La centralità irpina Un eterno ritorno di Filippo Ceccarelli
La centralità irpina Un eterno ritorno IL PALAZZO La centralità irpina Un eterno ritorno Filippo Ceccarelli IL sacrificio di Bianco, l'orgoglio di De Mita, il tradimento di Poppino Gargani, lo struggimento di Nicola Mancino.... Con un po' d'immaginazione si rischia di trovare perfino un po' di Bibbia e di Atellana, di tragedia greca e di teatro elisabettiano, di pochade e cavalleria rusticana nelle storie sempre uguali e sempre diverse che da oltre vent'anni, oramai, offre alle cronache politiche l'Irpinia democristiana o post-democristiana che sia. Chi s'era illuso - ah, candida ingenuità - che laggiù fosse tutto finito, non ha che da soffermarsi sul dramma, in generale, e in particolare sugli spaventosi risentimenti, sulle sottili crudeltà, e gli sdegni, le astuzie, i sarcasmi, le canzonature, i risolini e le commiserazioni, vere o fasulle, che hanno accompagnato la stesura delle liste per le elezioni europee. Come al solito è successo tutto e non è succoso nulla di così rilevante per i destini della nazione. Al dunque, Bianco s'è trovato De Mita in lista; Gargani se n'è andato con Forza Italia; Mancino freme per il Quirinale, ma non capisce se gli altri del clan l'appoggiano o meno. Eppure i m'odi, l'intensità' delle passioni, lo spazio sui giornali e quindi la potenzialità d'incidenza su quello che non ha smesso di chiamarsi «quadro politico» appaiono tali da confermare la centralità di Avellino e degli avellinesi pure in questa seconda Repubblica. Alla rimpatriata manca - è vero - Biagione Agnes, e anche del fratello Mario, storico direttore dell'Osservatore romano, si parla meno di una volta. E tuttavia, se si considera: che di avellinesi di rango ne spuntano fuori sempre di nuovi vedi Ortenzio Zecchino o Pellegrino Capaldo; che qualche giorno fa s'è rifatto vivo pure Salverino De Vito, il ministro più dimenticato della Prima Repubblica; e che con il baglio I re della trovatacela di gemo, il I filosofo Buttiglione ha lanciato per il Quirinale la candidatura di bandiera di Fiorentino Sullo, padre e maestro prima molto amato, poi ripudiato, quindi ignorato e infine riammesso al cospetto dei numerosi figli e figliastri avellinesi, beh, insomma, è un po' come tornare ai tempi in cui si diceva che Napoli era in realtà «Avellino marittima» e l'Italia una pur vasta sotto-provincia dell'Irpinia. Il ritorno di Sullo, De Mita contro Bianco, l'irrequietezza di Gargani. Ma ecco, forse, la vera novità: che il tempo s'è fermato tra le valli dell'Ofanto e del Calore; che quel coagulo di democristiani così acuti nella loro perenne rivalità è riuscito a ricollocarsi • caso unico nella storia politica italiana in un misteriosa dimensione, al di là del vecchio e del nuovo, della sinistra e della destra, della moderazione e della radicalità. E allora, come le madeleinettes^di Proust intinte nel vino di Nusco (su cui divampò una polemica tra De Mita e Fanfani), pare di risentire all'improvviso il sapore di tante cose vanamente dimenticate: lo spizzichino, lo stadio Partenio, la Madonna di Montevergine, la collezione ingiallita di Cronache Irpine, il caffè Lanzara, Marzullo e i Marzullidi, «Nacchettino» fr «Sputazzella», la saga del nipote Giuseppe, le merendine della Dietalat, l'ampia bibliografia di Rotondi (da Trenta irpini in giù), la Ricostruzione e la fabbrica di Morra De Sanctis che a 850 metri di altezza e a 150 chilometri dal mare senza strade di collegamento produceva che cosa? Imbarcazioni. Così continua - viene pensare - la gloria del mondo. i da do.
Luoghi citati: Avellino, Italia, Morra De Sanctis, Napoli, Nusco
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