Le piccole doglie della pace di Igor Man
Le piccole doglie della pace Le piccole doglie della pace Igor Man PRONTO un accordo di pace - la guerra potrebbe finire il 15 di maggio, eccetera: sono titoli dei giornali, è il riassunto del diffuso desiderio di uscire da un tunnel senza, apparentemente, sbocchi «a breve». Bisognava in torve nire dieci anni fa, è stato ben scritto. Oggi non restano sul campo che miserevoli cocci, un nuovo Piano Marshall può, certamente, ricostruire i ponti. distrùtti (dalla Nato) e ridar fiato ad un'economia miserabile qual è quella serba. Tuttavia ci sono «cocci» insanabili: l'annientamento dei kosovari, il ritorno del virus balcanico. Atteso che Milosevic si rassegni ai «caschi blu» bisognerà vedere se le truppe dell'emù impegnate nel Kosovo vi stazioneranno (durante dieci anni almeno) in funzione dell'articolo 6 ovvero dell'articolo 7. L'articolo 7 autorizza l'uso della forza - l'articolo 6 ne consente l'uso soltanto per legittima difesa. Non basta: il diktat (o patto leonino, fa lo stesso) che si vorrebbe imporre al dittatore Slobo, ovviamente truccandolo da accordo, prevede il ritorno, «in condizioni di sicurezza» di tutti i rifugiati e gli sfollati, nelle loro case. Quali case? Milosevic la sua piccola vittoria l'ha già avuta. A caro prezzo (aumentabile), ma l'ha avuta. Tiene il «cordone dei monasteri ortodossi», cuore dello «spirito nazionale serbo»; tiene quel po' di (misera) industria mineraria che il Kosovo possiede; sta sistemando i serbi a suo tempo sfollati a causa del feroce ca¬ pitolo serbocroato-bosniaco (rio you remeniber Sarajevo?) nelle case dei kosovari sfrattati dalla pulizia etnica. Sicché i «caschi blu» dovrebbero vigilar» se di un Rosovi mutilato, più disgraziato che pria, affidato al carisma (?) di Rugova che. pei altro, gli albanesi non gradiscono. Sappiamo dalla Storia che senza compromessi il mondo non cammina. Che la pone della pace è stretta e non si può prenderla a spallate e infine che le (cosiddette) guerci marginali spesso si assopiscono soltanto, non prevedendo l'Anno Zero, cioè la distruzione totale del nemico: uomini e territorio. (A proposito: quan te caserme, quanti carri armati, quanti reggimenti serbi hai distrutto i cacciabombardieri della Nato?). Ma «abbiamo im barcato i russi», ha detto la Signora Albright. E' veramente cosa buona e giusta prendere a bordo i russi. Tuttavia non basta. Occorre imbarcare Clinton, gli Stati Uniti, dico. Fargli ingoiare, cioè, la pillola ostinatamente rifiutata fin qui di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Senza della quale, non si capisce come si potrebbe tracciare una via di uscita dal tunnel. La Storia ci insegna ancora che dal grembo insanguinato della guerra è sempre nata la pace. Ma pei ora siamo solo alle «piccole doglie».
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