PROUST A SOLI DIECI ANNI

PROUST A SOLI DIECI ANNI Gae Aulenti.' architettiim è vita dalaiahktio alla città PROUST A SOLI DIECI ANNI Poi «Guerra e pace» e oggi Kleist apoteosi di romanticismo C'è qit ilibi NA scaletta di legno, un'altra scaletta ancora e si è su nello studio di Gae Aulenti in piazza San Marco, di fronte alla casa in cui visse per un po' Mozart giovinetto. Annate di Domus e di Casabella alle pareti, e piccoli progetti in legno appesi come quadri-sculture. Una luminosità accorta rende più vasto il posticino. Cè quiete, equilibrio. Architetto Aulenti, lei ha sempre detto di aver letto moltissimo fin da bambina: quali sono i libri più suoi, i suoi libri di formazione? ti primi libri non li ho letti, ma ascoltati. Mio padre mi chiamava la sera nel suo studio, si sedeva in una poltrona di velluto scuro, e leggeva. Io ero su uno sgabello ai suoi piedi. C'era l'abat-jour, l'etagere, tutte queste cose dai nomi francesi nella casa di Palazzolo della Stella vicino a Palazzolo della Stella vicino a Udine. Avevo tre, quattro anni. Mio papà, tenerissimo e severo, mi leggeva i libri della Scala d'Oro, della Utet. Ricordo Peter Pan: in un disegno Peter Pan batteva i pugni contro le persiane verdi chiuse, in piedi sul davanzale fuori di casa. Era un bimbo nudo, aveva a tracolla lo strumento musicale a piccole canne, la siringa, e piangeva disperato. Piangevo anch'io. Quel Peter Pan mi insegnò che ci sono i ricchi e i poveri, i fortunati e gli sfortunati, e che si deve avere comprensione per tutti. Un insegnamento importante. Poi d'estate rubavo i libri di anatomia dalla biblioteca di mio nonuo medico in Calabria, per vedere le cose che nessuno ti diceva ma che tu volevi sapere. E dall'altro mio nonno, magistrato, in Puglia, scoprii sui dieci anni gli scrittori francesi, Dumas e persino Proust. Leggevo sotto le lenzuola con la pila, dinante le ore di sonno }ji.iu, uiuamc te uic ui ounuu imposte dai nonni pure loro molto severi». 1 ' "" Un passo -avantff. ^'«mie»'''*scenza. «Un caposaldo fu Guerra e pace, nell'edizione celeste Einaudi. Allora vivevo a Biella. Scoprii i russi. Leggevo a letto, e la luce veniva da destra, dal balcone che guardava verso il battistero romanico. Di Guerra e pace mi affascinava la storia collettiva, la storia con la esse maiuscola, e la relazione che con essa avevano i personaggi, questo far corrispondere il tutto e il particolare, il massimo e il piccolo, il fatto che l'individuo non finisce in se stesso ma va fuori senza scampo legandosi agli altri. "Dal particolare al generale, dal cucchiaio alla città", sarà poi il motto del mio maestro d'architettura Ernesto Nathan Rogers. Rogsrs mi insegnò anche il valore della diversità: nel suo studio c'eravamo Aymonino, Gregotti, Rossi ed io, tutti diversissimi, ma è appunto la diversità che consente lo scambio, l'arricchimento». Si ricorda il primo libro che ha comprato? «Il ponte di San Luis Rey di Thornton Wilder. Aveva la copertina giallo-arancione. Una ricerca su quel che accomuna le persone, la scoperta del bisogno d'amore. Ero al ginnasio, gli anni in cui mio padre aveva una motocicletta da corsa per le scampagnate e portava via mia madre terrorizzata, tutti e due molto belli, e non sapevo mai se tornavano. Papà aveva anche auto sportive. Morì in un incidente. La mamma era il nostro salvagente, mio e di mia sorella. Lei mediava, tra noi e papà». Un altro passo, signora Aulenti. Quale autore, quale libro incontriamo? «Direi Goethe, non solo il poeta e il narratore, ma anche il Goethe che studiava i colori, la botanica, la mineralogia. 11 fondere arte e scienza, nel periodo milanese dell'Università, mi sembrava l'essenza stessa dell'architettura. Goethe mi ha messo in guardia contro le evasioni fini a se stesse, contro i giochi e le mode. Nella seconda metà degli Anni '50 cominciai a leggere i rarissimi libri di architettura che dalla Svizzera ci portava il libraio Salto a Casa- bella, all'Università, nei nostri primi studi professionali. Praticai da allora una mia resistenza contro due deviazioni: l'architettura soltanto teorica e l'architettura soltanto rappresentata, esibita, vaga ed estetizzante, senza più i suoi contenuti primari, progettuali ed esecutivi, senza più pensiero. Come nel cosiddetto postmoderno. Goethe, più la mentalità pragmatica di Rogers, qui mi hanno aiutata davvero. L'architettura non è soltanto un fatto formale, spaziale: è cosa ben più corposa, densa di storia, di uomini. Io cerco di connettere varie dimensioni, di farle convergere. Non si può essere specialisti e basta. Devi inserire un particolare in un tutto. Come in Gueira e pace. Devi mettere in evidenza il genius loci. A proposito: Gè nius loci si intitola una sedia che ho disegnato in omaggio allo scrittore Raymond Roussel». Siamo ormai all'oggi? «Siamo al tempo in cui leggo ancora moltissimo per curiosità, per conoscere, per capire i luoghi in cui inserisco i miei progetti, sia U musco d'arte catalana a Barcellona o il museo d'arti; asiatica a San Francisco. Non leggo por abbandono, per evasione. Con un'eccezione, Heinrich voti Kleist, un'apoteosi di romanticismo, di sentimenti gridati, che non ini corrispondevano e che ho scoperto tardi, su consiglio di Luca Ronconi. Kleist mi ha dato una grande allegria, e venuto al momento giusto. Di solito l'ggo per disciplina, per severità. Riconosco che sono severa, con me stessa molto più chi' con gli altri: è una difesa, un'autodisciplina, se no mi disgrego. Ma non ho avuto una vita troppo lineare, mi sono disgregala anch'io; però poi mi sono ricompattata... Leggo nei lunghi viaggi in aereo e leggo a casa, in poltrona. Ho preso il posto di mio padre, ma la mia poltrona è chiara e nessuno è seduto davant i a me». Claudio Altarocca 6 6ll Goethe che studiava i colori, la botanica, la mineralogia. E'stalo lui a insegnarmi a fondere arte e scienza, a mettermi in guardia contro k evasioni fini a se stesse, contro i giochi e le mode. Ibi mi ha aiutalo Rogers, il mio maestro <. • al pragmatismo ■ ■ ' ir ir " °' -" '

Luoghi citati: Barcellona, Biella, Calabria, Puglia, San Francisco, Svizzera, Udine