amore e guerra

amore e guerra Mikhalkov inaugura stasera un Festival ricco di maestri, ma trascurato dai kolossal industriali amore e guerra Lietta Tomabuonl inviata a CANNES «Il barbiere di Siberia» di Nikita Mikhalkov, con cui s'inaugura stasera il 52° festival di Cannes, esce stasera stessa nei cinema francesi ma, per far finta di rispettare regole e privilegi storici, viene proiettato soltanto alle 20.30, «due ore dopo l'evento canne nsc»: sono espedienti, trappolette miserande per approfittare d'un po' di pubblicità gratuita, e testimonianze di quanto sia spinosa l'esistenza della maggiore rassegna europea di film, sfruttata, mitizzata e insieme disprezzata dal cinema industriale. Aspettando il Duemila, il festival nasconde il mare dietro le pareti di cemento d'una nuova sede per il Mercato dei film, dietro sfilate di puntute tende bianche occupate dall'emirato degli sponsor, da radio, televisioni, manifestazioni, produttori e soci. Il festival parla d'amore, e combatte una guerra. L'amore con i suoi baci sta sui manifesti della retrospettiva «Il film d'amore»: fra le strette di Vivien Leigh e Robert Taylor ne «Il ponte di Waterloo», di Ingrid Bergman e Cary Grant in «Notorius» o di Marcello Mastroianni e Monica Vitti ne «La notte», ci sono pure la bocca sfacciata di Sue Lyon in «Lolita», i balli lenti de «Les dames du Bois de Boulogne», le passioni carnali o incantate di «Un chant d'amour» di Jean Genet, dell'«Orfeo» di Jean Cocteau. Per la prima volta in sei anni, non è un film americano a inaugurare o concludere il festival. C'è l'americano speciale John Malkovich nella parte del barone di Charlus ne «Il tempo ritrovato» di Ruiz, ma la Warner Bros, ha negato al festival l'ultimo film di Kubrick e George Lucas non ha concesso il nuovo «Guerre stellari»: non tanto per una ipotetica paura dei critici che l'anno scorso non ha scoraggiato «Godzilla», quanto per il Umore che i film venissero confusi con la cultura. Dice Samuel Blumenfeld: «L'etichetta culturale su un prodotto industriale non è più un valore aggiunto, ma un handicap temibile». Dice il direttore Gilles Jacob: «La guerra non è tra Cannes e gli Stati Uniti, ma tra il cinema d'autore in via di estinzione e un cinema industriale conformista, standardizzato, ripetitivo». Le grandi società hollywoodiane, le Majors, accusano Cannes d'emarginare, rifiutare o snobbare i loro film, d'essere una cricca elitaria, un Exclusive Club frequentato sempre dagli stessi; «Noi andiamo dove sta il talento», è la replica. Al cinema hollywoodiano non basta ormai essere il più forte nel mondo: la neoarroganza americana vorrebbe eliminare pure ogni concorrenza impossibile, ogni altro genere di cinema che possa costituire un termine di confronto o un'alternativa minoritaria. Guerra brutta, come tutte le Serre: è un sollievo che Cannes :cia la resistenza; che non voglia imitare il festival di Sun dance divenuto, da luogo di scoperta di nuovi talenti, regno degli agenti a caccia di giovani autori da catturare per quelle Majors che poi non sapranno farli lavorare; che dia aiuto a quei registi costretti, per farsi finanziare dalle tv, a imbrogliarle con titoli o copioni fasulli, oppure a quei registi come Palrice Leconte che realizzano film televisivamente impraticabili girandoli apposta in bianco e nero, su grande schermo. La guerra dei film e la guerra del sangue non fermano il festival. «Garage Olimpo» di Marco Bechis è il film più atroce: si riconosce il presente nelle torture praticate dalla polizia argentina sui rivoltosi. Si aspetta Liz Taylor, l'Eletta, vestita da Ferro in rosa e beige, con i cortissimi capelli d'un platino che cela il bianco. Almeno nove film sui ventidue in concorso sono in costume, quello di Chen Kaige risale addirittura al terzo secolo avanti Cristo: ma i film storici costano troppo e si vendono troppo faticosamente per immaginarli solo come un mezzo d'evasione dal presente, di fuga nel passato. Il cinema d'autore si celebra: Werner Herzog ha fatto con «Mein Liebster Feind» (Il mio nemico più caro) la storia del suo legame d'odio e d'amore con Klaus Kinski; Tini Robbins ha fatto con «Cradle Will Rock» la storia d'un musical anticapitalista che nel 1937 il ventiduenne Orson Welles non riuscì a mettere in scena per intervento governativo (tra i personaggi .Bertoldt Brecht, Diego Rivera, Nelson Rockfeller, Margherita Sarfatti). All'Hot d'Or, il premio al cinema pornografico attribuito il 19 maggio, successi italiani: trionfa Rocco Siffredi e si rende omaggio ad Aristide Massaccesi-Joe D'Amato, maestro del genere morto quest'anno. Numeri: 16 Paesi, 15 registi all'opera prima, circa 570 film complessivamente. Aspettando il Duemila, quattro film in concorso (di Almodóvar, Mikhalkov, Ceraie, Ruiz) sono prodotti dalla televisione. Francese. 1 SEMPRE RITORNANO 1 " In polemico con il festival di Cannes I e un • circolo di abbonati, una banda di liabituev) il settimanale americano .Newsweel ■ pubblica questa tabella che {olire. Fellmr fj presente a Cannes 11 volte, Borgman o fj volle. Coppola ó volte, Tarantino.3 volte) % elenca le plunpresenze e i plutiprerni dei I tegisti iti concorso quest'anno MARCO BELLOCCHIO 3 volle r" ~"*CHIN I KAI0E i <■ -A 4 volte Polire ^dOro 1993* .fj. ■•L AT0M E00YAN 1 volte, premialo nel 1097 JIM JARMUSCH 4 velie due premi nel 1984 MAN0EL DE 0LIVEIRA 4 volte f "3 WERNER , ^1 HERZOG 3 volte pn f w-l nel! 9.75 J volte piemi nel 1975 -■" el°8? • _ 1 ; i DAVID LYNCH I 1 volle Palmo. | ARTURO *F RIPSTEIN .^'3 volte ' PWJ 3 RAOUL 1MIX m La Croisette rende omaggio a baci e passioni, e combatte una battaglia contro le major Usa che negano i film più popolari

Luoghi citati: Cannes, Siberia, Stati Uniti, Usa