Gli italiani stanchi della guerra di Antonella Rampino

Gli italiani stanchi della guerra Tutte le inchieste concordano. Anche i francesi stanno diventando più critici Gli italiani stanchi della guerra // consenso ai raid Nato è sceso del 7per cento Antonella Rampino ROMA Dopo la fiducia nella guerra intelligente, etica, pulita e perfino umanitaria, l'inutilità si affaccia nelle coscienze degli italiani: il consenso all'operazione di guerra della Nato in Serbia è calato, rivelava ieri Renato Mannheimer sul Corriere della Sera, di ben il 7 per cento, «ma il dato sostanziale è forse anche più alto, e quel che accade in Italia segue l'esempio francese», dove la flessione è addirittura precedente agli ultimi «errori bellici», avverte Stefano Draghi dell'Explorer. Perché l'Alleanza colpisce, ma sbaglia obiettivi, un errore dopo l'altro, mentre la strategia militare risulta sempre meno chiara. L'opinione pubblica, avvertiva già Lipmann, si forma interpretando la realtà, facendola propria, perfino immaginandola. Ed è proprio per questo che, oggi, il calo dei consensi all'operazione della Nato in Serbia sembra a tutti, sondaggisti e politici, del tutto naturale. Le democrazie non sono fatte per la guerra, come hanno sempre insegnato i Churchill, i Kennedy, obietta Furio Colombo. In democrazia, quello che si definisce l'uomo della strada non sopporta le crudeltà di un conflitto armato. E questa è una guerra mediatica, che rovescia ogni giorno un flusso imponente di immagini cruente dallo schermo televisivo, «e la tv è un mezzo caldo, ra¬ pido, che stimola una pronta reattività dell'opione pubblica» avverte Draghi. Per giunta, anestetizzati dal proprio benessere, i cittadini dell'Occidente democratico si sentono adesso spinti in prima linea. Gli italiani, soprattutto: «Il Kosovo, la Serbia, non sono le Falkland: stanno a un passo da Rimini». Dunque, nessuno stupore dell'inversione di tendenza, al quarantottesimo giorno di guerra, nel sentimento che essa suscita. Nicola Piepoli del Cimi ci tiene a specificare che, avendo 74 anni. le bombe se le ricorda, tira un sospiro di sollievo: «Gli italiani, finalmente, si sono ricordati che l'amore è meglio della guerra». E con quel 5 per cento m più sul fronte non-interventista, siamo anche il Paese più pacifista d'Europa, aggiunge. Come sia potuto accadere un così rapido rivolgimento, se si pensa che per esempio all'inizio dei bombardamenti è accaduto in una chiesa, a piazza in Lucina a Roma, che quando durante l'omelia il sacerdote ha inneggiato alla pace, molti hanno lasciato la messa a metà, è facile da capire. «Abbiamo registrato il primo calo di consenso all'indomani del bombardamento della tv serba, il primo vero errore della Nato che gli italiani non hanno digerito, perché nell'immaginario di noi tutti una stazione televisiva è uno strumento legato alla democrazia, alla modernità», racconta Mannheimer. E, appunto, le democrazie reggono molto poco alle crudeltà della guerra. Ma reggono abbastanza per distinguere tra emozione e ragione: di nuovo, sondaggisti e politici sono d'accordo nel sostenere - anche senza indagini di conferma - che alle prossime elezioni europee i partiti non saranno «puniti» per ù loro interventismo bellico. «Votare è un gesto che appartiene al livello della razionalità, opporsi alla guerra è una reazione emotiva: i due piani non tendono affatto a sovrapporsi» dice Piepoli. «Gli eventi esterni non hanno mai influito sulla politica, non saranno puniti i partiti che hanno sostenuto la guerra, né premiati quelli che l'hanno osteggiata» aggiunge Draghi. So¬ prattutto, la sensazione degli esperti d'opinione pubblica è che non ne soffrirà Botteghe Oscure. Almeno secondo Mannheimer: «I Ds si sono posti come fedele alleato della Nato, e insieme si sono adoperati per la pace. Ho la sensazione che l'attivismo internazionale di D'Alema, tutte le sue telefonate a Clinton, rassicurino la pubblica opinione. Le dicono: noi lavoriamo per una soluzione del conflitto». Ma in quanto ad elezione, in prima linea ci sono loro, i politici. E se Furio Colombo, che è un intellettuale che ha sempre studiato i flussi d'opinione, ma anche un parlamentare progressista, si dice d'accordo con Mannheimer, Fausto Bertinotti non se la sente di fare previsioni. Dice solo che «il dissenso nei confronti della guerra crescerà, e i politici dovranno tenerne conto». Gloria Buffo, della sinistra diossina, invece non ha mai avuto dubbi che la guerra possa pesare sulle elezioni europee, «perché la guerra è elemento di discussione e travaglio, e chi aderiva in nome degli scopi umanitari vede adesso i civili uccisi, e questo delegittima l'intervento». Ma niente paura: se è vero, come dice Buffo, che «il partito poteva prendere le distanze dall'intervento Nato più di quanto non fosse possibile al presidente del Consiglio», è anche vero che gli italiani sono orgogliosi della missione Arcobaleno. Per fortuna, perché sennò, altro che 5 per cento... Il malcontento ha preso a salire da quando è stata bombardata la tv serba Poi, errore dopo errore, è cresciuto fino all'attacco all'ambasciata Il presidente del Consiglio Massimo D'Alema

Luoghi citati: Europa, Falkland, Italia, Kosovo, Rimini, Roma, Serbia