Lo sconfitto

Lo sconfitto Lo sconfitto Inossidabile burocrate ERA lo sconfitto, ma sembrava il vincitore, quando ieri il suo governo lo salutavo con un applauso, aUuiiuosi in piedi. E sembrava quasi sollevato, Evintiti] Primakov, augurando togni bene» ai suoi ministri e conunolrUiìv do con un sorriso: «Vedete, cammino molto meglio». Un'allusione al mal di schièna che lo aveva afflitto nelle ultime settimane e che molti avevano considerato una malattia diplomatica. Ma anche un ultimo gesto di orgoglio: 2 ore prima l'orinai ex premier aveva rifiutato la proposta di Eltsin di chiudere la faccenda pacificamente e presentare lui stesso le dimissioni. «Non ho nulla da rimproverarmi», avrebbe risposto. Questo 69emie apparatchik scelto nel settembre scorso per la sua abilità diplomatica e la mancanza di ambizioni personali, si è rivelato negli otto mesi successivi il premier più ribelle che il Cremlino abbia mai avuto. In poche settimane ha costituito un centro di potere autonomo e i suoi uomini - provenienti prevalentemente dai servizi segreti - ricoprivano cariche chiave. E lo stesso Primakov imprimeva alla politica russa una svolta che - nonostante la sua brevità - viene già considerata un periodo storico che porterà il suo nome. Una buona conclusione per una carriera senza eguali: cominciando come giornalista della Pravda nei Paesi arabi, in pochi anni Primakov ha raggiunto il vertice del potere, dove è sempre rimasto, sopravvivendo a tutti i padroni del Cremlino, da Krusciov a Eltsin Senza alcuna interruzione: è stato uno dei cervelli liberali del Pcus elle ha costruito la politica estera di Breznev, un gorbacioviano di ferro che non lo tradì mai. Ma anche l'unico dei suoi uomini rimasto nel governo Eltsin: prima, per 5 anni, come capo dello spionaggio estero, poi ministro degli Esteri e infine «premier politico». Una poltrona nella quale ha subito dimostrato di avere delle idee proprie. Drammaticamente in contrasto con i tempi: le teorie economiche di Primakov hanno fatto ridere gli esperti e la sua intolleranza verso le critiche dei media sapeva molto di comitato centrale del Pcus. Ora se ne va dichiarando di aver salvato il Paese dalla catastrofe economica e portato una «stabilizzazione» politica. I suoi nemici invece la chiamano «stagnazione» e definiscono il suo gabinetto «un Breznev collettivo». In otto mesi Primakov, soprannominato «maestro del compromesso», è riuscito a mettersi contro il Presidente, i magnati della finanza e gli Usa, per poco non portando la Russia alla rottura con l'Occidente dopo lo scoppio della guerra sui Balcani. Se ne va portandosi dietro un governo considerato tra i più corrotti e inefficaci. Ma la sua dipartita viene rimpianta sinceramente dai russi e il suo nome per ora svetta in cima alla classifica di popolarità. la.z.1

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