«Deponete le armi e parlate di pace»

«Deponete le armi e parlate di pace» l Da Bucarest ancora un vigoroso appello del Papa per un'opzione negoziale del conflitto «Deponete le armi e parlate di pace» «Lo scatenarsi della violenza sta riaprendo ferite che con fatica si cercava di rimarginare» Marco Tosati! Inviato a BUCAREST Il papa continua a premere per un'opzione negoziale, e la visita in Romania rìda visibilità all'iniziativa diplomatica della Santa Sede, a dispetto dell'oscuramento praticato nei suoi confronti soprattutto dai mezzi di informazione statunitensi, come lamenta la Santa Sede. Domani mattina Giovanni Paolo n vedrà Ibrahim Rugova (c'è la conferma ufficiale dell'udienza). Ma, ha detto il portavoce Joaquin Navarro, «In diplomazia vaticana non si è mai fermata dall'inizio del conflitto, e un ruolo privilegiato lo ricopre il nunzio a Belgrado». Il messaggio congiunto per la pace firmato dal Patriarca Teoctist e dal Papa «è giunto a tutte le parti interessate, ma per il momento non abbiamo reazioni». E' ipotizzabile un viaggio del Papa a Belgrado, nel caso vi sia una tregua? «Non si possono fare ipotesi, siamo in un perìodo di impasse. Ma il Vaticano ritiene cho l'unica via di uscita sia il negoziato e il rispetto del diritto internazionale. Tanto si dovrà arrivare al negoziato; quindi è meglio arrivarci prima possibile. Se no, dove si vuole arrivare? A distruggere il Paese?». E naturalmente anche Giovanni Paolo II ha toccato l'argomento per chiedere, lasciando Bucarest, «che si arrivi finalmente a deporre le armi per tornare ad incontrarsi e ad intraprendere nuovi e più efficaci dialoghi di comunione e di pace». Il pontefice ha collocato questa nuova tragedia europea sullo sfondo di fine secolo: «Mentre si sta per aprire la porta del terzo millennio - ha detto - ci viene chiesto di uscire dai nostri abituali confini per far sentire con maggior vigore il vento della Pentecoste nei Paesi del vecchio continente e sino agli estremi confini del mondo. Purtroppo il fragore minaccioso delle armi sembra prevalere sulla voce suadente dell'amore e lo scatenarsi della violenza sta riaprendo le ferite che con fatica e pazienza si cercava di rimarginare». Durante la messa ortodossa della mattina si è pregato «per tutti coloro che soffrono per la guerra in Jugoslavia e per i profughi che hanno dovuto abbandonare le loro case». E anche il Patriarca Teoctist ha chiesto nuovamente la fine della guerra. Non era la prima volta che Giovanni Paolo II assisteva a una liturgia ortodossa: era già accaduto a Istanbul, ad Al Panar, nel 1979; ma là era un evento quasi privato, mentre ieri nella piazza Unirii oltre centomila fedeli ortodossi partecipavano alla messa, la prima mai celebrata all'aperto. Una scelta compiuta specialmente in onore di Giovanni Paolo II. Il cerimoniale era accuratamente studiato: il Papa e Teoctist, vestiti di candide ve- liti liturgiche, proveniendo da direzioni opposto si sono incontrati ai piedi dell'altare, davanti a una croce di pietra bianca, hanno scambiato un segno di pace, e accompagnati dal dondolio degli incensieri hanno solennemente salito le scale. A metà messa il triplico abbraccio fra Papa e Patriarca, uno dèi numerosi di questi giorni; più tardi Teoctist annuncia, fra gli applausi, che il Papa è fra i primi donatori per la costruzione della nuova grande cattedrale ortodossa destinata a svettare proprio dove sorge la croce di pietra bianca. Entusiasta il Patriarca: «Le nostre chiese qui presenti offrono al mondo una visione del'immagine della chiesa indivisa... crediamo che le Chiese cristiane debbano riunire le loro forze disperse e concentrarle nell'opera di santificazione dell'uomo e del mondo. Rendiamo Cristo al mondo». Con un «mea culpa»: «Guardando il passato e lo stato del mondo, i cristiani devono riconoscere in uno spirito di pentimento evangelico la loro responsabilità per le sconfitte, le sofferenze, le follie e deviazioni che hanno provocato nel mondo nel corso dei secoli». . Al Patriarca Teoctist, che lo ha affiancato durante praticamente tutti i momenti della visita, nel congedarsi, Giovanni Paolo II ha rivolto un invito a restituire la visita venendo in Vaticano. Suscitando così una acclamazione dei fedeli greco-cattolici che gridavano «imitato, unitate». La via per Mosca è aperta da questa visita così riuscita, la prima in un Paese ortodosso? Risponde Navarro: «Apre più di una porta, apre un varco, ma adesso si tratta di andare avanti. La visita è seguita con molto interesse dai patriarcati ortodossi. Stiamo assistendo a qualcosa che cambia la storia, e imprime un nuovo cammino e una nuova rotta alla storia. Specialmente oggi, con questo abbraccio che è sotto gli occhi di tutti». Anche se non bisogna dimenticare che la Chiesa ortodossa di qui è un po' particolare. L'abbraccio era fra una chiesa ortodossa non slava, ma «latina» e un papa slavo, ma di rito romano. Comunque, ha detto Giovanni Paolo II, tutto ciò «sino a non molto tempo fa era impensabile». ... : PT^" ~r Dopo il trionfale viaggio in Romania diventa sempre più probabile la tanto attesa visita a Mosca l Il Patriarca ortodosso cristiano di Romania Teoctist ascolta il discorso di Giovanni Paolo II. Nella foto a sinistra, una panoramica della folla che ha partecipato alla messa all'aperto in piazza Unirti [FOTO ATI