«Il generale Clark sta piegando Milosevic»

«Il generale Clark sta piegando Milosevic» Il ministro della Difesa britannico risponde alle f critiche di Keegan sulla condotta del conflitto «Il generale Clark sta piegando Milosevic» George Robertson HO grande rispetto per John Keegan, ma in un recente articolo (vedi La Stampa di sabato 8 maggio) ha scritto che il generale Wesley Clark si è dimostrato troppo debole per Milosevic e dovrebbe dimettersi. Sbaglia. Nella sua qualità di comandante supremo alleato in Europa, il generale Clark sta portando avanti una strategia approvata da tutta la Nato. E lo sta facendo bene. E solo grazie al fatto che stiamo vincendo la campagna militare che ora iniziamo a fare progressi diplomatici. L'analogia che Keegan ha usato riferendosi alla guerra del Golfo è, come lui dovrebbe sapere meglio d'ogni altro, fuorviarne. Le montagne albanesi non sono adatte ai carri armati. E questa non è «la guerra aerea di Clark». Tutto: dall'ideazione dell'operazione fino ai dettagli tattici, è stato sottoposto al processo di pianificazione della Nato. I piani sono stati aggiornati, poi concordati a livello politico. Al vertice di Washington la campagna aerea è stata unanimemente approvata dai 19 Paesi membri dell'Alleanza. I Paesi impegnati nella partnership con la Nato e quelli che circondano geograficamente la dittatura di Milosevic, erano tutti rappresentati a Washington per appoggiare la determinazione della Nato. Allo stesso modo, restiamo uniti anche in caso di errori. Chi critica la Nato vedrà il tragico bombardamento dell'ambasciata cinese come un'occasione per ulteriori critiche. Vorrei solo puntualizzare alcuni concetti: 1) noi ammettiamo gli errori e ci doliamo sinceramente per la perdita di vite umane; 2) considerando la quantità di ordigni usati dàlia Nato, è importante ricordare la rarità di simili incidenti; 3) la nostra trasparenza e il nostro rincrescimento sono in lampante contrasto con Milosevic, le cui bande uccidono non per errore, ma per calcolo politico. Vale la pena sottolineare, anche, che mentre gli inviati delle tv possono ottenere le immagini che i serbi vogliono mostrargli, essi non hanno alcun accesso m Kosovo, dove si svolgono brutali atrocità. La campagna aerea sta funzionando. Milosevic ora cerca un modo per fermare i bombardamenti, mantenendo alcuni dei vantaggi ottenuti con la pulizia etnica. Il rilascio dei tre militari americani prigionieri aveva come obiettivo l'ammorbidimento dell'opinione pubblica Usa. Il rilascio di Ibrahim Rugova tendeva ad accelerare il processo diplomatico, mostrando che Belgrado è pronta al compromesso. Intanto, gli organi d'informazione serbi, controllati da Milosevic, preparano la popolazione ad un ritiro. Essi hanno dichiarato che il conflitto in Kosovo è finito, che i «terroristi» sono stati liquidati e che la vita civile è slata ristabilita. Gli «elementi» responsabili di «saccheggi ed altri crimini», secondo i media di Milosevic, sono stati arrestati e puniti; Pur se Belgrado è stata finora rumorosamente contraria ad una forza militare internazionale in Kosovo, essa non ha respinto le proposte del G-8. Non è che Milosevic abbia tutt'a un tratto ritrovato la sua coscienza: vuole solo uscir fuori da un vicolo cieco finché può. Non si vuol credere alla Nato? Va bene, ma si può credere a qualcuno che è stato a Belgrado durante tutta la campagna aerea: Zoran Djindjic, il principale oppositore politico serbo. Egli ha detto: «Non c'è alcun bisogno di un'invasione di terra della Nato, perché la campagna aerea è stata molto efficace. I raid hanno distrutto le infrastrutture serbe, e tra poche settimane Milosevic non sarà più in grado di continuare la guerra». I battaglioni dei giornalisti di Milosevic chiamano ora Djindjic «traditore». Nel corso della campagna aerea gli aerei della Nato hanno effettuato 15 mila sortite. Le forze sotto il comando del generale Clark hanno iniziato col colpire lo scudo difensivo di Milosevic. Esse hanno smantellato le sue difese aeree, poi le infrastrutture che sorreggono il suo regime: i depositi di carburante e le raffinerìe che fanno muovere la sua artiglierìa e i suoi carri armati; i ponti, le ferrovie e le strade che gli servono per rinforzare e rifornire le sue truppe in Kosovo; i media, che hanno fatto tanto per promuovere e prolungare il conflitto nell'ex Jugoslavia; le centrali elettriche, essenziali per gestire la macchina multare. Allo stesso tempo, la Nato ha dato la caccia all'alto comando di Milosevic: i cervelli che stanno dietro le atrocità. Le forze di Milosevic in Kosovo sono sempre più isolate. I rifornimenti arrivano con difficoltà. Cibo e carburante sono scarsi. Non hanno copertura aerea, né alloggi soddisfacenti. E giorno dopo giorno la Nato invia sempre più aerei a colpire ì responsabili della pulizia etnica. Negli ultimi giorni c'è stata una svolta sul campo. Le forze di Milosevic sono ora sulla difensiva. Esse sono inchiodate al suolo dagli attacchi della Nato, impossibilitate a muoversi liberamente per concentrarsi o per attaccare. Oltre un quinto delle sue truppe in Kosovo sono state distrutte. Quando non sono impegnate a nascondersi dagli attacchi, tentano di riparare i danni e di rifornirsi attraverso le loro linee di co¬ municazione devastate. E i fantasmi della pulizia etnica di Milosevic stanno tornando per dar loro la caccia. Come la fenice, l'Uck sta tornando in tutto il Kosovo, ed è un Uck differente, perché costituito sempre più da giovani armati dell'arma più potente: la coscienza di non aver più nulla da perdere. Le truppe di Milosevic vengono risucchiate da un incubo che esse stesse hanno creato. La Nato ha lanciato i suoi attacchi sulle unità responsabili della pulizia etnica a Djakovica, che sono state costrette ad abbandonare la città. In un'altra zona, le unità della 63" brigata paracadutisti e della 211" brigata motorizzata sono state costrette a ritirarsi a Junik per raggrupparsi, dopo i forti attacchi della Nato. Milosevic ha iniziato a perdere sul terreno, e sta tentando ora di salvare il salvabile con la diplomazia. Ma è bene che non s'inganni: noi non scenderemo a compromessi sulle cinque condizioni poste dalla Nato. Il vertice del G-8 ha confermato il suo isolamento internazionale. Ciò che deve aver fatto più male a Milosevic è il fatto che la Russia ha svolto un costruttivo ruolo guida nel rafforzare il suo isolamento. Ed è significativo che il G-8 abbia anche concordato la necessità che una forza di sicurezza internazionale credibile entri in KOsovo per garantire il ritorno dei rifugiati alle loro case. Milosevic sta cercando una via d'uscita, ma l'unica strada che la Nato accetterà è quella che porta lui e le sue truppe fuori dal Kosovo. Il generale Wesley Clark, assieme agli ottimi uomini ed alle ottime donne della Nato, gli mostreranno la porta. Copyright The Daily Telegraph-La Stampa «Non è la "sua" guerra aerea L'intera strategia è stata concordata da diciannove Paesi» «Solo grazie al fatto che stiamo vincendo la campagna militare si vedono progressi diplomatici» f