E il piccolo Peter Pan torna a giocare di Francesco La Licata

E il piccolo Peter Pan torna a giocare UNA OIÓR^ CHE RICOSTRUISCONO-REGOLE E ABITUDINI ■ E il piccolo Peter Pan torna a giocare I bambini protagonisti della vita a «Peace town» reportage Francesco La Licata Inviato a COMISO B ENVENUn nella città della pace, benvenuti a ' «Peace town», recita in doppia lingua il cartello variopinto, fatto allestire dal Comune, che disegna sullo sfondo la sagoma di Comiso. Non si può non vederlo, entrando dalla porta carraia dell'ex base Nato. Ha preso ormai la forma di una città, l'aeroporto «Vincenzo Magliocco». Una comunità che comincia a darsi regole, orari o abitudini. ' Sono i bambini i protagonisti del ritorno alla vita del «popolo in fuga». Su una popolazione di circa ottocento kosovari, sono la maggioranza. Sono rinati. Quanto sono doversi ora che corrono al sole lavati, pettinati e profumati. Stanno superando ogni paura: non sembrano più intimoriti dalle divise dei solduti. Ieri mattina passeggiavano tranquillamente facendosi tenere per mano da giovanotti in tuta mimetica. Il piccolo Peter Pan, quattro soldi di cacio col cappelletto perennemente calato sulla fronte, trascina per mano un sergente grande e grosso, poi si libera e lo rincorre per il prato. Più in là, giocano a palla. La vera novità della giornata è la comparsa dei giocattoli: balocchi, Pluto di plastica e i meravigliosi pattini, sgargianti nei loro colori vivi. C'è stata una distribuzione straordinaria di giochi promossa dai ragazzi dell'Agesci, gli stessi che - in divisa da scout • sin dal primo giorno sono venuti a «Peace town» a fare animazione coi bambini. Ed eccoli, ora chiamarsi per nome: Albana, Jeton, Natila, Antigona, (bini, Tanimpagenitos Yili che salutano i ragazzi italiani in un impeccabile «buongiorno» imparato velocemente. Chi vuole, può guardare i cartoni animati. La Chiesa fa anche da centro per l'intrattenimento, con lo schermo grande o le videocassette della Disney. Sarà possibile anche agli adulti guardare la tv e seguire i notiziari in lingua albanese, grazie al collegamento assicurato da una parabolica già installata. Sono avidi di notizie, i profughi. I piccoli faranno presto ad imparare l'italiano, i volontari. dell'Agesci riferiamo della loro «particolare predisposizione». I padri, le madri, i nonni, hanno qualche difficoltà. Chiedono giornali scritti nella loro lingua. Chiedono di poter rintracciare qualche familiare. Da ieri mattina ogni «quartiere» della cittadella è fornito di telefono pubblico. Non c'è ancora la linea e così si forma una piccola processione in direzione dei telefoni della «sala operativa» della Protezione civile. Ognuno stringe in pugno il proprio bigliettaio .coi numeri scritti con mano incerta: chi vuol chiamare la Svizzera, chi la Germania, chi addirittura l'Australia. La popolazione di «Peace town» aumenta di circa trecento unità al giorno: un ritmo più lento di quello che ci si aspettava. Come mai? La spiegazione l'ha data il sottosegretario alla Protezione civile, Franco Barberi, venuto ieri per un primo bi- lancio dell'operazione Arcobaleno a Comiso. Le sue parole confermane una certa difficoltà dei profughi ad accettare il viaggio in Italia. Per vincere le resistenze, da Comiso sono state inviate nei .campi della Mace¬ donia cassette audiovisive che documentano la «soddisfazione» dei kosovari già ospiti della cittadella. Sono ancora storditi, i profughi. Alcuni non sanno dove si trovano, Sì, dicono Sicilia, ma non hanno idea di che cosa sia questa terra. Chiedono se siamo a Roma o a Firenze. Per loro Milano è una squadra di calcio. Problemi? Pochi, ora che «Peace town» ospita circa ottocento rifugiati. Sarà così quando saranno cinque- L_ mila? I responsabili della Protezione civile si sono già posti .i problema e hanno in mente una sorta di responsabilizzazione collettiva, .lenza la quale sarebbe davvero difficile la gestione di una comunità, sulla car- ta libera di muoversi a proprio piacimento, ma in realtà costretta a limitazioni. Probabilmente i kosovari designeranno dei «delegati», una sorta di consiglio degli anziani che in altre occasioni ha funzionato. Saranno loro i garanti dell'ordine. E quando le dimensioni del campo si dilateranno, si renderà necessario il «decentramento». Quindi fine della mensa comune ed istituzione di cucine dei singoli «quartieri», almeno a livello di distribuzione. Ciò per evitare una fila alla mensa che sarebbe chilometrica. Più in là, inoltre, quando sa- ranno occupate anche le case più lontane, sarà inevitabile escogitare un sistema di trasporti interno. Quanto durerà? Le previsioni di Franco Barberi non autorizzano a pensare ai tempi brevi Anche se, ha nsiglio creare artieri» ne sarà rescerà campo detto, «ci auguriamo prima possibile, soprattutto per i kosovari, che hanno diritto a tornare nel proprio territorio, ma anche per restituire questa struttura ai progetti originari». E i comisani? Sembrano tolleranti, almeno ora che i profughi li vedono solo in televisione. La base non è Comiso, il «quadrilatero» è estraneo al Paese. Sarà così quando, inevitabilmente, il «popolo in fuga» raggiunte le proporzioni previste vorrà prendere contatti col territorio? I bambini di Comiso sono venuti alla base una sola volta. Erano gli alunni della scuola Pirandello, alcuni stupiti di vedere, a «Peace Town», «case più belle delle nostre». La città, comunque non dà segni di nervosismo, anche perché qualcosa arriva: si produce il pane, qualche ditta lavora, ci si approvvigiona di viveri e dall'Ufficio di collocamento sono partiti anche trenta disoccupati: saranno addetti alle pulizie. Tra giocattoli e cartoni animati i ragazzini hanno già imparato le prime parole di italiano. I loro genitori, affamati di notizie, seguono la tv albanese Già si parla di un «consiglio degli anziani» e di creare veri e propri «quartieri» e la mensa comune sarà decentrata quando crescerà la popolazione del campo