«L'Italia? Non so dov'è Conosco soltanto Saggio» di Francesco Grignetti

«L'Italia? Non so dov'è Conosco soltanto Saggio» ,.,..,..;...,....,,■„....,. . , £ — 1 —~, : ; -v. — 1 -j BAMBINI KOSOWÀRIIN VOLO VERSO COMISO j «L'Italia? Non so dov'è Conosco soltanto Saggio» reportage Francesco Grignetti inviato a SKOPJE ITALIANS do it better», gli italiani lo fanno meglio. Ed è vero. Gli italiani fanno meglio di tutti il soccorso umanitario. Alle otto e trenta del mattino, su una pista dell'aeroporto di Skopje, una decina tra bersaglieri, carabinieri e piloti per un momento hanno messo da parte il cipiglio marziale, si sono buttati il fucile dietro le spalle e hanno distribuito cioccolato e marmellatine. I primi 128 kosovari accolti dal governo italiano erano lì in fila da mezz'ora, con gli occhi speranzosi e le mani vuote. L'Italia era venuta a prenderseli con pullman fino al campo di Stankovic e ora con tre grossi aerei da carico? «Grazie Italia», dicevano. Ma quasi non credevano ai loro occhi, specie i bambini, quando un omone con un fez rosso in testa ha aperto una scatola di cartone e ha cominciato a distribuire cornetti e biscotti. Il ponte umanitario tra Italia e Macedonia comincia così. Con dei bambini allegri. «Io dell'Italia non so niente», dice Musa Leakovica, 10 anni, capelli biondi tagliati di fresco. Ma i tuoi genitori non ti hanno detto dove vai? «No. Non lo sanno nemmeno loro dov'è l'Italia». Non sai che tempo troverai, se caldo o freddo? «Boh. Speriamo che sia come in Kosovo». «Io - si fa avanti Murat Maliqi, 12 anni, felpa sporchetta e faccia simpatica - gioco al calcio. Là al campo non c'era nemmeno un pallone. Io segno i goal, sai. Speriamo che dove vado ci sia una porta con la rete». E tu, piccola Edona Hajrizi, che hai dieci anni e che eri brava a scuola, che cosa ti aspetti dall'Italia? «Di tornare a studiare e di imparare l'italiano. Io da grande voglio fare la giornalista». Anche lei monta su un aereo per la prima volta. «Ma non mi fa nessuna paura». Dell'Italia cosa sai? «Ho visto un documentario in televisione. E' un Paese bellissimo». Quindici famiglie, pari a centoventotto persone, si lasciano alle spalle l'inferno del Kosovo. La Sicilia sarà il paradiso? Lo sperano. Sognano a occhi aperti soprattutto ì bambini. Ognuno ha una storia drammatica alle spalle. Chi è fuggito diversi giorni per i boschi. Chi ha visto orrori nel suo villaggio. Chi ha pianto mentre minacciavano il padre. Per settimane, nei campi profughi della Macedonia, sono rimasti come sospesi. Ora è il momento di tornare a vivere. Il signor Blam aerimi ha 32 anni e porta una bimba in braccio. Lavorava in Svizzera, in un piccolo cantiere edile. Quando è scoppiata la guerra, ha attraversato l'Italia per tornare indietro e recuperare la famiglia. Dice: «Non è la prima volta che prendo un aereo. Mia moglie, invece, non ha mai volato e ha un po' di paura». Anche i bambini hanno paura dell'aereo. Islam Asiani, 12 anni, si fa coraggio e si sistema dentro la pancia di un CI30. Interni spartani, quattro lunghissimi sedili in tela, cinghie per imbracarsi. Il bambino osserva tutto a bocca spalancata. Hai paura? «Sì». Te l'aspettavi così, 1 aereo? «No. Ho visto gli aerei in televisione e sono molto diversi». Mentre la gente si sistema, un aviere va avanti e indietro per il corridoio, aiuta le persone a stringere le cinture, distribuisce tappi per le orecchie. E poi arriva la cuccagna delle barrette di cioccolato, marmellatine, biscotti. I bambini fanno la scorta. Se ne riempiono le tasche. Izet Asiani, che è il fratellino di Islam, anche lui è un patito della tv. «Conosco la vostra squadra di calcio. Conosco Roberto Baggio. E pure Maldini. Ho visto tutti i mondiali. Non so niente altro dell'Italia». A sovrintendere le operazioni d'imbarco, ci sono l'ambasciatore Antonio Tarelli, il generale dei bersaglieri Mauro Del Vecchio, la portavoce dell'Acnur Laura Boldrini. Tutto fila liscio. E gli aerei non sono completamente pieni solo perché una ventina di pèrsone nella notte ci ha ripensato. All'appuntamento è venuto un capofamiglia a scusarsi e ringraziare, ma preferisce aspettare un passaggio per il Canada dove ci sono dei parenti. In compenso, la famiglia Bujar ha ritrovato un figlio che viene imbarcato nonostante non fosse nella lista. Garantisce l'ambasciatore. Nelle stesse ore in cui i kosovari «italiani» prendevano il volo verso Comiso, poco distante, altri kosovari si mettevano in fila per salire su un aereo diretto negli Usa. Un centinaio in tutto, ben vestiti, con pacchi e valigie, soldi in tasca, gioielli bene in vista. Ci sono anche dei profughi ricchi, infatti. Sono quelli che hanno tagliato la corda per primi, in macchina, portandosi dietro vestiti e soldi, e andando ad abitare in case in affitto. Questi cento parlano inglese, hanno chi garantisce per loro negli Usa, e dunque hanno vinto un passaggio oltre Oceano. E altri voli si organizzano in giornata per l'Austria o per il Canada. La Macedonia, insomma, a forza di lanciare appelli, ha ottenuto di avviare il ponte umanitario. Dice Laura Boldrini, dell'Acnur: «Abbiamo potuto evacuare solo 30 mila persone, però, su 85 mila posti offerti, perché molti Paesi non sveltiscono le procedure d'accoglienza. L'Italia e la Germania mi sembrano i più veloci». E intanto atterra a Skopje la commissaria europea Emma Bonino: viene a promettere soldi, ma chiede in cambio che le frontiere siano davvero aperte.