«In nome di Dio, basta guerra»

«In nome di Dio, basta guerra» Senza precedenti il documento congiunto cattolico-ortodosso per la pace in Jugoslavia «In nome di Dio, basta guerra» Il Papa e il Patriarca da Bucarest Marco Totani Inviato a BUCAREST Pace subito nell'ex Jugoslavia: il Papa e il Patriarca Teoctist hanno Ormato ieri un comunicato congiunto per chiedere la cessazione immediata delle ostilità e indicare i termini precisi di quella chs dovrà essere la pace. E' un inedito storico: non c'è precedente di un documento del genere firmato dal capo della Chiesa cattolica, e dal responsabile di una chiesa (autocefala) ortodossa. Teoctist e Giovanni Paolo n per dare più forza e peso alla loro iniziativa fanno appello «ai cristiani di ogni confessione a impegnarsi concretamente e a unirsi in una preghiera unanime e incessante per la pace». Quindi anche le chiese dei Paesi più «bellicosi», come gli Stati Uniti, ampiamente protestanti e la Gran Bretagna, (anglicani) sono chiamate ad appoggiare questo sforzo per far tacere le armi. E' un manifesto complesso e articolato. «In nome di Dio, padre di tutti gli uomini - chiedono il Papa e il Patriarca - chiediamo pressantemente alle parti impegnate nel conflitto di deporre definitivamente le armi». Si esprìme la solidarietà «umana e spirituale verso tutti coloro che cacciati dalle loro case, dalla loro terra e separati dai loro cari, conoscono la realtà dell'esodo, così come verso le vittime dei bombardamenti assassini». Non è senza peso il fatto che una chiesa ortodossa riconosca la realtà della pulizia etnica operata dai serbi. Ma i confini della Jugoslavia non si toccano; è implicita forse l'autonomia, non l'indipendenza. Il Papa e Teoctist chiedono «a tutti coloro che in una maniera o nell'altra sono re- rusabili della tragedia attuale» vere «il coraggio di riprendere il dialogo» per trovare «condizioni adatte a far maturare una pace giusta e durevole». Scopo ovvio: abbreviare le sofferenze di tutti, e «porre le basi di una nuova convivenza fra tutti i popoli della Federazione». E' opinione di entrambi che in molti modi questo conflitto viola il diritto internazionale. Infatti la comunità internazionale e «le sue istituzioni» (leggi l'Onu) devono mettere in opera tutte «le risorse del diritto per aiutare le parti in conflitto a risolvere le loro divergenze secondo le convenzioni in vigore, in particolare quelle relative al rispetto dei diritti fondamentali della persona e alla collaborazione fra stati sovrani». Se Milosevic ha violato i primi, l'attacco della Nato può apparire illegittimo, lascia capire u documen¬ to, che chiede «pressantemente» che non venga frapposto «alcun ostacolo» alle organizzazioni umanitarie che tentano di portare soccorso a chi soffre. Tutti coloro che sono coinvolti nel conflitto sono chiamati a «compiere gesti profetici, affinché una nuova arte di vivere nei Balcani, segnata dal rispetto di tutti, dalla fraternità e dalla convivialità, sia possibile». Anzi: «il territorio della Repubblica Federale di Jugoslavia» deve dare al mondo un segno poderoso, dimostrando che «può diventare un luogo di pace, di libertà e di concordia per tutti i suoi abitanti». Il drammatico incidente cinese dà più forza alla richiesta di pace. «E' un dramma nel dramma - ha commentato il portavoce papale, Navarro Valla - a conferma che la via del meccanismo militare non porta da nessuna parte. Sono necessarie altre iniziative». Navarro ha risposto con una breve dichiarazione agli attacchi di antiamericanismo rivolti dal «New York Times» al Vaticano. «La posizione del Vaticano nasce dalla convinzione che presto o tardi i serbi, i kossovari e i paesi della Nato dovranno incontrarsi intorno al tavolo dei negoziati. Perché non incontrarsi più presto, prima che distruzione e morte aumentino gli odi e distruggano la fiducia reciproca»? E privatamente fa rilevare che l'ipotesi intorno a cui si sta lavorando è sostanzialmente quella proposta dalla Santa Sede all'inizio del conflitto. Kosovo a parte, oggi era la gior¬ nata della memoria. Il Papa si è recato a pregare privatamente al cimitero dove sono sepolti alcuni dei vescovi greco-cattolici martiri della persecuzione comunista. Le loro foto sono state appese al muro esterno della cappella del cimitero, e Giovanni Paolo II ha trascorso dieci minuti pregando in ginocchio. Gli ortodossi sono stati complici o acquiescenti, ma ha detto il Papa, applauditissimo nella sala del «Santo Sinodo» «per i cristiani sono i giorni del perdono e della riconciliazione». Teoctist gli ha regalato l'elenco dei martiri romeni di questo secolo, cattolici e ortodossi. «Ho cercato l'unità con tutte le mie forze - ha detto Wojtyla - e continuerò a spendere le mie forze sino alla fine». «Solidali con chi è cacciato dalla sua terra e con chi vive sotto le bombe» «Il conflitto viola tutte le leggi intemazionali Bisogna tornare a trattare» L'abbraccio tra il Papa e il Patriarca Teoctist

Persone citate: Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Milosevic, Navarro, Patriarca, Wojtyla

Luoghi citati: Bucarest, Gran Bretagna, Jugoslavia, Kosovo, Stati Uniti