RACCONTATE E GUARIRETE di Tilde Giani Gallino

RACCONTATE E GUARIRETE RACCONTATE E GUARIRETE Eterne voci dell'inconscio L Bruno Bettelheim E fiabe classiche iniziano di regola sempre in un luogo lontano e non ben definito, e in un'epoca altrettanto indefinibile. Per questo, volendo riscriverle, molti lettori sono ricorsi aWattualizzazionc dello spazio tempo, introducendo ad esempio motivi femministi, o pulp, o perfino la guerra nei Balcani, con un riferimento preciso al mese di aprile 1999. Questo e infatti il primo modo per trasgredire a quello che potrebbe essere definito il «dettato costituzionale» della fiaba: visto che si voleva dare una svolta alla fiaba, tanto valeva farlo sin dalle prime battute. Un'altra modalità è quella di ricorrere alla contraddizione dei personaggi, che faranno e diranno cose non conformi al loro ruolo canonico. Cenerentola diventa allora una «tosta» che dà una smossa anche al Principazzurro. Ma non ò la prima volta che accade. Prima che Perrault e i fratelli Grimm si incaricassero di raccogliere e classificare le fiabe, ognuno dava una propria versione della favola che andava narrando e, poteva accadere persino che certi personaggi entrassero nelle favole altrui. Narrare storie e ascoltarne risponde ad un'int ima esigenza della psiche. Ci diverte, stimola la creatività personale, e guarisce persino la psiche quando essa sia malata. Lo sostenevano già i santoni indù, Perciò sbaglia chi ritiene che le fiabe abbiano fatto il loro tempo, e che ormai ben altre siano le storie da raccontare ai bambini (e sulle quali anche i «grandi» possano riflettere). Facciamo un esempio. Tra le fiabe raccolte da Perrault sul finire del diciassettesimo secolo, e che sono giunte a noi con il titolo tanto enigmatico quanto seducente de / racconti di Mamma Oca, ve ne sono duo che hanno avuto destini piuttosto diversi. La prima, Cappuccetto Rosso, è così conosciuta da poter quasi essere considerata «la fiaba» per antonomasia. Non esiste probabilmente nessun aduliu al quale non sia stata letta o raccontata più volte quand'era bambino, in qualcuna delle sue versioni. Si tratta infatti di una fiaba che si trova anche nella raccolta dei fratelli Grimm, sia pure con un finale diverso. La seconda, Pelle d'asino, è invece assai meno conosciuta e poco raccontata ai bambini. Certo, la storia di Cappuccetto liosso è più accattivante e meglio strutturata; è inoltre più breve e non si discosta dal tema principale per introdurre digressioni e ulteriori personaggi che allungano inutilmente la storia. Eppure queste ultime caratteristiche si ritrovano in molte fiabe, che non per questo si evita di narrare. Sarà utile ricordare a questo punto che psicoanalisti come Urtino Bettelheim e Marie-Louise von Franz ci hanno da tempo insegnato che le fiabe, mentre in apparenza raccontano storie di re, di principesse e di figli di re, in realtà trasmettono messaggi che agiscono sull'inconscio dei bambini (e anche degli adulti che le raccontano), e li aiutano a superare i loro problemi, ed i conflitti che possono riguardare il rapporto dei bambini con se stessi, con i fratelli, con i genitori. Ma te duo fiabe di cui parliamo, Cappuccetto Rosso e Pelle d'asino, diffondono messaggi che sono del tutto particolari anzi, sono veri e propri avvertimenti. Tanto che, in questi ultimi anni, la storia della bambina vestita ili rosso che incontra il lupo cattivo che se la mangia, e stata spesso usata e divulgata anche nello scuole, in altre nazioni e in Italia, come monito ai bambini perché non si fidassero degli sconosciuti : come metafora per metterli specificatamente in guardia contro violentatori e abusatoti sessuali. Sono persino nati alcuni Centri che si chiamano proprio «Cappuccetto Rosso», e che si prefiggono di salvaguardare i più piccini dai cattivi lupi che vorrebbero abusare di loro. Al contrario, non risulta che, per protegegre i bambini, ci si sia serviti della fiaba di Pelle d'asino, che racconta una storia simile ma molto più grave: qui è infatti un padre che, adducendogiustificazioni speciose, vorrebbe commettere l'incesto con la propria figlia adolescente. Si può capire che in casa possa risultare difficile raccontare questa storia ai bambini. Ma perché non si utilizza ad esempio nelle scuola la storia di Pelle d'asino, e perché non sono nati dei Centri che si chiamano «Pelle d'asino», e che si ripromettono di difendere i figli, bambini e adolescenti (soprattutto le femmine) dagli abusi sessuali intrafamihari? Il discorso su queste fiabe consente in realtà di introdurre duo considerazioni: la prima è che per troppo tempo non si è avuto il coraggio di parlare e dire (come si incomincia a fare soltanto oggi) che circa il 90% degli abusi sessuali avvengono in famiglia, a opera di parenti molto stretti, im primo luogo il padre, poi i fratelli e gli zìi, ma anche i nonni e le nonne, e persino le madri (queste ultime poi, hanno anche il grave torto di non impedire la violenza, e non denunciare il padre abusatore). La seconda considerazione è che proprio questa fiaba conferma, se mai ve ne fosse bisogno, che gli abusi sessuali intrafamiliari non sono fatti che accadono soltanto oggi, ma sono sempre avvenuti (la fiaba è stata pubblicata da Perrault nel 1697). e che accadono spesso anche nelle migliori famiglie: non a caso il padre incestuoso della fiaba Pelle d'asino è addirittura il re di un grande e ricco paese. Ciò che è cambiato negli ultimi tempi è che i bambini hanno finalmente la possibilità di parlare, e soprattutto che c'è oggi qualcuno disposto a prestar loro fiducia. Il prossimo passo sarà quello di rendersi conto che i bambini non appartengono ai genitori nel senso che essi possano farne quello che vogliono, neppure se sono re e se dichiarano di comportarsi in quel modo per amore, come il re della fiaba di Pelle d'asino. Che forse, sarebbe il caso di leggere o raccontare, e discutere nelle scuole, ma anche ai genitori. Senza accusare nessuno, beninteso, ma tanto così, a scopo preventivo. Tilde Giani Gallino Bruno Bettelheim

Persone citate: Bruno Bettelheim, Grimm, Perrault, Urtino Bettelheim

Luoghi citati: Italia