Baby gang, brividi di noia e omertà

Baby gang, brividi di noia e omertà Milano, ritratto di una tribù: «Rubare il motorino ad un amico? Succede, ma è un semplice gioco» Baby gang, brividi di noia e omertà Licei buoni, crudeltà e disprezzo per i deboli Pino Corrias MILANO Devono tutti rientrare entro mezzanotte (perché sono cocchi di mamma) e perciò bisogna sbrigarsi: allora voi sapete chi sono? «No», scuotono la testa, sorridono. E sapete di ragazzi minacciati, picchiati, derubati? «Voci, racconti, niente di diretto». Niente di diretto. C'è quest'odore di vaniglia e la luce alogena e le facce pulite dei ragazzi seduti qui intorno, tutti tra i 15 e i 17 anni, tutti ben vestiti, camicie Aspesi, calzoni BardelU, scarpe Allan Edmond, Longines piatto al polso, cellulare Nokia, mani curate, leggera abbronzatura da casa di montagna, polsi rafforzati dal tennis, portachiavi d'argento dello Scarabeo metallizzato e occhiali Oakley, sul tavolino. Voi sapete cos'è l'omertà? «E' quella dei terroni». «Quella dei mafiosi». «Quella che si sparano e mai nessuno ha visto, né sentito... Che uno si fa i fatti suoi». E voi, ragazzi, vi fate i fatti vostri? Se ne stanno tutti perfettamente incastonati al paesaggio di questa cremeria color madreperla su viale Washigton, traffico notturno leggero, alberi e palazzi lussuosi di primo Novecento, roba di medioalta borghesia milanese - professionisti, finanza, moda, commercio, impresa - nuclei familiari standard: mamme apprensive e padri in corsa, qualche volta secondo padre o seconda madre. Questi ragazzi sono i loro cuccioli. Anche loro già in corsa, nei licei buoni di Milano (Perini, Berchet, Manzoni) e in quelli costosi (Leone XIII, San Carlo), e in quelli cosi e così (Allende, Einstein, Vittorio Veneto) con vita apparentemente standard, ma se poi vai a scavare, capaci di una risata sbagliata, di piccole crudeltà verso i deboli, di disprezzo per i poveracci, ma anche di insicurezza, noia, solitudine. Esattamente come i loro vecchi. Vivono in un sottomondo impermeabile. Sono belli, ma in un certo senso già sciupati dalla serialità dei regali che si portano addosso. Dal loro non avere bisogno di nulla che anziché riempirli li svuota. Hanno un loro modo di raccontarti balle, che contrasta con la voglia di raccontarti cose vere e stupirti, sentendosi protagonisti (per una volta) di una cronaca annebbiata da molti silenzi in casa, a scuola. La cronaca si chiama: baby gang. Chiaro che detto così li fai solo sghignazzare. «Le gang stanno a Los Angeles». «0 in qualche noiosa scuola di provincia americana dove vanno e si ammazzano». «A Milano al mass ino ci sono gli zarri, quelli di Quarto Oggiaro...». «I tabbozzi con l'orecchino». «Ha presente? Quelli che vengono giù dalle periferie la domenica pomeriggio con il Booster o il Phantom smarmittato, il finto Barbour, il finto Swatch...». «Bè, qui non li trova di sicuro». «Qui trova ragazzi come noi». Appunto. A dirgli che il soprassalto di tanta cronaca non è per le bande ordinarie delle periferie, quanto per le inedite imprese di ragazzi come loro (che i sociologhi chiamano «ragazzi convenzionali») metti in moto tutto un rito di gesti, tipo tirarsi su il ciuffo, far saltellare il portachiavi, spegnere o riaccendere il telefonalo che è l'ombelico e lo specchio delle loro giornate. «Queste sono cazzate», ti dicono soffiando. Va bene. Ammetiamo pure cho il termine baby gang sia sproporzionato e magari anche impreciso. Quel che descrive (però) è la piega reale di certi sabato pomeriggio (in via Torino, San Ballila, ai giardini Guastalla, in piazza Sant'Ambrogio, in piazza Ruffini) o certi venerdì sera, fuori dalle discoteche (Executive, Ipotesi, Propaganda), o certe mattinate davanti ai licei, o certi compleanni che finiscono (come casa Vecchioni l'inverno scorso devastata e saccheggiata) con l'arrivo di una volante, im sacco di spavento, molte lacrime. E naturalmente un mucchio di articoli, tutti variazioni della stessa, identica notizia. Ragazzina di 15 anni aggredita davanti alla fermata di via Natta, prognosi di 10 giorni, volevano il suo cellulare. Oppure: 3 ragazze e 4 ragazzi fermati dagli uomini del commmissariato San Siro, rubavano giubbotti e occhiali. Oppure: due ragazzi con coltollo in via Torino, minacciavano i coetanei. Oppure: gang nel gallaratese davanti al Vittorio Veneto, minacciavano e rapinavano catenine d'oro e telefonini. Oppure: fermati due quindicenni «bene» nel garage di corso Garibaldi, staccavano stemmi da auto di lusso. Oppure: ragazzo malmenato davanti al Leone XIII per rubargli la marmitta. Nei commissariati dei quartieri puliti, oppure nogli uffici della sezione minori, associata alla Mobile, è tutto mi rimpallo di mezze ammissioni («Sono minori, non vere e proprie gang: gruppetti magari di tre, quattro ragazzi, con uno solo che trascina gli altri a fare qualche sciocchezza») e qualche imbarazzo («Fanno fesserie, ma le famiglie sono normalissime, per bene, molto per bene»). E si capisce, dalle cautele, che ci sono di mezzo gli avvocati dei pachi già in trattative con gli avvocati delle vittime, per aggiustare in silenzio il fattaccio. Che le mamme si sono parlate. Che il furto è già stato quantificato. Che il danno verrà saldato. Eppure a guardare i dati ufficiali alla voce «reati compiuti da minori», non proprio tutto scompare, ingliiottito dai reciproci silenzi. Milano, insieme con Torino, è la città più assediata da questo genere di microcriminalità. Le lesioni sono aumentate del 163 percento. I furti sono quasi raddoppiati (più 80%), la detenzione di stupefacenti è cresciuta del 38 per cento. La ricercatrice Simona Poverelli, in un dossier pubblicato dalla rivista «Omicron», ha calcolato che nel triennio 1985-'87 a Milano erano stati denunciati 2982 minori, dieci anni più tardi, nel trienno '95-'97, i minori sono saliti a 6382, cioè a più del doppio. Stupiti? «Cazzate. Succedono, per carità... Come sempre». Come sempre cosa? «Che qualcuno ruba a qualcun altro». D'accordo, ma come mai in un liceo, come mai in un superattico? «Magari succede per gioco». «Magari per mi brivido». Quindi vi risulta. Adesso arrivano un paio di coppe di gelato e burro in bottiglia. Chissà cosa hanno in testa 'sti ragazzetti rivestiti con i loro gesti gentili che non si increspano neppure quando parlano di furti e pestaggi o qualcosa di ancora piii grave, tipo la faccenda dei coltelli, che loro chiamano «la lama». Un ragazzetto del Berchet (la settimana scorsa) raccontava: «C'è un imo amico, che stava fermo al semaforo sul suo Honda ZX. Erano come le 11 di sera, dalle parti del parco Sempione. Gli si sono atTiancati in quattro su due motorini, ed erano ragazzi come lui. Uno dei quattro è sceso e gli è salito dietro e gli ha messo la lama qui sotto l'orecchio, dicendogli: vai. Poi gli ha detto: gira qui, gira là, insomma se lo stavano portando via. Così lui ha capito che era fregato e a un semaforo ha frenato, è saltato giù, si è messo a correre. Addio al motorino». Bella storia: al tavolino della cremeria è tutto mi tintinnare di risate: «Deve essersi preso un bel panico!», dice imo. «Ha fatto il fugoncl», dice l'altro. Poi le chiacchiere virano al pratico: «Se sei assicurato non hai problemi». «E comunque te lo l'ai ricomprare». «Oppure ti aggiusti da solo». Per esempio? «Per esempio chiedi in giro, e lo recuperi con lo sconto». «Oppure, se hai amici, vai a riprendertelo con le cattive». Niente denuncia, niente polizia? «See, così ti complichi solo la vita». «E ti ritrovi, un giorno, con uno grosso e cattivo che ti sfascia la faccia e queliti non te la ricompri». E voi che rie sapete? Silenzio. Con piccole ombre che arrivano e spariscono, non proprio tensione, ma solo questo odore di vaniglia così dolce da stordirti. E che poi passa. «Che problema c'è? Te lo fai ricomprare oppure ti aggiusti e se hai un gruppo vai a riprendertelo con le cattive Denunce? No, altrimenti ti ritrovi con uno che ti spacca la faccia e quella non la ricompri» l

Luoghi citati: Los Angeles, Milano, Torino, Vittorio Veneto