L'alta scuole dei «Ciampi boys» di Francesco Grignetti
L'alta scuole dei «Ciampi boys» L'alta scuole dei «Ciampi boys» I consiglieri: professionisti, non portaborse Francesco Grignetti ROMA Fu un anno vissuto pericolosamente, quel 1993 di Ciampi a palazzo Chigi. Tra crisi economiche e battaglie a Mogadiscio, Mani Pulite e guerra in Bosnia, ìadri al Sisde e strane bombe nelle città d'arte, più presumi golpe militari (qualcuno ricorda il caso Di Rosa?), l'ex governatore della Banca d'Italia scoprì le insidie, ma anche il fascino della politica. Da quell'esperienza a tutto campo, Ciampi uscì con uno staff di persone di valore da cui non si è più separato. Sarebbe riduttivo, però, chiamarli «Ciampi boys» perché alcuni di loro sono persone di lunghissima esperienza. Come definire, infatti, Andrea Manzella che fu il suo segretario generale di palazzo Chigi ed è stato appena eletto senatore Ds? Oppure Tonino Maccanico, che fu sottosegretario alla Presidenza, ma era già stato segretario generale della Camera, braccio destro di Pertini e poi presidente di Mediobanca? Possono essere considerati «consiglieri» di lusso. Poi ci sono quelli che lavorano con lui. Mario Draghi, direttore generale del Tesoro, anche se non personalmente legato a Ciampi, si è rivelato il collabora¬ tore più prezioso soprattutto per le privatizzazioni e i rapporti intemazionali. Giuseppe Tavormina, ad esempio, ex generale dei carabinieri, fondatore della Dia, la superpolizia antimafia, poi dal Cesis coordinatore di Sismi e Sisde in un anno terribile, ora è suo consigliere al ministero del Tesoro: Tavormina è stato il «Virgilio» che ha condotto l'allora presidente del Consiglio attraverso la palude degli apparati che stavano perdendo i tradizionali appoggi politici. Buono eil rapporto anche con Gianni Do Gennaro, attuale vicecapo della polizia, prima vicedirettore (con Tav««nina), poi direttore della Dia, che fu il primo a coniare lo slogan di «mafia e non solo» a proposito delle bombe destabilizzanti dell'estate 1993. Ciampi ha un portavoce, Paolo Peluffo, che cura la sua immagine, ma anche le campagne promozionali dell'Euro. E' lui l'uomo che si occupa d'informazione. Ex giornalista del «Messaggero», autore di numerosi libri di economia, ha dato le dimissioni dal giornale per seguirlo al ministero del Tesoro, dove è stato nominato dirigente. Con Peluffo il rapporto di stima è vecchio nel tempo, né risultano incrinature o passi falsi. Dietro le quinte, poi, timido ma efficiente, e poliglotta, c'è un caposegreteria onnipresente: Francesco Alfonso, suo segretario particolare già ai tempi della Banca d'Italia, poi a palazzo Chigi e ora al ministero del Tesoro. Alfonso lavora in tandem con Alessandro Pajno, che s'è scambiato di posto con Paolo De ,Jcanna: uno è capo di gabinetto di Ciampi, l'altro segretario generale di palazzo Chigi con D Alema. C'è poi un «giovane» in crescita notevole nelle grazie di Ciampi. E' Fabrizio Barca, economista, figlio di quel Luciano Barca che era capo del dipartimento economico a Botteghe Oscure quando c'era Enrico Berlinguer. Fabrizio Barca, vista anche la famiglia, non può essere definito «ciampiano» a senso unico. Anche lui ha scritto libri e condotto ricerce economiche, entrò giovanissimo in Banca d'Italia e presto ne divenne dirigente. Attualmente Ciampi gli ha affidato là guida di uno dei quattro Dipartimenti del ministero del Tesoro, si occupa di Politiche per lo sviluppo e grossomodo «è», la Cassa per il mezzogiorno del Duemila. Antonio Maccanico, già sottosegretario poi braccio destro di Pertini e infine presidente di Mediobanca
Luoghi citati: Bosnia, Mediobanca, Mogadiscio, Roma
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