Poli: «Arrivo ai 70 anni col cuore che sanguina» di Osvaldo Guerrieri

Poli: «Arrivo ai 70 anni col cuore che sanguina» Parla l'attore: «I compleanni non contano, l'unica data certa è quella del morire» Poli: «Arrivo ai 70 anni col cuore che sanguina» Osvaldo Guerrieri ROMA Auguri a Paolo Poli. Tra pochi giorni (il 23) compie settantanni. Quasi non ci si crede. Il più derisorio fra i nostri attori, il più beffardo e divertente, è ormai giunto alla riva degli anni bianchi. Domato? Neanche per sogno. Il distillatore notturno di prelibatissimi veleni teatrali festeggia a modo suo: lavorando, interpretando al Manzoni di Roma «Satie», un ennesimo rovesciamento dei luoghi comuni ispirato dal musicista che seppe giocare con la musica come nessun altro. Però, alla data fatidica del 23, chissà che festa. Magari qualche bengala che va ad esplodere nel cielo notturno di Roma e poi, invece dei lampi, libera una cascata di lustrini con coda di paillettes.. Potrebbe succedere, no? «Non succederà niente, invece. Settantanni? Non m'importa nulla. £ poi, chissà se il computo dell'annuario è giusto». Vuol dire che la data di nascita potrebbe essere sbagliata? «Si nasce qua, si nasce là... ieri... domani... L'unica data sicura è quella del morire». Perché è così amaro? Settant'anni sono pur sempre un bel traguardo. «Molti ci sono arrivati, molti l'hanno superato. C'è anche Woody Alien che, quanto a durata, tenta di paragonarsi a Geova. Lui dice Geova invece di Dio perché è ebreo». Alloro niente, neanche un regaluccio, neanche un'imitazione di festa. «Le celebrazioni proprio no. Quelle sono l'unica cosa che il fascismo non ci ha fatto mancare. Da bambinetto marciavo anch'io con la camicia nera, ma in testa mi mettevo un cappello tirolese». E i regali? «Detesto ricevere regali. Preferisco amare che essere amate. E non mi piace nemmeno fare bilanci. Quel che uno ha fatto lo dice la storia, non la persona. Perciò non mi pare che un compleanno sia un'occasione d'esame». Insomma, i settantanni non le danno alcuna sensazione. «Una me la danno: mi fanno sentire un po' più rimbecillito». Le posso ricordare, senza approfondire il suo malumore, che in questo 1999 ricorre per lei un secondo anniversario? «Quale?» Cinquant'anni di carriera. «In effetti cominciai nel 1949. Ma non sono cinquant'anni di carriera. Sono cinquant'anni di educazione sentimentale. E' una storia ' alla Flaubert, non legata alla gioia. Infatti non aspetto di andare alle Maldive. Sono stati cinquant'anni di lavoro. Di lavoro che mi piaceva. Cinquant'anni d'illusione e di gioco». Magari col gusto di qualche ricordo. «Io sonò come dentro quel film in cui Maria Antonietta d'Austria rivede proprio le sequenze più brutte del film e • inorridisce. Meglio dimenticare che ricordare». Ma lei è passato per esperienze difficili: le censure, le denunce... «Queste cose non dipendono solo dall'individuo, ma dal gioco dei bussolotti. Il sono come il vaso di coccio. Don Abbondio è pauroso, debole, ma alla fine trionfa, lui va a sedersi alla tavola dei potenti, mentre quel babaccione di Renzo si rincitnillisce con la sua Lucia». Che vuol dire? «Voglio dire che il destino di ognuno è fatto di condizioni storiche. Sono stato fortunato ad aver fatto quello che volevo, nonostante la conduzione del secolo». Però i politici che l'attaccavano... «Chi se ne frega. Oggi è uguale. Non mi denuncia nessuno, ma certi atteggiamenti non sono cambiati. Mi piace e mi basta il riconoscimento della gente. E' questo che dà feli¬ cità al lavoro». Il gusto del travestimento rientra in questa felicità? «Un tale disse: quando mi sono trovato col vestito di Babbo Natale, i nipotini non mi hanno riconosciuto ed io sono stato felice. Tutti si travestono. Da bambino, visto che non mi permettevano di giocare con le bambole, fui costretto a travestirmi da soldato. Per un anno girai con un occhio bendato, dicevo che ero cieco. Capisce? Tutto avviene nel cervello». Ma certi personaggi che lei crea, femminili, buffoneschi, parodie... «Non esistono i personaggi. Sa perché Dante è così amato? Perché ha trovato la serenità scavando nel cuore degli uomini. Io sono così. O come Proust. Proust racconta, e non sa se è bambino, se è vecchio. Invece non sarò mai co¬ me la Contessa di Albany, la donna di Vittorio Alfieri, molto meno intelligente di lui. Lei sì che faceva i bilanci della serva: tanto di questo, tanto di quello, ordine qua, ordine là... Che orrore, quell'ordine. Io sarò sempre disordinato, io dirò con Metastasi "Dell'error mio or mi disdico / e mi disdico anch'io". Anzi, sa una cosa? Fin che il cuore sanguina, è ancora vivo». ai 70 anni sanguina» il 23 Paolo Poli maggio compirà settantanni e II festeggerà lavorando, in scena con «Satie» al teatro Manzoni di Roma

Luoghi citati: Albany, Austria, Maldive, Roma