Emozionato come per l' Euro: un onore di Aldo Cazzullo

Emozionato come per l' Euro: un onore Il «D-day» del nuovo Capo dello Stato. Non ha avuto nemmeno il tempo di brindare Emozionato come per l' Euro: un onore Ciampi ai collaboratori: se vado al Colle è anche merito vostro Aldo Cazzullo ROMA «Non è facile lavorare con me, lo riconosco. Sapete che sono fatto in un certo modo. Che non sono il più facile dei ministri. Perché sono impaziente per natura, innanzitutto con me stesso: quando voglio dei risultati, mi devo tenere a freno. Sappiate che ne sono pienamente consapevole: se oggi ho avuto questa soddisfazione, lo devo in gran parte al lavoro che abbiamo fatto insieme in questi tre anni, in questo ministero». Sono le 19 e un quarto, da sei ore Carlo Azeglio Ciampi non è più ministro del Tesoro ma, virtualmente, il decimo presidente della Repubblica. E' passata l'attimo di commozione - gli occhi lucidi, le labbra tese, le palpebre in continuo movimento, le mani contratte, «come in tanti anni l'avevamo visto una sola volta, il 31 dicembre scorso alla Zecca, al battesimo dell'euro», racconta un collaboratore .-. Ora Ciampi, in piedi davanti al divano color crema stile Impero, al piano nobile del palazzo di via XX Settembre, agita le braccia dentro la giacca blu a tre bottoni e la camicia bianca, sorride, adotta un tono da riunione tra amici più che da commiato solenne; solo a tratti incespica in qualche consonante, tradendo così l'emozione. «In questi tre anni - riprende • abbiamo dovuto vincere sia la diffidenza verso la burocrazia ministeriale, sia quella nei confronti dell'Italia. Insieme abbiamo visto crescere di mese in mese la fiducia nei confronti del Paese e il suo prestigio, man mano che il lavoro che stavamo conducendo sul bilancio dello Stato dimostrava la sua solidità. Ora la diffidenza è passata, la nostra finanza pubblica risanata, i pregiudizi superati». A cerchio, attorno al loro ministro che se ne va, sono raccolti una trenjana(4M4W^ gretari Giorgio Macciotta, Piero Giarda, Roberto Pinza, il capo della segreteria Francesco Alfonso, il direttore.,■.generala, ;;Maripv Draghi. «Ringrazio i sottosegretari. Anche perché, con il vostro ottimo lavoro sul fronte del Parlamento, mi avete consentito un bel risparmio di impegno fisico. Sapete • sorride Ciampi - ognuno di noi ha i suoi limiti fisici.. e ringrazio i capi dei dipartimenti per il loro impegno». L'elezione al Quirinale «è un segno dell'apprezzamento del Paese per il nostro lavoro, e del prestigio che al Paese ha dato l'impegno per la moneta unica. Messi alla prova, avete dimostrato di saper far fronte agli impegni più difficili con un lavoro collettivo, n Paese sa di dovervi molto. Ora dovete continuare a operare per rispondere a quanto il Paese vi chiede». Ciampi auspica che «questo dicastero sia sempre tra i migliori, che dia sempre l'esempio. Ma non occorra che parli ancora a lungo. Grazie per quello che mi avete dato». I collaboratori applaudono. Ma il Presidente ha ancora qualcosa da dire: un riferimento al successore, pur senza nominarlo. «Ora arriverà un ministro di grande livello. Continuate a metterci l'anima». Poi, ricevute le ultime telefonate, quelle dall'estero - da Londra Gordon Brown, da Francoforte Hans Tietmayer, da Washington Michel Camdessus -, sale sulla Lancia K grigio chiaro metallizzato e riparte verso casa. Nella palazzina rosa di via Arrapo 28 la sveglia era suonata alle 7 sia al pianterreno che al quarto piano, ma entrambi i padroni di casa erano già stati svegliati: Ciampi dall'ansia, come, ammette, gli accade all'inizio delle giornate importanti; il signor Angelo dall'arrivo, all'altezza delle sue finestre, dei motorini dei fotografi. Fiutata l'aria, il portiere depone la camicia sportiva per la livrea e veglia fino alle 8 e all'arrivo della scorta, cinque gessati scuri gonfi di muscoli. Il ministro sta facendo colazione con la signora Franca: cappuccino, pane tostato, miele, marmellata, lì caposcorta gli porta la mazzetta dei quotidiani oltre agli italiani, Herald Tribune e Financial Times - e gli offre di scendere con l'ascensore direttamente in garage, per guadagnare la rampa a destra del palazzo ed evitare la ressa. Ciampi rifiuta e alle 9 meno 10 esce sul marciapiedi sorridendo, agitando la destra e ripetendo «grazie». Una corsa lungo via Nemorense, via Po, la Salaria; poi la diversione per via Coito, per entrare al ministero dall'ingresso secondario, quello su piazza delle Finanze. «Una mattinata di lavoro consueto», ripete lo staff; ma l'attenzione di Ciampi, più che sullo schermo su cui lampeggiano le quotazioni di euro e Btp, è al computer con i flash d'agenzia, e anche alla statuetta del dio-elefante Ganesh, dono di un ministro indiano a Carli e portatori u- na invocato con pari intensità solo nei giorni difficili della lini. Ore 12 e 20, comincia la diretta tv dello spoglio: con Ciampi ci sono Pinza, che ha votato ed è arrivato di corsa per riferire gli umori di Montecitorio, e il capufficio stampa Emanuela Bruni. Ore 12 e 40, mancano 100 voti al quorum: «Che cos'è questo frastuono?». «Forse i fotografi sono già saliti», gli risponde la Bruni. Infatti. «Vi avevo pregato di non far passare nessuno», ricorda Ciampi. Irruzione respinta; rimproverato anche il colonnello dei carabinieri che l'aveva autorizzata. Ore 12 e 55, meno 50: dallo studio del ministro, che sta seguendo lo scrutinio su RaiUno, si chiede di registrare anche la diretta del Tg5. Ore 13, meno 20: entrano anche Alfonso, Draghi e il capo di gabinetto Alessandro Pajno, per dividere con il loro ministro gli ultimi istanti. Fatta. Dallo schermo, i deputati applaudono. In studio, un attimo di silenzio. Dal cortile, i dipendenti reclamano Ciampi. Che non si affaccerà. Troppo grande la commozione sua, dei collaboratori che entrano uno a uno, la segretaria Cristina 'l'imperi, il ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, il capo dipartimento sviluppo Fabrizio Barca. Il neopresidente abbraccia tutti, anche le 10 segretarie dello staff. Poi arrivano le prime telefonate: Prodi, Scalfaro, D'Alema. Con il premier l'appuntamento è alle 16. Non si brinda: non c'è tempo. La prima visita è di Visco, il sigaro spento per rispetto sulla soglia. Alle 13 e 40, Mancino e Violante: Ciampi li attende per sei minuti in piedi all'ingresso dello studio, rigido, teso, emozionato. Una stretta di mano, un cenno del capo, non una parola prima che Violante legga il risultato della votazione. «Ci chiamavamo Nicola e Carlo - sorride Mancino -, ora dovrò chiamarti Presidente». «Vi ringrazio - mormora Ciampi -, il vostro annuncio mi onora e mi emoziona. Spero di essere all'altezza, di corrispondere alla fiducia del Parlamento. Farò tesoro dell'esperienza di Scalfaro». Alla fine, rivolto ai suoi: «E ora che sono ministro dimissionario e non ancore Presidente, domani dove vado a lavorare?». «Ma adesso sono ministro dimissionario e non ancora Presidente: domani dove vado a lavorare?» A«a

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