Macedonia, parte l'operazione Italia

Macedonia, parte l'operazione Italia Oggi nel campo di Stenkovec i funzionari dell'ambasciata inizeranno il censimento Macedonia, parte l'operazione Italia Da domani il ponte aereo Francesco Grtgnetti Inviato a SKOPJE Oggi il «rubinetto» dei profughi era chiuso. Due famiglie kosovare appena, munite però di passaporto macedone, sono passate per la frontiera. E il resto dei profughi che si pensava premessero per scappare dal Kosovo? Mistero. I due fortunati capifamiglia hanno raccontato che c'è un posto di polizia sorba, poco prima del confine, che non fa passare nessuno. Lo stop sarebbe imposto dai serbi, dunque, e non dai macedoni. «Sto qui anch'io a vedere che cosa succede», dice la portavoce dell'agenzia per i rifugimi do!!'Gnu, Paula Ghedini. Sulla strada, davanti ai suoi occhi, c'è un incessante viavai di autobus per trasferire i 4000 profughi che erano arrivati alla frontiera nei giorni scorsi. E lei, arrampicata su una balaustra di fronte al posto di frontiera di Blace: «Non sappiamo dove sono i profughi, cosa fanno, perché succede questo. Ufficialmente, i macedoni non hanno chiuso la porta». Delicata questione, questa della frontiera. Sul perché sia sospeso il flusso dei profughi, ieri hanno litigato l'Onu e il governo macedone. Da Ginevra, Kris Janowski, portavoce dell' Acnur ha criticato il governo di Skopje, invitandolo a «riaprire la frontiera perché è questione di vita o di morte». Gli ha risposto piccato il ministro della Difesa, Nikola Kljaov: «Le nostre frontiere sono aperte. Non ò vero che la polizia macedone abbia ricacciato in Kosovo migliaia di profughi come denunciato dall'Acnur. Però potremo ricevere nuovi profughi soltanto nel caso in cui quelli che si trovano sul nostro territorio vengano trasferiti in altri Paesi». E' appunto quanto si sta facendo. Con fatica, lentamente, sta partendo il ponte umanitario. I primi 400 kosovari, che due giorni fa erano stati imbarcati su un aereo americano, ieri sono arrivati negli Usa, Ad at¬ tenderli c'era nientemeno che Hillary Clinton. Ieri mattina è toccato ad altri 108 profughi che sono saliti su un velivolo australiano. E sabato toccherà ai primi 300 kosovari dei diecimila ospiti del governo italiano. L'ambasciata, assieme ai bersaglieri della brigata Garibaldi, è all'opera per organizzare un simile trasferimento di massa. Ai militari toccherà fare un censimento dei profughi in partenza, provvedendo anche al viaggio dal campo all'aeroporto della capitale dove ci saranno a fare la spola con Simonella 5-8 aerei dell'aeronautica militare italiana. Il ministero della Difesa ci tiene a far sapere che personale medico sarà a bordo per assistere i passeggeri. U personale dell'ambasciata aprirà intanto una simbolica «Casa Italia» all'ingresso del campo di Stenkovec. I funzionari saranno lì, in una tenda con bandierone innestato, a partire da stamani e verificheranno, assieme ai funzionari dell'Acnur e dello altre agenzie umanitarie, i nomi dei partenti. Le famose liste della speranza, in verità, sono già pronte. L'Italia non ha imposto speciali criteri rispetto a quelli dettati dagli organismi intemazionali, Primo, la partenza dev'essere volontaria. Secondo, si prendono nuclei famigliari integri. Non avrebbe senso - spiegano portare in Italia una madre che cerca i figli in giro per la Macedonia, l'Albania o il Montenegro. Terzo, precedenza ai casi più delicati (malati, anziani, vedove con figli). Quarto, si cercherà di far valere una «anzianità» del campo. Saranno utilissimi i documenti sanitari rilasciati dall'Unicef, ad esempio, che documentano la data in cui i bambini hanno avuto le vaccinazioni. In ogni caso, trattandosi di persone senza documenti che vengono ospitate dall'Italia, sia pure con discrezione, i funzionari dell'ambasciata vogliono rendersi conto di chi salirà sull'aereo mili¬ tare. Fare comunque che tra i criteri non dichiarati ci sia anche la religione: arriveranno in Italia 200 kosovari cattolici che sono sotto una speciale protezione della curia vaticana. Quanto al problema di convincere i kosovari a lasciare la Macedonia, il problema non sembra più sussistere. Bisognerebbe vederli, questi campi, per capire che nessun profugo può aspirare a viverci un giorno di più. sproporzione tecnologica immensa tra i contendenti. «In alcuni casi, come in Vietnam, o recentemente in Somalia, essere disposti a morire ha contato più delle tecnologie». Lei crede che questo secolo si chiuderà con una guerra? «Francamente non lo so, c'è qualche speranza che non sia così... Ma restano aperte le due questioni di fondo: l'intollerabile povertà dei due terzi del mondo e il peso dei fondamentalismi religiosi». Si riferisce all'Islam? «Non solo. Sto parlando di tutte e tre le religioni maggiori. Non c'è dubbio che in Jugoslavia la chiesa ortodossa abbia svolto un ruolo di tragico fiancheggiamento a Milosevic e che in Russia, il Paese dove è più virulento il ritorno dell'ultranazionalismo, la chiesa ortodossa ha un ruolo sinistro. Vedo un segno allarmante anche in questo ritorno della superstizione... So che da voi ci sono 5 mila pellegrini al giorno che visitano il paese di Padre Pio. E in Usa, a Memphis, 3 mila americani si inginocchiano sulla tomba di Elvis Presley». Lei trova paragonabili le due cose? «Sì: in entrambi i casi si aspetta una resurrezione». Nella sua autobiografia «Errata» lei scrive che nella storia dell'uomo si sono parlate almeno 20 mila lingue e che due terzi sono scomparse, insieme a un intoro mondo. Non crede che il nazionalismo etnico si basi anche sull'ansia di opporsi a queste cancellazioni? «Certo. Io dico che le lingue sono una ricchezza, vanno studiate, tramandate. Dico che la perdita della pluralità ci consegnerà un mondo più monotono, se non addirittura un mondo con una sola lingua, l'angloamericano che è già la lingua dei computer, del cyber-space del Web. Ma penso anche che perdere questo attaccamento alle radici, essere uomini liberi e non alberi, uomini senza frontiere, sarà la nostra grande avventura. E spero anche la nostra via d'uscita dalle guerre». Dai confine non arrivano rifugiati ma pare siano i serbi, non i macedoni a tenere chiusa la frontiera Par I profughi in Macedonia Incomincia l'esodo in attesa del rimpatrio nel Kosovo

Persone citate: Elvis Presley, Hillary Clinton, Kris Janowski, Milosevic, Nikola Kljaov, Padre Pio, Paula Ghedini