Londra vende, l'oro crolla di Ugo Bertone

Londra vende, l'oro crolla Il metallo giallo in decisa flessione ha perso sei dollari l'oncia in due mesi. I contratti future giù di oltre due punti Londra vende, l'oro crolla Gli operatori: poteva andare peggio Ugo Bertone MILANO «L'attesa corsa all'oro é finalmente cominciata: peccato che sia al contrario...». Chissà con quale spirito i risparmiatori che si sono ostinati a scommettere sul metallo nobile potranno accogliere lo «humour» britannico del «Financial Times». Le notizie, infatti, non sono buone. Anzi, sono pessime. A sorpresa, il Tesoro di Sua Maestà britannica ha annunciato venerdì scorso l'intenzione di cedere ben 415 tonnellate d'oro sulle 715 conservate nei forzieri della Corona. Un «tradimento» visto che il «gold standard», ovvero l'ancoraggio di una valuta a una quantità prefissata d'oro venne introdotto per la prima volta noi mondo in Inghilterra nel 1717 su un'idea di sir Isaac Newton. Un fiume di denaro, ovvero 6,5 miliardi di dollari (quasi 12 mila miliardi di lire) alle quotazioni correnti, da offrire ai privati in un momento in cui la domanda di oro, dati i noti problemi di liquidità degli sceicchi e degli altri compratori asiatici, per tradizione attratti dal metallo giallo, è già abbatsanza scarsa. L'invenduto sul mercato dell'eoro fisico» (esistono anche i contratti «futures», in discesa del 2,5% dopo l'annuncio inglese e le azioni delle società aurifere) Matti, già si aggira sulle mille tonnellate all'anno. Per questo motivo, gli osservatori giudicano un grande successo il fatto che le quotazioni siano scese di «soli» sei dollari e mezzo all'oncia (da 288,40, il massimo da 50 giorni a questa parte, a 282 dollari circa, con una perdita per la Gran Bretagna di 150 milioni di do)lari) dopo un annuncio di quella portata. «Almeno - si consolano alla Gold Fields Minerai Services la Gran Bretagna ha scelto un metodo, quelle delle aste che garantirà trasparenza e costituirà un modello per il futuro». Già, perché la Gran Bretagna non é l'unico Stato ad aver ripudiato l'oro come riferimento principale delle sue riserve. Negli Anni Novanta si sono registrate massicce vendite da parte di vari Paesi: Canada, Australia, Benelux, Argentina. Non solo. L'intenzione di procedere, al tonnine di una lunga trafila buro¬ cratica e legislativa, alla vendita delle riserve d'oro, é gà stata annunciata dalla Svizzera (1300 tonnellate conservate nei forzieri della Banca Nazionale) e dal Fondo Monetario Internazionale (300 tonnellate). Rispetto a queste minacce che hanno depresso negli ultimi anni le quotazioni dell'oro, l'annuncio londinese ha almeno il pregio della chiarezza, Il Tesoro di Sua Maestà non venderà, in gran segreto, i lingotti sul mercato sfruttando lo temporanee riprese della domanda, ma si affiderà ad un sistema d'asta: 5 volte di fila, a partire dal prossimo 6 luglio, un battitore metterà all'incanto fino a un totale di 125 milioni di tonnellate d'oro. Digerita questa franche, in futuro le vendite continueranno. Una parte delle riserve residue, 140 milioni di tonnellate su 300, prenderà eventualmente la via di Francoforte per rimpolpare le riserve della lice quando e se Londra deciderà di entrare nella moneta unica. Ma dove finiranno i quattrini incassati? Il 40% verrà investito in dollari, un altro 40% in euro, il restante 20% in yen. La quota di riserve inglesi in oro scenderà così dal 43 al 18%. «E' molto saggio - aggiunge il Financial Times - che il Tesoro accetti il sacrificio di mantenere ancora una quota in oro, un investimento che in questi anni si é rivelato per niente redditizio, anche se ancora utile, parzialmente, come rifugio di fronte alle crisi finanziarie...». Ma i privati? Che senso ha mantenere posizioni in oro quando i banchieri centrali scappano? L'orizzonte dell'oro giallo, almeno a breve, é tutt'altro che felice. I grandi investitori, Banche centrali in testa, sono ormai a caccia di investimenti che producano reddito. E la Gran Bretagna, nella gara alla vendita, ha preceduto altre ban- che centrali: Stati Uniti, Germania, Francia e la stessa Italia, a questo punto nel gotha dei grandi proprietari d'oro del mondo. E prima ancora potrebbero muoversi Svezia e Danimarca. Chissà se, di fronte al fiume d'oro in arrivo dai forzieri degli Stati, sarà davvero possibile che, come si augura il tesoro inglese, tutto potrà finire nelle tasche dei «collezionisti fisici». Prima o poi, è il parere degli esperti, questo sarà il destino del «metallo giallo». E presto potrebbe essere un affare perché, sostengono gli ottimisti, ormai le cattive notizie sono scontate nei prezzi. A fine Anni Settanta, un'oncia d'oro valeva 850 dollari, tre volte di più di oggi... .

Persone citate: Fields, Isaac Newton