Non c'e più posto per un Gandhi

Non c'e più posto per un Gandhi Non c'e più posto per un Gandhi Enzo Beiti» UNA volta definito con ammirazione «Gandhi dei Balcani», adesso deriso da taluni come «Amleto dei Balcani», forse nessuno saprà mai dire chi sia o sia stato in realtà Ibrahim Rugova. Dato per morto all'inizio dei bombardamenti e delle deportazioni, poi ambiguamente resuscitato in tv col sorriso mestò e passivo della vittima al fianco del carnefice, infine rispuntato enigmaticamente a Roma, accolto in pompa magna da D'Alema e da Dini, tempestato di telefonate provenienti dalle principali cancellerìe della Nato, ora in procinto di essere ricevuto perfino dal Papa, Rugova .tuttavia non ha offerto esaurienti spiegazioni né sul mistero che continua ad aleggiare sulle sue'intenzioni, né sulla tragedia che seguita a incalzare e a decimare la sua gente nel Kosovo. Nelle prime dichiarazioni rese in pubblico è apparso prudentemente schierato su posizioni atlantiche: favorevoli al dispiegamento di una forza internazionale di sicurezza che consenta alle centinaia di migliaia di deportati il ritorno ai luoghi d'origine. Ha corretto il timbro e il tiro delle frasi pronunciate a Belgrado, senza però togliere quasi nulla alla loro sostanza negoziale e «non violenta». Tanto è bastato per rimettergli contro, anche dopo l'arrivo in Italia, i falchi dell'Uck e perfino gli esponenti moderati del suo stesso partito democratico. Alcuni lo hanno bollato come «traditore», altri come «collaborazionista», altri ancora come «ostaggio eterodiretto di Milosevic». Ben diverse erano la musica e la popolarità carismatica che per circa dieci anni, dal 1989 fino al 1998, avevano circondato il nome di Rugova fra gli albanesi del Kosovo e d'Albania. Allora tutti ammiravano e ricono- scevano il miracolo della sua sommersa scommessa politica: la creazione di un Kosovo d'apartheid, parallelo al Kosovo ufficiale dei serbi, pacificamente amministrato con scuole, ospedali, partiti, seggi elettorali, da uno Stato invisibile di cui 10 stesso Rugova era il presidente semiclandestino. Ciò, aveva permesso agli schipetari di sopravvivere mentre in Bosnia infuriava 11 genocidio. Un capolavoro di fantasia, alla sua maniera quasi artistica, realizzato nel cuore della santabarbara balcanica dal timido e geniale allievo.di Roland tìarthes. Non a caso Ismail Kadaré definiva nel 1994 Ru- Sova come «il fragile colosso el Kosovo», paragonandolo addirittura al «Cristo coronato di spine». Il grande serbo Milosevic ha distrutto con la sua politica suicida Rugova e il rugo vismo, tentando ora, in extremis, di giocarne l'orinai smarrita carta gàridhiana sul tavolo di una resa onorevole. Troppo tardi. L'uccisione appena avvenuta a Pristina di Fehmi Agani, braccio destro di Rugova, non lascia più dubbi che nel Kosovo devastato dalla violenza e dall'odio non c'è più spazio né per Gandhi, né per Amleto, né tanto meno per Cristo. Poco importa conoscere l'identità degli assassini. Che Agani sia stato giustiziato dagli estremisti dell'Uck, oppure eliminato dai servizi serbi, il significato intrinseco del delitto resta lo stesso: no alla pacificazione.

Luoghi citati: Albania, Belgrado, Italia, Kosovo, Roma