«Giuro che vi riporterò a casa»

«Giuro che vi riporterò a casa» IL SEGRETARIO GENERALE DELLA NATO SULLA SITUAZIONE UMANITARIA «Giuro che vi riporterò a casa» Solatia: profughi, combattiamo per questo intervento Javier Solana IERI ho visitato l'ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (Fyrom) e l'Albania. Entrambe sentono gli effetti indiretti della crisi del Kosovo: la maggior parte degli 800 mila rifugiati che hanno lasciato il Kosovo ora si trovano là - presso famiglie o nei centri profughi. E altro migliaio attraversano ogni giorno la frontiera dol Kosovo. Ognuno con la sua tragedia personale, la storia dolio sua vita distrutta. Famiglio che fino a poco fa vivevano vite normali si sono trovate improvvisamonte immorso in un incubo: hanno visto bando della milizia serba sparare a padri e fratelli, violentare madri o sorelle. La loro unica speranza di sopravvivenza ora una disperata fuga dal Kosovo, con lo poche, misero cose cho potevano portare con sé. Questa è la storia cho sento ripotore ogni volta che incontro elei profughi. Non sono stati cacciati dalle bombe della Nato: è stota la brutale persecuzione dolio forze serbe cho li ha costrotti a fuggirò. E so cho ci incoraggiano a perseverare. Sanno cho è l'unica strada che li riporterà a casa. Lo truppo Nato sono andate nella Fyrom in base all'accordo raggiunto lo scorso ottobre con il presidente Milosevic, che lo impegnava a formare la sua offensiva militare nel Kosovo e u negoziare una soluzione politica. L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osco) ho quindi fornito duemila osservatori disarmati nell'ambito della Missiono di Verifica del Kosovo. Lo truppe Nato sono state collocate nolla Fyrom por aiutare la missiono Osco in caso di pericolo. Purtroppo questo accordo non ha avuto successo. Milosevic ha continuato con la sua politica di odio etnico. Nel ljennaio 1999, 45 albanesi kosovari disarmati sono stati massacrati dalle forze serbe nel villaggio di Racak. Milosevic ha violato il cessato-il-fuoco e si è rifiutato di collaborare con il tribunale por i crimini di guerra. Cosi in febbraio sono stati convocati i colloqui di paco di Rumbouillct, sotto lo presidenza franco-britannica. Le parti si sono incontrate di nuovo in marzo. Il 15 marzo ci fu un accordo. Le truppe Nato nella Fyrom avrebbero contribuito u farlo rispettare. I kosovari lo firmarono, Milosevic si rifiutò. I colloqui fallirono per causa sua: e mentre i suoi delegati parlavano a Parigi, lo suo forze nel Kosovo acceleravano la «pulizia etnica», intensificando lu campagna in atto du mesi. Lu Nato aveva allora il dovere di agire, e lo abbiamo fatto. La nostra campagna aerea è iniziata il 24 marzo. La nostra strate- già era, e rimano, quella di bombardare le strutturo che consentono a Milosevic di controllare la sua macchina militare e danneggiare i suoi strumenti di pulizia etnica. Con l'intensificarsi della campagna di pulizia etnica, accuratamente pianificata, gli albanesi del Kosovo cominciarono a fuggire - decine di migliaia affluirono al confine con la Fyrom e il posto di blocco di Blace fu travolto. Con un enorme disastro umanitario elio si svolgeva sotto i loro occhi, le forze Nato hanno reagito rapidamente, trasformandosi in missiono umanitaria. Quattrocento soldati Nato hanno costruito in 48 ore il primo campo a Brazda, con una capacità iniziale di 15 mila profughi. Il lunedì di Pasquetta è arrivato dal confine il primo convoglio di autobus carichi di profughi o i soldati Nato hanno fatto subito tutto quello che potevano: li hanno sfamati con le loro razioni e curati negli ospedali da campo. Fin dall'inizio, la Nato ha lavorato in stretta collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), lo Organizzazioni non governative internazionali e il governo della Fyrom. I cuochi della Nato hanno preparato 129 mila pasti. Hanno anche aiutato a distribuire molti altri generi di prima necessità, compresi 20 mila biberon e 35 mila saponette. Attualmente ci sono circa 14 mila soldati che si prendono cura di centomila profughi. Il disastro umanitario si è allargato anche all'Albania. Decine di migliaia di profughi sono fuggiti attraverso il confine in direzione di Kukes. La Nato ha di nuovo avuto la responsabilità di agire. Ci siamo mossi rapidamente per rafforzare la cellula di Tirana di Partnership per la Pace e abbiamo stabilito un quartini- generale avanzato in Albania. Ora abbiamo sottemila soldati - provenienti anche da sette Paesi che non sono membri Nato - che fanno lavoro umanitario in Albania, dove si trovano circa 400 mila profughi. La Nato ha fatto oltre 600 voli umanitari, le sue truppe hanno aiutato a consegnare oltre quattromila tonnellate di cibo, circa mille tonnellate di farmaci e circa duemila tonnellate di tende. Questo non è lo scopo per cui le truppe Nato sono venute in questa regione. Ma sono fiero che lo abbiano fatto. Era nostro dovere morale occuparci delle vittime di Milosevic. In caso contrario, i valori sui quali si basa la Nato sarebbero privi di significato. So che le infrastrutture umanitarie si trovano sotto un'enorme pressione - attualmente nel campo di Brazda sono ospitati circa 50 mila profughi. Le risorse sono spinte all'estremo. Lavoriamo sodo per raddoppiare l'accampamento di Cegrane, nella Fyrom, fino a una capacità di 40 mila persone, e costruirne di nuovi a Korce, Elbasan e altre zone dell'Albania per una capacità di 60 mila. Un numero crescente di Paesi sono coinvolti - nell'ultimo mese hanno accolto oltre 26 mila profughi. Ma una sistemazione permanente farebbe il gioco di Milosevic. E gli stessi profughi vogliono rimanere nella regione, vogliono tornare a casa. Sono grato alla Fyrom e all'Albania per il modo responsabile in cui hanno reagito a questa crisi. Spero che continueranno. La comunità internazionale rende onore alla loro generosità. Io so che le pressioni - sociali ed economiche - sono enormi. Non dimenticheremo questo sforzo. Non volteremo le spalle ai Paesi che ri hanno aiutato. Stiamo già programmando la nostra partecipazione al processo di ricostruzione e riparazione. L'iniziativa della Nato per l'Europa Sud-orientale si propone un impegno a lungo termine nella regione, per creare una stabilità duratura nei Balcani. Dobbiamo dare a quei popoli la speranza di un domani migliore. Anche l'Unione europea ha offerto assistenza finanziaria, studia come migliorare le sue relagioni con la Fyrom e l'Albania e ha organizzato per il 27 maggio una Conferenza sul Patto di stabilità per l'Europa Sud-orientale. Anche il Fondo monetario internazionale e il G7 sono pronti a offrire aiuto finanziario. Questo sforzo collettivo coinvolgerà tutte le istituzioni internazionali, comprese le Nazioni Unite e l'Osce. Questo è solo l'inizio del lavoro della comunità internazionale per una stabilità a lungo termine nella regione, che si estenderà fino a includere una Jugoslavia democratica. Il regime di Milosevic è riuscito soltanto a isolare e impoverire quello che era un grande Paese europeo: il suo popolo si merita di meglio. Voghamo vedere la Jugoslavia tornare nel cuore della comunità internazionale. Abbiamo agito per difendere i diritti fondamentali - libertà, democrazia, rispetto della legge - che il popolo del Kosovo, e tutti i popoli, si merita. Le nostre condizioni, enunciate lo scorso 12 aprile, restano chiare. Quanto prima Milosevic le accetta, tanto prima potrà iniziare il processo di ricostruzione. Un regime come il suo non ha posto nel mondo di oggi. L'orribile situazione aei profughi è temporanea. Siamo decisi a rovesciarla il più presto possibile. Le nostre truppe sono pronte a entrare nel Kosovo per assicurare loro il ritorno a casa e a quella normalità che bramano, e si meritano. La soluzione politica duratura alla quale stiamo lavorando manterrà questa normalità, reintegrando ì popoli dei Balcani nella comunità delle nazioni dalla quale sono stati assenti per troppo tempo. «Assistere i rifugiati non è lo scopo per cui siamo nei Balcani. Ma siamo fieri di farlo» «Rendo onore a Skopje e Tirana per quanto hanno fatto. La Nato non lo dimenticherà» Profughi albanesi dal Kosovo nel campo di Kukes. In fila o appoggiati al reticolato che delimita l'accampamento, aspettano di ricevere II lasciapassare giornaliero che permette loro di uscire per qualche ora. Sebbene sollecitati a partire, I rifugiati preferiscono restare a Kukes, più vicini a casa