Ritorsione
Ritorsione Ritorsione Anche per gli italiani l'obbligo del visto BELGRADO. Dopo cinquantuno giorni di guerra cade l'ultima delle «particolarità» che la Jugoslavia riservava al vicino italiano: da oggi anche por noi l'ingresso nel territorio della Federazione richiederà un visto. Il governo federale l'ha deciso ieri a Belgrado durante una riunione dedicata a temi economici. Un breve comunicato fa sapere che la misura è stata presa non solo in chiave di reciprocità, ma anche «per regolamentare l'ingresso di cittadini di un Paese che partecipa attivamente all'aggressione». In realtà però la decisione appare molto meno drastica di quanto il tono del comunicato lasci intendere. La misura non è valida né per i diplomatici né per gli uomini d'affari che abbiano già particolari legami con la Federazione. In sostanza, per il momento sarà applicata solo ai giornalisti che chiedessero di entrare in Jugoslavia ed ai volontari che collaborano a programmi di organizzazioni umanitarie. In qualche modo il libero ingresso degli italiani nel territorio federale rappresentava un'anomalia. Fino a due anni fa ciascuno dei due Paesi prevedeva il Ubero ingresso per i cittadini dell'altro, ma poi l'Italia aveva dovuto adeguarsi alle clausole del trattato di Schengen: la Jugoslavia aveva evitato di applicare il medesimo trattamento per non bloccare quel che restava degli scambi commerciali col nostro Paese. Con strano sincronismo proprio ieri ventotto nazioni, di cui quindici della Comunità Europea, hanno aderito ad una sorta di «bando» emesso dalle Nazioni Unite. Da lunedì prossimo per trecento persone della nomenklatura jugoslava sarà praticamente impossibile lasciare il Paese a meno di dirigersi verso Russia, Cipro, Norvegia, Slovacchia, Liechtenstein o repubbliche africane. Tutti gli altri Paesi occidentali hanno accolto la decisione di non rilasciare visti non solo a Milosevic e a tutta la sua famiglia ma neppure a ministri, por tavoce, direttori di fabbriche e di giornali, banchieri e uomini d'affari legati al regime. Il lungo elenco comprende anche alcuni dei vcrti ci militari di Jugoslavia, come il generale Dragoljub Ojdanic, capo dell'esercito, o Geza Farkas, da due mesi responsabile deU'«intelligence» dell'Armata. Il lungo elenco mostra anche qualche stranézza: per esempio, le presenze fra i «cattivi» di Bogoljub Pejcic, capo redattore del «Srpska Ree», settimanale di ViiDraskovic, o di Tatjana Lenard, capo del settore esteri alla tv di Stato.
Persone citate: Dragoljub Ojdanic, Farkas, Milosevic, Pejcic, Tatjana Lenard
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