Jiang Zemin non risponde
Jiang Zemin non risponde Jiang Zemin non risponde Clinton tenta invano di parlargli al telefono Andrea di Robllant corrispondenti) da Washington Bill Clinton ha cercato di telefonare a Jiang Zemin ieri per esprìmere a voce le sue condoglianze e le sue scuse, ma il Presidente cinese finora si è fatto negare. E il suo rifiuto di venire al telefono rimane il segno più vistoso del brusco deterioramento dei rapporti sino-americani dopo il bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado venerdì scorso. In attesa di parlare con il leader cinese, Clinton ha mandato una lettera a Jiang Zemin - giudicata insufficiente a Pechino - e poi ha chiesto scusa pubblicamente alla Cina per il «tragico errore» di venerdì scorso. 0 Cancelliere tedesco Gehrard Schroeder porterà un'altra lettera di scuse a Pechino a nome della Nato (la sua visita di quattro (domi è stata ridotta a un giorno). Oltre alle scuse formali, Pechino esige dalla Nato un'indagine approfondita sulle cause dell'errore e una punizione esemplare per il colpevole. Ma su questo punto il portavoce dell'Alleanza James Shea ha già messo le mani avanti sostenendo che da un primo esame dei fatti risulta che «l'errore non sia stato di un individuo bensì dal sistema. E' dunque importante correggere il sistema». E Clinton, pur coprendosi il capo di cenere, ha aggiunto: «Non dimentichiamoci che questo è stato un incidente tragico e isolato mentre la pulizia etnica che ha portato all'uccisione di migliaia di persone è un crimine intenzionale e sistematico. Per cui fino a quando le semplici condizioni poste dalla Nato non saranno state accettate, la campagna militare proseguirà». Ma dietro la fermezza americana si avverte un allarme crescente per la brutta piega che hanno preso i rapporti con Pechino, in contrasto con l'atteggiamento un po' sufficiente mostrato dalla Casa Bianca nelle primissime ore dopo la distruzione dell'ambasciata cinese a Belgrado. Fonti ctoU'Amministrazione adesso ammettono in privato che pochi si aspettavano le grandi manifestazioni anti-americane di questi giorni in Cina. E soprattutto non ai aspettavano il tacito assenso che 11 governo cinese ha dato a quelle manifestazioni, almeno nella prima fase. Per questo, dicono, la preoccupazione imme¬ diata della Casa Bianca è l'incolumità del personale diplomatico americano, a cominciare dall'ambasciatore James Sasser, che vive barricato in ambasciata da tre giorni (e che ha già provveduto a mettere al sicuro materiale e documenti delicati). Dall'inizio della guerra in Kosovo la Cina, che aveva subito condannato la campagna aerea della Nato come un attacco all'integrità dello Stato jugoslavo, era stata tenuta ai margini della crisi nonostante il suo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza. L'impressione a Washington era che se un piano di pace fosse messo ai voti all'Onu, la Cina non l'avrebbe ostacolato visto che era contraria alla guerra. Nelle primissime ore dopo l'esplosione della bomba a Belgrado, l'atteggiamento americano era ancora condizionato dalla certezza che c'era «troppo in ballo» nel rapporto alno-americano perché Pechino, dopo le iniziali proteste, non cercasse di calmare la situazione. Ora, dopo la reazione inaspettatamente dura dei cinesi, la diplomazia americana si sta impegnando allo spasimo per contenere i danni. E per assicurarsi che la Cina non eserciti il suo diritto di veto - o minacci di usarlo per ottenere concessioni sgradite alla Nato - quando il piano di pace sarà mésso' al voto all'Onu. Nel frattempo 1 cinesi hanno già fatto sapere che non parteciperanno ai prossimi colloqui con gli americani su diritti umani e proliferazione nucleare - due aspetti fondameli tali del rapporto Usa Cina. E pochi si aspettano che.il governo cinese collabori con le autorità americane per chiarire il' giallo sullo spionaggio nucleare al laboratorio di Los Alamos e quello sui fondi elettorali al partito democratico. Un'altra grave conseguenza della bomba sull'ambasciata, dicono molti esperti, è un ulteriore rinvio dell'entrata della Cina nel Wto, l'organizzazione mondiale per il commercio. Schroeder parte per la capitale cinese portando il rammarico dell'Alleanza Clinton rivolge scuse ufficiali alla Cina, Il presidente Jiang Zemin non gli risponde al telefono
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