Nell'aula deL dolore un assente: Bilancia

Nell'aula deL dolore un assente: Bilancia Nell'aula deL dolore un assente: Bilancia // pm: la sua confessione non costituisce la principale prova Brunella Giovara Inviato a GENOVA «Arriva, arrivai». Ma chi? «Il mostro. Dicono che è appena arrivato a palazzo di giustizia. Lo stanno portando giù». Non è vero. Mentre si apre la pi ima udienza in Corte d'Assise, il serial killer Donato Bilancia sta facendo flessioni nella palestra del carcere di Chiavari. L'aveva detto e scritto: «Non ci vengo, non ho il coraggio di guardare i parenti delle vittime». Ma loro sì, lo volevano guardare bene, l'assassino di madri, padri, sorelle, figli: ieri mattina c'erano praticamente tutti, a dichiarare «voglio vederlo in faccia, quell'animale» (con le varianti «bestia», «porco», «disgraziato», e anche «lavativo»). Bilancia li ha delusi tutti, compreso un gruppetto di amici e amiche fedeli, compagni di bisca e di scorribande notturne, arrivati in pompa magna per vedere il vecchio Donato, alias Walter, diventato famoso per 17 omicidi, due tentati omicidi, rapine, e ima manciata di altri reati. Dice un anziano transessuale: «Giocava forte, perdeva quasi sempre. Ma era simpatico». «Entra la corte». Tutti in piedi davanti ai giudici popolari, al presidente Loris Pirozzi, al giudice a latore Massimo Cusatti. A rappresentare l'accusa, il pubblico ministero Enrico Zucca e il procuratore di Genova Francesco Meloni. Sul banco a fianco il pool della difesa: Umberto Gara venta, presidente dell' Ordine degli avvocati di Genova, e i suoi assistenti. Dietro, una trentina di toghe che rappresentano le parti civili. E i parenti. Il marito dell'infermiera Elisabetta Zoppetti, che mostra una cornice d'argento con la foto della moglie. Il fratello di Maurizio Parenti (ucciso con la moglie Carla), che non toghe mai gli occhiali neri e ripete a chiunque gli metta un microfono sotto il naso «secondo me non era solo. Ci sono dei complici ancora da scoprire. Comunque, spero che abbia il coraggio di impiccarsi in cella». C'è il padre di Parenti: «Bilancia è sano di mente, altroché. E sapesse quante volte andava a cena con mio figlio...». Annarita Corni è la sorella di Enrico, cambiavalute di Ventimiglia ucciso il 20 marzo del '98: «Deve restare in galera per sempre. Lo dico per mio fratello e anche per gli altri sedici: sbagliare è umano, perseverare è diabolico». Nella fila dietro, due donne nigeriane: Jessica e Helen, sorella e zia di Evelyn Edoghaye, giovane prostituta uccisa da Bilancia con la solita Smith & Wesson calibro 38 special. La zia: «Lo odio». La ragazza: «L'ha ammazzata senza un perché. Evelyn era una brava persona, era venuta in Italia per lavorare». Jessica è stupita: «Ma sono tutti così i vostri processi? C'è anche la televisione, sembra una festa, un circo». Un circo, appunto. Una batteria di telecamere, un plotone di fotografi, truppe scelte a caccia di interviste, avvocati che si aggiustano la toga per la diretta, forze dell'ordine che presidiano gli ingressi e intimano l'alt a chi non ha il «pass». Si suda, sotto i riflettori, e il calore mette a rischio il trucco di Luisa Ciminiello, in tailleur panna e occhiali neri. La signora è scampata a Bilancia per caso: ora si sventola distrattamente la faccia con il decreto di citazione, ma con una voce bassa e roca sussurra «sono l'unica che non lo vuole più rivedere. Ho avuto il trauma, io. Ancora adesso, ogni volta che vedo un uomo infilare la mano in tasca, penso che tiri fuori la pistola». Il trauma risale al 3 aprile, Bilancia andò a trovarla nella casa di Sanremo dove lei riceveva i eli enti. La fece inginocchiare, lei pensò a tutto meno che a vedersi una pistola puntata alla tempia. Fu salvata da uno squillo di campanello, forse un altro cliente, «forse la provvidenza». Così, mentre il grande assente Bilancia segue comodamente l'udienza trasmessa in diretta da Primocanale (senza però rinunciare a seguire le elezioni del Presidente della Repubblica) in aula si inizia. Questioni preliminari da sbadiglio, lettura dei capi di imputazione, poi tocca al pubblico ministero: «Sono delitti orribili, che non vorremmo mai aver visto, che temiamo di vedere. Bilancia ha confessato, ma la sua confessione non costituisce la principale prova del processo, e va comunque valutata, anche se rimane come valore fondamentale» Spiega il dottor Zucca che l'imputato ha fatto una ricostruzione precisa, perfettamente cronologica dei suoi delitti. Ricostruisce le indagini. A partire dall'omicidio della prostituta Evelyn, simile per modalità a quello di un'altra prostituta uccisa, Stela Truya. E simile a quello di Ludmila Zubckova, morta anche lei con un colpo alla nuca. Poi ci fu il doppio omicidio di Novi Ligure, i due metronotte Randò e Gualillo uccisi da «un uomo che guidava una Mercedes». Un uomo che aveva sparato anche al viado appena caricato sullo stradone: John Zambrano, alias Julio Castro, alias Lorena, sfuggito al colpo di grazia che Bilancia voleva sparargli. Ieri in aula non c'era, Lorena. Verrà a testimoniare, ma ha già chiesto di essere protetta da un paravento, cóme si fa con i pentiti di mafia. Ha paura, fece lei il primo riconoscimento di Bilancia appena arrestato. Prima del suo «è lui», c'erano resti di proiettili, tracce biologiche rilevate sui cadaveri, un identikit che faceva venire in mente l'attore Jean Gabin, e poco altro. Su questi elementi lavorarono i carabinieri del nucleo operativo di Genova e i colleghi della «scientifica» del Cis di Parma. Cucirono insieme i frammenti, arrivarono ad un nome. Infine lo presero, una mattina di maggio. Quella mattina Bilancia fu quasi contento dell'arresto. Pensava di suicidarsi, aveva finito i soldi, si sentiva seguito, forse non ne poteva più. Diciassette omicidi sulle sue spalle di ladro, rapinatore, biscazziere con manie di' grandezza e smanie di eleganza (lo chiamavano «il damerino», a lui faceva tanto piacere sentirselo dire dalle sue donne). Voleva diventare qualcuno, fare il salto di qualità, vendicarsi dei torti subiti, fargliela pagare a tutti. E allora, dopo l'avventura di Novi Ligure aveva ancora ucciso la prostituta Kristina Valla, l'infermiera Zoppetti sull'Intercity La Spezia-Venezia, la baby sitter Maria Angela Rubino sul locale per Ventimiglia L'ultimo colpo, per il benzinaio Mileto, che non voleva dargli la cassa. Solo dopo le indagini portarono anche a collegare al suo nome i doppi omicidi Parenti-Scotto e Solari-Pitto. E le uccisioni del metronotte Canu, e dei due cambiavalute di Ventimiglia, Luciano Marro e Enzo Corni. Quando «il vecchio Walter» iniziò a confessare, saltò fuori anche la sorpresa: un «non delitto», come l'ha definito il pubblico ministero. L'uccisione di Giorgio Centanaro, un caso archiviato frettolosamente come morte naturale. Il movente: «Centanaro era gestore di una bisca clandestina frequentata da Bilancia», eh aveva fatto uno sgarro, Bilancia l'aveva eliminato. Così si fa, nel mondo di Bilancia. Un pazzo, collezionista di cadaveri in giro per la Liguria? Per la pubblica accusa è capace di intendere e volere. Per la difesa no. L'avvocato Garaventa ha annunciato che presenterà richiesta di perizia psichiatrica. Ha parlato di «una psiche malata», di una storia famigliare disgraziata, di incidenti che possono averne danneggiato l'equilibrio mentale. L'unica battaglia, in questo processo, sarà proprio sul cervello del «damerino». Il viado Lorena pronto a testimoniare Ma vuole essere protetto da un paravento La difesa chiederà la perizia psichiatrica La sorella di una prostituta uccisa «Ma sono così i vostri processi? C'è anche la tv sembra una festa un circo» «Secondo noi non era solo, ci sono complici ancora da scoprire. Lui? Speriamo che abbia il coraggio di impiccarsi» Sopra Bilancia. A fianco l'aula