«Pola X», sesso e distruzione di Lietta Tornabuoni

«Pola X», sesso e distruzione «Pola X», sesso e distruzione In «Kadosh» un amore disperato tra gli ebrei superortodossi Lietta Tornabuoni inviata a CANNES Si vede per la prima volta nudo il petto di Catherine Deneuve, pesante ma bello per una donna di sessantanni, in «Pola X» di Leos Carax: il nome «Pola» consta delle iniziali del titolo francese del gran romanzo che Herman Melville cominciò a scrivere nel 1851, «Pierre ou les ambiguités» da cui il film è tratto. Si vede una bellissima scena d'amore carnale, una scena impressionante in cui una giovane coppia nuda sembra nuotare nel sangue. Si vedono le immagini di povertà, di malattia, di squallore, di carni pestate e ambienti sordidi pre¬ dilette dal regista francese quarantenne che era rimasto otto anni senza lavorare dopo l'insuccesso de «Gli amanti del Pont-Neuf». «Pola X» suscita irritazione per il suo carattere velleitario e alla moda, suscita ammirazione per la sua sincerità intensa e per lo stile. Nella vita di Guillaume Depardieu, giovane scrittore borghese fortunato e ricco che vive in Normandia con l'amatissima madre Catherine Deneuve e sta per sposare l'amata bionda Delphine Chuillot, irrompe repentinamente Katerina Golubeva, una ragazza d'aspetto cadaverico che dice d'essere sua sorella. L'incontro porterà il protagonista a un'altra coscienza del mondo, a mescolarsi con l'universo sotterraneo dei miseri, a conoscere i luoghi dove essi sopravvivono e un gruppo d'artisti di Wild Music a scrivere di slancio un libro che dovrebbe racchiudere tutte le verità e che contiene soltanto ingenuità e plagi, a perdersi. La ragazza, che è inizialmente occompagnata da una donna e da una bambina, ha un forte accento dell'Est (in questi anni Carax è andato spesso nei Balcani in guerra): si può pensare a una parabola sul benessere occidentale portato all'autodistruzione dalla pietà per i profughi, dall'assedio degli affamati. Si può pensare che le elezioni in Israele del 17 maggio, e il peso che in esse avranno i gruppi religiosi integralisti, gli ebrei ultraosservanti di destra, rendano molto attuale «Kadosh» (Sacro) di Amos Gitai. Il film più interessante che bello analizza non soltanto antropologicamente a Gerusalemme, nel quartiere Mea Shearim che ospita gli ebrei superortodossi, attraverso la vicenda di due sorelle, una ripudiata dall'amato marito perché non ha avuto figli e l'altra sposata per forza a un uomo che non ama, una rassegnata sino alla morte e l'altra ribelle sino alla fuga, le imposizioni e costrizioni della religione rigorosa sulle donne. Per questi gruppi superortodossi, le donne sono creature inferiori («Sii benedetto, Dio eterno, per non avermi fatto donna», è una preghiera); esistono soltanto per mettere al mondo figli, «nuovi ebrei», e per lavorare così da permettere ai mariti mantenuti di studiare la Torah; la sterilità è per loro una maledizione; non possono tentare l'inseminazione artificiale né far esaminare il liquido seminale del marito per vedere se la sterilità risale a lui; non possono denudarsi e al momento del matrimonio debbono tagliarsi i capelli. Questa visione delle donne malauguratamente si ritrova in altre religioni, mentre le esortazioni politiche («Riaccendete la scintilla del giudaismo») suonano direttamente insidiose per lo Stato laico e per la società civile di Israele.

Persone citate: Amos Gitai, Carax, Catherine Deneuve, Delphine Chuillot, Guillaume Depardieu, Herman Melville, Katerina Golubeva, Leos Carax, Wild Music

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele