HO SMONTATO RACLNE PER GUARDARLO DENTRO

HO SMONTATO RACLNE PER GUARDARLO DENTRO HO SMONTATO RACLNE PER GUARDARLO DENTRO Forestier: «Epurò se stesso, ecco l'originale» PARIGI EAN Racine come era stato, e non come volle essere. Si potrebbe considerare questo, in estrema sintesi, il risultato del grosso lavoro di edizione delle Opere di Racine realizzato da Gallimard, nella collezione della Plèiade, in occasione del terzo centenario della morte del grande scrittore. E' stata una decisione di grinta, da parte dei responsabili della Plèiade, quella di affidare la nuova edizione a Georges Forestier. Era nelle prèmesse che si sarebbe trattato di un lavoro non convenzionale. Forestier è uno studioso che, nonostante la giovane età, si è imposto già da tempo per il coraggio delle sue visioni critiche, spesso innovative quando non decisamente rivoluzionarie, come in questo caso. Docente alla Sorbonne, autore di saggi subito pilastro per gli specialisti del Seicento - da citare almeno quello sul teatro nel teatro e L'esthétique de l'identité - Georges Forestier, che si occupa di Raci d Forestier, che si occupa di Racine da dieci anni, ne ha dedicati tre integralmente alla confezione di questo volume. L'idea primaria nacque in lui nelT assistere a una rappresentazione particolare di una pièce di Racine. Che idea fece nascere in lei quella rappresentazione, in altri termini perché questo Racine del tricentenario è così nuovo? Lo chiediamo a un Georges Forestier giunto da Balzar, brasserie a due passi dalla Sorbonne, tutto vestito di nero a cavallo della sua moto. Arriva da rue Visconti, dalla casa in cui Racine morì trecento anni fa. «Sentendo Eugène Green recitare, capii quanto fosse importante restituire alla storia il teatro di Racine. Ad esempio, non modernizzare la sua punteggiatura, concepita ai fini della declamazione e per questo spesso incomprensibile se si legge mentalmente». Forestier dà la dimostrazione pratica leggendo alcuni versi della Phèdre come doveva recitarli, secondo Racine, la sua attrice e amante, la Champmeslé. Non solo rispettando le indicazioni grafiche, ma anche rotando le «r» e pronunciando le consonanti in fine di verso, come Racine voleva. In un attimo, gli avventori della brasserie, prima intenti ognuno alla sua bisogna, sono rapiti dalla voce del nero Forestier. E l'intervista si fa da que¬ sto momento, in qualche modo, pubblica. L'innovazione fondamentale del suo Racine, rispetto all'edizione di Picard che ormai rasentava il mezzo secolo, come pure alla lettura antagonista di Barthes, consiste nella restituzione dei testi come vennero scritti via via da Racine, invece di darli nella versione epurata che lui stesso approntò alla fine della sua vita perché fossero di supporto all'immagine del grande tragediografo classico erede di Euripide. Versione epurata che si è continuato a leggere senza porsi il problema del lavorìo subito. «Io il problema me lo sono posto - risponde il critico -, e tutto è venuto di conseguenza. Alla fine della sua vita Racine, storiografo del re che aveva abbandonato a 38 anni l'attività teatrale perché chiamato a glorificare il sovrano, guardava con distacco al suo passato. Ormai devoto, sulle orme del re, aveva sì ancora composto due tragedie, ma religiose, e non destinate alla recitazione nei teatri. L'eccitamento delle passioni era mal visto, considerato peccaminoso dai giansenisti cui Racine aveva finito per riavvicinarsi, artefice Madame de Maintenon. Ciò nonostante, proprio in questa fase apparentemente così lontana dall'epoca del teatro, Racine preparava l'edizione delle sue Opere complete. Non con ipocrisia, bensì per far coincidere i propri testi con l'immagine che egli aveva acquisito di sé, e che anche per i giansenisti era degna: quella del classico. Racine si vedeva già come un classico, e modificò i testi delle tragedie scritte tanti anni prima, perché in tutto e per tutto lo consacrassero come il solo vero successore dei classici greci e latini che a Port-Rovai i suoi educatori gli avevano fatto studiare. Fu in questa fase di riscrittura, ad esempio, che Racine mise in bocca a Oreste nell'Andromaque il famoso verso: "Je me livre en aveugle au destiri qui m'entraine". Sostituendo cioè con la parola destin l'originario transport, e nobilitando così un verso altrimenti segnato dalla mentalità del XVII secolo. Racine fu il primo artefice del suo mito, poi corroborato dai Mémoires scritti dal figlio Louis, e tramandato invariato per tre secoli». Forestier ha voluto incrinare la leggenda della purezza del teatro raciniano per far capire meglio come nacque la sua estetica: non già puramente ripresa dagli antichi bensì elaborata a partire da precise necessità che la contingenza gli dettava. Ad esempio distinguerei tanto da Corneille quanto dagli autori di tragedie galanti come Quinault. Solo a posteriori, libero ormai da quel genere di contraintes, volle e potè far apparire il suo teatro teso al sommo compimento della tragedia religiosa, Esther e Attratte, attraverso una graduale evoluzione, a partire dalla tragedia profana, attraverso mito e storia. «La stessa idea dell'eroe non completamente innocente né completamente colpevole, eroe a doppia faccia, che Racine era andato a scovare in Aristotele, era nata per necessità di un eroe che fosse diverso dall'eroe perfetto di Corneille, tanto quanto dal perfetto galante di Quinault». Forestier è il primo a dirlo. Come è il primo a diro che i lamenti d'amore di Fedra, così naturali per la critica, che tanto più li apprezzava pensando alla proverbiale freddezza dell'uomo Racine, sicuramente incapace di provare in prima persona simile tormento amoroso, sono una riscrittura di un epigramma di Saffo, passato attraverso le riscritture che già ne erano state l'atte in precedenza. Ma perché Forestier ha voluto smontare il mito di Racine, contro lo stesso Racine? «Perché è il lavoro sulla forma che produce senso. Non si può continuare a leggere gli autori classici come li hanno letti i romantici. Bisogna lavorare sul materiale testuale poetico, come ha fatto Ponge». Gabriella Bosco LNE ENTRO èiade a leggere i romantici riginale» Una rmova edizione nella Plèiade «Non possiamo continuare a leggere i classici come li hanno letti i romantici JEAN RACINE, OEUVRES COMPLETESI THEATRE - POESIE a cura di Georges Forestier Gallimard pp. 1801. Franchi 450 (390 fino al 30 giugno) Sopra: Jean Racine Nella foto grande: Fedra interpretata da Eleonora Jankovic

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