastano a cancellare la sensazione di disagio che si avverte all'interno della squadra. Il contrasto è netto, evidente. Da una parte c'è l'enorme soddisfazione personale di Malesani, dall'altra quasi un pronunciamento di molti tra i giocatori più forti: «Se ci chiamano altrove perché non dovremmo andarci?». Insomma, mentre Malesani «conquista» Parma e la sua tifoseria insieme con il vertice societario all'unanimità, Veron, Thuram, Crespo e Baggio mettono le mani avanti. «Se smantellano la squadra perché proprio io dovrei restare?» sostiene, e non è solo una battuta, Enrico Chiesa. Malesani blocca la «fuga» dei suoi: «Un gruppo che ha vinto tanto non va cambiato. Basta riassestare qualcosa, compiere qualche ritocco. Si devono perfezionare i metodi di lavoro, per ottenere un rendimento migliore anche in campionato. 1 grandi cicli nascono dalle grandi vittorie. Firenze e Mosca ci devono spingere verso altre avventure. Ma Parma non deve essere assillata dallo scudetto. Continuando così, serenamente, ci arriveremo. Aver vinto due coppe in una settimana ci dà morale, ci fa capire che nessun traguardo è precluso, ora che la comprensione (messaggio a Veron con il quale il feeling è sempre stato scarso? ndr), dopo alcuni problemi, è diventata reciproca». Il problema è capire fino a che punto è realistica la «fuga dalla vittoria». Dice Crespo: «La squadra, per vincere lo scudetto, non può perdere gente come Veron, o Thuram. Io aspetto gli eventi. So che Ancelotti mi stima ma ciò non vuol dire che andrò alla Juventus. Una cosa è certa. Se mi chiamano, ascolto che cosa hanno da dirmi. Non posso dimenticare che quanto sto raccogliendo con Malesani è il frutto di quanto seminato da Ancelotti. Senza la fiducia dell'attuale tecnico juventino ora non sarei a Parma ma in Argentina o in Spagna. Adesso, invece, se dovessi andare via so che resterei comunque in Italia». Il francese Thuram ammette: «L'Inter mi vuole, è vero. Io devo valutare tante cose, nel calcio non si può mai dire nulla». E, dal gruppo, si stacca persino la voce del terzo bomber di Coppa, il neo titolare Vanob: «Vorrei restare ma a patto di poter giocare un po' di più». Michele Uva, direttore generale: «Non ci pensiamo nemmeno a smantellare». E allora che cosa bolle in pentola? Da che cosa dipendono tutti questi brusii che si levano dal gruppo? Il dirigente butta Ir. «Noi paghiamo in stipendi quasi un terzo meno di Milan, Inter e Juve». Ma Calisto Tanzi avrà voglia di ritoccare qualche ingaggio? Solo Dino Baggio non parla. Forse lui sa che la sua storia con Parma è al capolinea.