Il primo comandamento Mai sfidare zar Boris

Il primo comandamento Mai sfidare zar Boris ASPETTANDO IL PROSSIMO PASSO DI UN LEADER DECISO A NON MOLLARE Il primo comandamento Mai sfidare zar Boris retroscena Oiullelto Chiesa corrispondente da MOSCA SI racconta, e non nel mercato kolkhosiano ma nelle vicinanze del premier uscente, che ieri mattina Boris Eltsin, avendo convocato Primakov nel suo ufficio, gli ha messo davanti un foglio con l'ingiunzione: «Scrivi!». Che cosa? La richiesta di dimissioni. Il vecchio culo di pietra pare abbia avuto un soprassalto di orgoglio: «Io non scrivo niente». E lo zar, di rimando: «Bene. Allora scrivo io». E avrebbe tirato fuori dalla cartellina rossa il decreto di licenziamento già pronto. E' stato, tra i tanti licenziamenti eltsiniani, il più annunciato e il più smentito. Ieri tutte le televisioni hanno avuto buon gioco nel mostrare le registrazioni di Eltsin che spiegava ai russi come sia lui sia Primakov avrebbero lavorato, fianco a fianco, fino all'anno 2000. E Primakov, faccia di zaffiro, che faceva finta d'indignarsi per le «voci infondate». Ma perché è successo? E perché proprio ora? Bisognerebbe essere nella testa di Eltsin per saperlo. Ma si può fare la caccia agli indizi. E le tracce ci sono. Basta guardare la biografia di Serghej Stepashin per capire che Eltsin si può specchiane in lui con la massima tran¬ quillità. La tua immagine non ti tradisce mai, purché'tu sappia riconoscerla. Invece Primakov non ha saputo fare da specchio. E più si avvicinava la data delle elezioni presidenziali, tanto più la sua ombra diventava grande, ingombrante, tale da occupare specchi e pareti. Troppo per lo zar che ha dimostrato di non tollerare neanche la trasparenza delle tendine. Si sussurra perfino, anche nelle redazioni dei giornali più vicini all'Amministrazione presidenziale, che questa mossa sia la prova che Eltsin - ormai pienamente sicuro della propria salute - intende ripresentare la sua candidatura alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Molti ridacchiano, guardando la faccia enfia del Presidente, la voce impastata e roca, la tremenda lentezza dell'eloquio e dell'incedere. Ma è come le bombe atomiche. Finché ci sono ò bene non prenderle sottogamba. E lui, lo zar, il potere ce l'ha ancora tutto e sa come usarlo. E può annientarti, schiacciarti come una formica. L'ha già fatto, potrebbe rifarlo. «Morirà Presidente», esclama beffardamente e ambiguamente un deputato che vuole restare anonimo. Ma tutti capiscono che il momento non poteva essere che questo. La Duma ha avuto il torto di sfidarlo. E' ben vero che ha oscillato, esitato, per mesi. Che ha cer- Un impiegato dell'Ufficio Cambi di Mosca modifica II tasso di cambio Il rublo nel pomeriggio di ieri ha avuto un calo a causa del terremoto politico russo cato di mettersi d'accordo con il Presidente. Agitando nel contempo su di lui la spada di Damocle dell'impeachment, sperando di impaurirlo, e sperando di scongiurare la spada perenne dello scioglimento che pendeva sulle poltrone parlamentari. Ma alla fine i deputati hanno deciso che non era il caso di fidarsi e hanno lanciato il guanto. E lui, come al solito, l'ha raccolto. Del resto l'aveva detto pochi giorni fa: «Sono pronto alla lotta». Lui è sempre stato pronto. Bisognava essere degli ingenui per pensare che non avrebbe mantenuto la parola. Volete mettermi sotto impeachment? Ebbene io faccio cadere il governo, che è un governo più vostro che mio, un governo quasi comunista, che mi avete costretto ad accettare. Poi vi metto nel piatto mi candidato che non potrete accettare - sempre a termini della mia Costituzione (che vi ho imposto, ma non è utile dirlo) - e, se avrete il coraggio di non votarlo, io vi sciolgo. Eltsin ha fatto però uno sbaglio. Di tempi. Si è deciso tardi. Ha scatenato l'offensiva preventiva quando ormai la procedura d'impeachment era alla vigilia. Adesso la Duma deve decidere sul nuovo capo di governo, ma ha una settimana di tempo. E prima può votare l'impeachment. La Costituzione glielo consente. E quando avesse raggiuto, in almeno uno dei cinque capi d'accusa, la fatidica quota 300, diverrebbe improvvisamente invulnerabile allo scioglimento. Così dice la Costituzione di Eltsin. E allora che cosa può succedere? Tra una settimana la Russia potrebbe offrire questo panorama: un Presidente sotto impeachment, un governo senza legittimazione parlamentare, un Parlamento che si difende contro uno scioglimento che sarebbe illegittimo. Cioè a un passo dal disastro, e molto vicino alla situazione del 1993, che finì a cannonate. C'è chi si prepara anche a sviluppi più ravvicinati. E se Eltsin decidesse, già domani, di dichiarare sciolta la Duma, mettendola sotto chiave? In questo modo le impedirebbe di votare. Ma dovrebbe trovare una motivazione. Per ora non ce l'ha, ma qualcuno potrebbe offrirgliela. C'è abbastanza nervosismo in giro. E perdere calma e sangue freddo è facile. Il governatore Luzhkov, che sa quello che dice, ha annunciato ieri di avere preso misure di sicurezza per «evitare che le strutture del potere ne approfittino per fare azioni contrarie alla Costituzione». Si noti bene, non gli estremisti di piazza, ma «le strutture del potere». Se lo dice lui è inevitabile credergli. K)TbI

Luoghi citati: Mosca, Russia