Pressing su Marini: accettate Ciampi

Pressing su Marini: accettate Ciampi Piazza del Gesù replica: al Colle un politico. Oggi vertice di maggioranza decisivo con D'Alema Pressing su Marini: accettate Ciampi Veltroni e il Polo, fumata nera dopo soli 23 minuti Maria Teresa Meli ROMA La maggioranza, che si riunirà stamattina al gruppo dei verdi, si presenterà con due candidati: Jervolino e Ciampi. La scelta, però, dovrebbe cadere - salvo sorprese dell'ultima ora - sul ministro degli Interni. Tutto risolto, allora? Nemmeno per idea. In quella sede, infatti, continueranno a fronteggiarsi due linee opposte. La prima è quella di Walter Veltroni, il cui ragionamento, in sostanza, è questo: cNoi, domani (oggi per chi legge, ndr), sottoporremo il nome della Jervolino al Polo, se loro ci rispondono di no, allora si passa su Ciampi». L'obiettivo è chiaro: la Quercia, non potendo bocciare la titolare del Viminale vuole affidare l'ingrato compito a Berlusconi, il quale preferirebbe invece che a bruciare il ministro .dell'Interno fossero i suoi compagni di coalizione. Sulla seconda linea è attestato saldamente Franco Marini, che dice: «Si tratta con le opposizioni, non con l'opposizione, e quindi si parla anche con Bertinotti e con Bossi. Comunque vada, si resta su Rosetta. La presentiamo alla prima votazione, e alla quarta viene eletta con l'appoggio di Rifondazione e della Lega. Altrimenti c'è sempre Mancino. Al Quirinale ci vuole un politico e Ciampi non lo è». Il Polo, intanto, attende. Incontra Veltroni. Ma è una riunione che dura solo 23 minuti in cui si dice poco o nulla. Però il centrodestra fa già sapere, per altre vie, cbe la titolare del Viminale non avrà mai i suoi voti, mentre Silvio Berlusconi, che non vuole la Jervolino, sembra aprire a Ciampi. Il Cavaliere confida ad alcuni esponenti della maggioranza che è «disposto a votare il ministro del Tesoro». Ma i popolari, che hanno avuto modo di sondarne gli umori tramite i suoi uomini, continuano a sostenere che, al contrario, il leader di Fi non vuole l'ex governatore di Bankitalia. I diessini sono ai opposto avviso. E anche questo è motivo di contenzioso tre i due partiti. Insomma, l'armistizio tra Ds e Ppi è ancora, lungi dall'essere siglato. Tocca a Massimo D'Alema l'onere di trovare una soluzione. Il presidente del Consiglio, alla vigilia della riunione del centrosinistra, telefieffla^Marfflijip^ biare posizione su Ciompi. «Abbiamo sempre detto - spiega il premier - che il metodo giusto era quello di trovare il candidato che raccogliesse maggiori consensi. Potrebbg esserlo il ministro del Tesoro, e allora perché non vi rendete compartecipi anche voi di questa scelta?». Dall'altro capo del filo la voce del segretario Ppi è dura: «No, non esiste risponde il leader popolare -, sappi che se voi pensate a Ciampi, allora noi presente¬ remo Mancino dalla prima votazione». Niente da fare, insomma, ma il premier ha deciso che, a questo punto, assumerà su di sé l'onere della trattativa. Già, D'Alema, alla riunione di oggi, intende chiedere una delega per trattare con l'opposizione. L'entrata in campo del capo del governo - che si consulta anche con Scalfaro può apparire irrituale, ma per come si sono messe le cose nel centrosinistra, con Marini e Veltroni che si guardano in cagnesco, è difficile che si approdi a una soluzione senza l'intervento di D'Alema. SI, la partita si è fatta complicatissima. E non solo perché i rapporti tra Botteghe Oscure e piazza del Gesù sono pessimi. Mastelliani, dimani, socialisti e repubblicani (più di settanta voti in tutto) minacciano di non votare la Jervolino. Marini insiste, sebbene sia in difficoltà nel suo stesso partito, dove una trentina di franchi tiratori sono pronti. Qualcuno, come Lombardi, palesa le sue perplessità, dicendo: «Nell'interesse del Paese non appare opportuna l'indicazione univoca di un candidato Ppi. E altri parlamentari popolari sono sulle mie posizioni». Mari¬ ni, che in questa partita si gioca anche la segreteria, non vuole sentir ragione, e a D'Alema, che non vorrebbe giocarsi il governo, non resta altro che mediare. In questa confusione, torna l'ipotesi del terzo candidato, che potrebbe spuntare se gli altri due venissero bruciati. A Botteghe Oscure c'è chi ritiene che sotto sotto Marini ci punti. Anche Gianfranco Fini sembra pensarla in questo modo: «Siete sicuri - chiede ai fiornalisti - che il Ppi abbia una sola canidatura? Secondo me ce ne sono altre». Si fa il nome di Mancino. A cui la Lega ag¬ giunge quello di Mattarella. Il Carroccio, confida Maroni ad alcuni parlamentari della maggioranza, «potrebbe votarlo, perché l'importante è che Marini ci dia garanzie politiche sulla legge elettorale». I lumbard appoggerebbero il vicepresidente del Consiglio siciliano anche perché sono sicuri che su quel nome il Polo non ci starebbe mai, e quindi loro diventerebbero determinanti. Secondo indiscrezioni che circolano a Montecitorio, D'Alema potrebbe tenere in serbo questa carta, nel caso in cui non si riesca a venire a capo della situazione con Jervolino e Ciampi. Il palazzo del Quirinale, attende un nuovo Inquilino: il mandato di Oscar Luigi Scalfaro scade il 28 maggio

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