Come si pensavano i libri alla Einaudi di Alberto Papuzzi

Come si pensavano i libri alla Einaudi Come si pensavano i libri alla Einaudi Alberto Papuzzi SE ci fossero dei dubbi sul posto occupato dalla casa editrice Einaudi nella cultura italiana del Novecento, e sull'influenza esercitata, basta considerare il ponderoso volume che le ha dedicato la storica Luisa Mangoni, pubblicato per i tipi della Bollati Boringhieri: si tratta di 976 pagine, in cui sono citati oltre duemila personaggi, fra saggisti, scrittori, politici, editori, le cui storie personali e collettive s'intrecciano con le storie dei libri che hanno fatto la fama del catalogo einaudiano. Questa impressionante mole di lavoro non riguarda l'intera storia dell'impresa che ha perduto il suo fondatore meno di un mese fa, ma soltanto i primi trent'anni. Il racconto si ferma agli Anni Sessanta:' le ultime pegine sono ri- servate all'Isnruzione negata, di Franco Basaglia, un libro estremo, che condensava i succhi di una nuova stagione, del tutto diversa, anche industrialmente. La periodizzazione scelta dall'autrice rispetta una cesura tradizionale, facendo propria l'idea che il patrimonio di valori e di cultura, che aveva nutrito lo Struzzo a partire dagli Anni Trenta, si stesse esaurendo con i cambiamenti che avvengono ne - tAnni Cinquanta sia fuori sia itro la casa editrice. In questo senso il titolo dell'opera è assai significativo: Pensare i libri, nel quale si condensa una doppia immagina del lavoro editoriale, sia come produzione tipicamente artigianale sia come espressione di un intellettuale collettivo. Questo presupponeva l'esistenza, se non altro nella tradizione einaudiana, di «un gruppo culturale, antifascista sul seno, che da trent'anni lavora per la libertà, in campo intellettuale», come scriveva Paolo Spriano a Giulio Einaudi nel settembre del 1963, lamentando che non ci fosse nulla in cantiere per il trentesimo anniversario della casa editrice. Gli Anni Cinquanta, ai quali la Mangoni dedica il lungo capitolo «Gli anni del disagio», segnano la rottura di questa coesione, per la prima grave crisi finanziaria, la diaspora del 1956 fra gli intellettuali comunisti e divisioni interne sulle scelte editoriali, la più nota delle quali è la disputa su come pubblicare l'opera di Nietzsche. Le fosche incertezze sui destini aziendali, che porteranno alla cessione delle edizioni scientifiche a Paolo Boringhieri, avrebbero meritato maggiore spazio, tuttavia questa non è stona imprenditoriale, ma storia della cultura, ricostruita con un'acuta attenzione ai rapporti fra l'identità di un gruppo e memoria collettiva, ma anche studiando singoli intellettuali, comprese figure eccentriche come Roberto Cerati, vero responsabile del catalogo, mediatore del rapporto coi librai, punto di raccordo nel passaggio a una gestione più industriale. Non a caso oggi nuovo presidente in via Biancamano. Luisa Mangoni Pensare ili bri La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta Bollati Boringhieri pagine 976, lire 100 mila